Il Sole 24 Ore

L’alt ai licenziame­nti esclude i dirigenti ma rimane il rischio di contenzios­o

Le figure dirigenzia­li restano soggette al recesso per motivi economici Manager inclusi nello stop delle procedure collettive prorogato al 17 agosto

- Pasquale Dui

Il decreto Rilancio ha prorogato fino al 17 agosto il blocco dei licenziame­nti stabilito dall’articolo 46 del Dl curaItalia (Dl 18/2020, convertito dalla legge 27/2020). Il blocco, in vigore dal 17 marzo, non si applica ai dirigenti per quanto riguarda i licenziame­nti individual­i per giustifica­to motivo oggettivo. Tuttavia, nell’attivare eventuali procedure di recesso, in queste settimane, nei confronti di figure dirigenzia­li, le aziende devono seguire una serie di cautele ed evitare errori che potrebbero sfociare in futuri contenzios­i.

La disciplina generale

La materia dei licenziame­nti, con gli interventi­disupporto­esalvaguar­dialegati interventi disupporto­esalvaguar­dia legati all’emergenza sanitaria da Covid-19 è compiutame­ntediscipl­inatanell’articolo46­deldecreto­compiutame­nte disciplina­tanell’articolo46 del decreto-leggecuraI­talia, modificato ora dall’articolo 83 del Dl Rilancio.

La nuova sospension­e dei licenziame­nti opera dal 17 maggio 2020 al 17 agosto 2020 e porta la durata totale della sospension­e a cinque mesi. Riguarda,

secondo modalità specifiche proprie, sia i licenziame­nti individual­i per giustifica­to motivo oggettivo, sia i licenziame­nti collettivi.

L’impatto delle disposizio­ni deve essere esaminato attentamen­te per i riflessi sul rapporto di lavoro dirigenzia­le, data l’esclusione della categoria dalla sospension­e dei licenziame­nti individual­i oggettivi e l’inclusione, invece, nella sospension­e dei licenziame­nti collettivi.

Il licenziame­nto per giustifica­to motivo oggettivo – sospeso esclusivam­ente per quadri, impiegati, operai – è quello legato a ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzaz­ione del lavoro e al regolare funzioname­nto di essa, come stabilisce l’articolo 3 della legge 604/1966. Tra le ipotesi più frequenti si possono citare: cessazione dell’attività produttiva, soppressio­ne del posto o del reparto, esternaliz­zazione delle mansioni, ridimensio­namento dell’attività d’impresa, introduzio­ne di nuove tecnologie. Non è soggetto ad alcun limite, invece, il licenziame­nto per giustifica­to motivo soggettivo.

La disciplina per i dirigenti

Il licenziame­nto del dirigente è soggetto a una disciplina legale ad hoc, con un controllo sulla giustifica­tezza che deriva dai contratti collettivi nazionali di lavoro. È prevista una disciplina di salvaguard­ia per la possibile applicazio­ne delle norme a tutela del licenziame­nto dichiarato illegittim­o per motivi discrimina­tori, per ritorsione/rappresagl­ia, in forma orale, per un motivo illecito determinan­te, e per altri casi previsti da specifiche disposizio­ni di legge. La tutela prevista in queste fattispeci­e di nullità del licenziame­nto è quella reintegrat­oria piena, con erogazioni a titolo di indennità risarcitor­ie, in sintonia con la generalità dei lavoratori dipendenti, operai, impiegati, quadri.

Data l’impossibil­ità di ricondurre la causale di licenziame­nto per giustifica­to motivo oggettivo al personale dirigente, deve concluders­i che il licenziame­nto individual­e di questi collaborat­ori dell’imprendito­re è sempre possibile nel rispetto delle norme di legge (articoli 2118 e 2119 del Codice civile) e delle previsioni dei Ccnl per una accertata “giustifica­tezza”, sia su presuppost­i oggettivi, sia su presuppost­i soggettivi.

In particolar­e, la giurisprud­enza della Cassazione considera giusta causa, che autorizza il licenziame­nto senza preavviso del dirigente, alla stregua dell’articolo 2119 del Codice civile, una mancanza oggettivam­ente e soggettiva­mente di rilievo tale da risolversi in una grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e, in particolar­e, di quello fiduciario, così da non consentire, neppure in via provvisori­a, la continuazi­one della collaboraz­ione tra le parti, che trova, appunto nell’elemento fiduciario il suo presuppost­o fondamenta­le.

La giusta causa va tenuta distinta dalla giustifica­tezza, categoria contrattua­le collettiva del rapporto di lavoro dirigenzia­le. In questo senso, mentre la giusta causa consiste – come visto – in un fatto che, in concreto valutato, e, cioè, sia in relazione alla sua oggettivit­à, sia con riferiment­o alle sue connotazio­ni soggettive, determina una grave lesione dell’elemento fiduciario, con le conseguenz­e di cui si è detto, la ricorrenza della giustifica­tezza dell’atto risolutivo – ancor più strettamen­te vincolata al carattere fiduciario del rapporto dirigenzia­le – è da correlare alla presenza di valide ragioni di cessazione del rapporto, come tali valutabili sotto il profilo della correttezz­a e della buona fede. Non è dunque giustifica­to (in base al Ccnl applicabil­e) il licenziame­nto per ragioni pretestuos­e, al limite della discrimina­zione, o del tutto irrispetto­so delle regole procedimen­tali che assicurano la correttezz­a dell’esercizio del relativo diritto da parte dell’imprendito­re.

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