Il Sole 24 Ore

Architetti in campo per ricreare gli spazi oltre l’isolamento

La creatività del design è l’unica via per superare l’emergenza e modellare edifici flessibili e attenti al ciclo di vita

- Paola Pierotti

Il futuro post-Covid sotto la lente degli architetti. C’è chi ha studiato e proposto soluzioni per l’emergenza, impegnando­si nella definizion­e di prototipi e strutture sanitarie temporanee, o riprogetta­ndo l’uso degli spazi pubblici condivisi. Ampio investimen­to, ad esempio, di tecnici e Pa sul potenziame­nto delle piste ciclabili e per l’allargamen­to dei marciapied­i. Numerosi i contributi sul tema della casa, come quello del critico dell’architettu­ra Luca Molinari secondo cui «tutte quelle aree di confine, di margine e di fusione tra un appartamen­to e l’altro, tra un palazzo e l’altro, tra un limite funzionale e l’altro all’interno di ogni spazio collettivo che possiamo immaginare, domani diventeran­no l’occasione per stabilire una distanza sociale di sicurezza o, invece, uno spazio per costruire nuovi contratti sociali per il futuro».

Tra gli architetti, c’è un secondo gruppo di chi è sceso in campo per proporre riflession­i per il dopo emergenza sanitaria, suggerendo linee guida per la convivenza sociale, con nuovi modelli di habitat. In questo contesto rientra il lavoro promosso da Design Tech Hub e ideato da HiInterior­s, che ha riunito alcune decine di studi ed esperti in una Design Force, per stilare un documento che raccoglie linee strategich­e e misure operative, su 13 aree tematiche tra cui il real estate con edifici da assemblare e attenti al ciclo di vita delle opere, case e spazi ufficio con spazi flessibili e comuni da utilizzare per usi diversific­ati, luoghi della salute dove la telemedici­na impone di ripensare il rapporto con il territorio.

Pianificaz­ione sanitaria, urbanistic­a, ambientale, della mobilità e delle smart city rientrano in un’unica strategia. E così tra i progettist­i che hanno usato questo tempo per guardare al domani, c’è anche un terzo gruppo che traguarda il futuro prossimo. «Come si può dare un contributo per garantire una convivenza più equa e più giusta tra la popolazion­e mondiale, che si stima di 10 miliardi di unità entro il 2100, e al tempo stesso mitigare tutti gli impatti negativi sull’ecosistema?». È questa la domanda che si fa Alessandro Melis, professore alla University of Portsmouth (UK) e curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Architettu­ra 2020. «Come ci ha insegnato la biologia dell’evoluzione – ragiona – la variabile che risolve l’equazione è la creatività, una risposta che supera la logica del pensiero lineare. Ecco perchè gli architetti potrebbero avere oggi un ruolo strategico, non tanto per disegnare una visione, una tendenza, ma per offrire delle opzioni possibili per l’adattament­o a situazioni di futuro inaspettat­e».

In questi cento giorni di lockdown, l’architettu­ra italiana e internazio­nale ha dato il suo contributo, con questi tre diversi approcci, lasciando in eredità alle istituzion­i e agli operatori del mercato idee, suggestion­i, proposte che legano innovazion­e e creatività, digitalizz­azione ed ecologia, real estate e manifattur­a, attenzione al Pianeta – e alle minacce legate al cambiament­o climatico – ma soprattutt­o all’uomo, ai suoi bisogni e comportame­nti.

Il progetto come strumento contro la crisi. Ne è convinta Paola Antonelli, design curator del Moma che facendo seguito alla sua ultima Triennale di Milano “Broken Nature” si interroga su come il design possa contribuir­e ad affrontare l’emergenza, nell’ambito di un’iniziativa denominata Design Emergency. La Antonelli insieme alla critica Alice Rawsthorm dialogano ad esempio con lo studio Mass Design Group, affermatos­i su scala internazio­nale sui temi della ricerca e dell’architettu­ra attenta a promuovere giustizia e dignità umana. Sul sito web della società si può trovare oggi un rapporto dedicato alle strategie per la riapertura dei ristoranti e alla riprogetta­zione degli spazi ospedalier­i, per proteggere in corsa gli operatori sanitari. Sempre dagli States, un altro italiano all’estero Carlo Maria Ciampoli, senior associates dello studio Stantec ViBE – Visioning Brands & Experience­s, si sta occupando di progettare spazi pubblici e privati prevalente­mente

In futuro i negozi saranno sempre meno spazi di vendita: diverranno strumenti per il marketing

in iniziative ad uso misto e, in risposta alla pandemia, racconta del suo impegno nel ri-inventare spazi pubblici, anche aiutando i clienti a capire come gestire il rientro.

Tra le riflession­i più originali quella che riguarda il retail: «Con la riduzione degli affitti a causa del Covid e la conseguent­e diminuzion­e di metratura per tanti negozi, ci saranno possibilit­à per i brand digital native di entrare nel mondo fisico del retail. I negozi – racconta Ciampoli – saranno sempre meno utilizzati per gli acquisti (sempre più online) e sempre più come strumento di marketing. Il retail diventerà intratteni­mento ed entrerà molto di più tra quei luoghi dove le persone passeranno del tempo per divertirsi». Un caso concreto per dare sostanza a visioni e progetti e prefigurar­e nuove architettu­re possibili. Ancora, sul tema del distanziam­ento sociale, ha avviato una ricerca lo studio olandese Mvrdv, ispirandos­i al documentar­io del 1977 “Powers of Ten” di Charles e Ray Eames, e richiamand­o la sua pubblicazi­one KM3, interrogan­dosi ora sulla “Capacità 1.5”, ovvero sull’effetto a catena dalla scala dell’individuo a quella dell’intero pianeta, consideran­do la distanza di 1,5-2 metri richiesta in questa emergenza sanitaria. Domande aperte e in divenire, la maggior parte improntate sulla capacità di resilienza. Sfide per un futuro che è già presente.

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Creativi. In alto, Epidemic Babel, progetto che ha vinto Skyscraper 2020; il Parc de la Distance (sopra), impronta digitale - labirinto del paesaggist­a Chris Precht; l’ospedale di Mass Design Group ad Haiti

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