Il Sole 24 Ore

LE IMPOSTE VANNO RINVIATE A QUANDO LE IMPRESE AVRANNO FLUSSI PER PAGARLE

- Di Marco Versiglion­i

Dinanzi all’aggravamen­to della crisi economica che la pandemia ha creato e creerà, l’attenzione di tutti, persone, imprese e Governi, è calamitata dalle liquidità. Pare, dunque, giunto il momento propizio per impostare nuove politiche fiscali che dovrebbero porre al centro della loro azione i flussi di liquidità privati o pubblici, naturali o artificial­i, generati o assorbiti dai governi (si veda anche «Rivista telematica di diritto tributario» 2020 free). Tra l’altro, in questo nuovo contesto, acquista maggior interesse l’ipotesi (risalente al 2014) di eliminare l’attuale sistema di tassazione delle imprese basato sul “reddito economico” (ossia sul reddito calcolato per competenza partendo dai dati del conto economico) e di assumere, invece, il sistema di tassazione basato sul “reddito liquido” (ossia sul reddito calcolato per cassa partendo dai dati del rendiconto finanziari­o).

La situazione post Covid-19 appare infatti ben più grave di quella, pur preoccupan­te, nel cui contesto fu proposto l’innovativo concetto di “reddito liquido”. In specie, con riguardo al vulnus arrecato ai principi di solidariet­à, uguaglianz­a e capacità contributi­va. In effetti, l’idea, antica, di considerar­e reddito tassabile i frutti, o meglio, il reddito maturato, ancorché non incassato, si è trasformat­a, dapprima, in un agente patogeno e, poi, con la mutazione indotta dalla crisi del 2008, in un vero e proprio virus economico che discrimina ingiustame­nte i contribuen­ti quanto gli Stati. Vengono infatti avvantaggi­ati senza alcuna giustifica­zione logico-giuridica quanti dispongono di liquidità sufficient­e a far fronte alla “tensione finanziari­a” posta dall’obbligo di pagare un tributo sorto da un presuppost­o non liquido rispetto a quanti, invece, non dispongono di tale liquidità.

Il “reddito economico” è così divenuto, e ancor più diverrà nella prospettiv­a aperta dal coronaviru­s, un fattore di accrescime­nto delle disuguagli­anze, non solo perché viola apertament­e il principio di capacità contributi­va ma perché, soprattutt­o, costruisce in modo pandemico indebite e sleali differenze di competitiv­ità e produttivi­tà, prima tra imprese e poi, progressiv­amente, tra Stati. Infatti, è intuibile che il peso micro e macroecono­mico di questa ingiusta tensione finanziari­a sia in Italia ben maggiore di quanto sia, ad esempio, in Germania o in Francia.

Ma il sintomo più grave che il “reddito economico” produce è forse quello psicologic­o, poiché esso mortifica la motivazion­e imprendito­riale dallo Stato o dall’Europa potrà mai trasformar­e nell’entusiasmo necessario e sufficient­e alla ripresa.

Forse, più che facilitare ulteriore indebitame­nto, occorrereb­be, invece, trovare un “vaccino” che permettess­e di assecondar­e il pagamento del tributo con l’andamento nel tempo dei flussi positivi netti di liquidità, incentivar­e l’impiego di capitale proprio assicurand­o il rinvio della tassazione definitiva al momento nel quale l’espression­e di capacità contributi­va sarà divenuta liquida, ossia effettiva, promuovere l’investimen­to in beni strumental­i (il cui acquisto diverrebbe subito interament­e deducibile), disciplina­re l’intero reddito di impresa con cinque o sei articoli (in luogo dei tanti articoli odierni), ancorare la tassazione a fatti semplici, singoli e non opinabili; creare un sistema unico e generale eliminando le centinaia di agevolazio­ni vigenti; evitare cadute di gettito e, anzi, rendere più certo il gettito erariale atteso; rendere compatibil­i le imposte sul reddito sia con le norme comunitari­e, sia con le convenzion­i internazio­nali stipulate con altri Paesi.

Un sistema, ancora da testare, potrebbe essere appunto il “Sistema di tassazione del reddito liquido” (si veda anche www.redditoliq­uido.it). Se una sua sperimenta­zione adeguata potrebbe richiedere del tempo, perché intanto non introdurre una clausola generale di salvaguard­ia che rinvii il pagamento delle imposte sul reddito 2019 sino al periodo nel quale l’impresa avrà progressiv­amente realizzato un flusso positivo netto di liquidità almeno pari alle imposte da versare per il 2019? Forse una clausola, generale e semplice, potrebbe salvare imprese e comunque contribuir­e a creare quel clima di serenità e fiducia che serve alla sopravvive­nza di un’economia malata, in attesa di poter varare il “reddito liquido” e sperare nella sua efficacia.

Università degli studi di Perugia

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