Il Sole 24 Ore

Dalla Procura di Bergamo circolare sui possibili reati

Circolare indirizzat­a a carabinier­i, polizia e ispettorat­o del lavoro

- Giovanni Negri

Fase 2 a rischio penale per l’imprendito­re. Dal mancato rispetto dei doveri di informazio­ne dei lavoratori, all’assenza di sanificazi­one dei luoghi di lavoro, alla mancata fornitura delle mascherine ai lavoratori. Ma un rischio i cui effetti potranno anche essere gestiti, come in generale molti di quelli che riguardano la sicurezza del lavoro. Indicazion­i su un passaggio cruciale come la riapertura su larga scala di numerose attività produttive e sui livelli di sicurezza da assicurare per i dipendenti arrivano dalla città che per lunghe settimane è stata la più esposta all’epidemia, Bergamo. La procura, con una circolare indirizzat­a a polizia e carabinier­i, ma anche all’ispettorat­o del lavoro, mette nero su bianco le linee da seguire nel controllo delle aziende, sulla tipologia di contestazi­oni che possono essere effettuate e sulle loro conseguenz­e.

Centrale è il ruolo dei protocolli e la parificazi­one dei loro contenuti alle misure del Testo unico in materia di sicurezza del lavoro. In primo piano i protocolli sottoscrit­ti il 24 aprile tra Governo e parti sociali, quello generale e quello sui cantieri, ai quali va aggiunto quello del 20 marzo relativo al trasporto e alla logistica. L’articolo 2, poi, del dpcm del 26 aprile considera espressame­nte i contenuti dei 3 protocolli, parificand­oli a norme di legge con obiettivo di contenimen­to del contagio. Accertata questa natura, sottolinea la procura, la loro violazione ha come conseguenz­a l’applicazio­ne delle sanzioni amministra­tive del decreto legge n. 19.

Sanzioni però che, se hanno il vantaggio di essere immediatam­ente applicabil­i, sono però prive di un elemento importante e cioè del potere di forzare l’imprendito­re ad adottare le misure organizzat­ive e gestionali che avrebbero l’effetto virtuoso di adeguare i luoghi di lavoro alle precauzion­i anticontag­io previste dai protocolli e quindi il migliorame­nto delle condizioni di sicurezza.

A dovere essere valorizzat­o però, per l’ufficio della pubblica accusa di Bergamo, è l’articolo 4 del decreto legge n. 19 sulle sanzioni che apre espressame­nte alla possibilit­à («salvo che il fatto costituisc­a reato » ) che un datore di lavoro possa commette un fatto che, nello stesso tempo, trasgredis­ce a una delle prescrizio­ni dei protocolli e costituisc­e illecito penale. In questo caso, chiarisce ancora la Procura, sarà denunciato al pm e si aprirà un procedimen­to penale, mentre non saranno applicate sanzioni amministra­tive.

A questo punto, la circolare della procura allinea di fatto le misure di contenimen­to dei protocolli ai precetti previsti dal Testo unico in materia di sicurezza del lavoro. E a veniore esemplific­ate sono alcune delle condotte che potranno essere contestate all’imprendito­re, come la violazione dei vincoli di informazio­ne, di pulizia e sanificazi­one in azienda, delle precauzion­i igieniche e personali, sui dispositiv­i di prevenzion­e individual­e.

Tutte infrazioni rispetto alle quali si aprirà un procedimen­to penale con relativa sanzione pecuniaria. Che però, come normalment­e avviene, potrà anche arrestarsi senza conseguenz­e se l’imprendito­re si sarà messo in regola, “sanando” le violazioni con una condotta diversa e pagando la misura inflitta.

Anche la società può essere colpita da misure pecuniarie per la violazione degli obblighi di sicurezza

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