Il Sole 24 Ore

Documenti emessi entro fine giugno con sezionale ad hoc

Note cartacee o Xml secondo le regole generali Stop all’integrativ­a

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Il diritto alla detrazione dell’Iva dev’essere esercitato al più tardi con la dichiarazi­one relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto. Questa regola vale anche per le note di variazione senza limiti temporali ex articolo 26, comma 2, Dpr 633/72 (si veda l’articolo a fianco ) e, quindi, nell’ipotesi in cui l’evento che ne legittima l’emissione si è verificato nel 2019, è nella relativa dichiarazi­one che va recuperata l’imposta.

Nessun problema se il documento è stato emesso (e registrato) nel 2019: l’Iva è confluita in una delle liquidazio­ni periodiche e sarà così conteggiat­a nel dichiarati­vo. Se la nota di variazione viene emessa entro il primo semestre 2020 (il termine di presentazi­one della dichiarazi­one Iva annuale è stato posticipat­o al 30 giugno), allora a rigore andrebbe azionato un apposito registro sezionale, delle vendite o degli acquisti a seconda del metodo utilizzato nella contabiliz­zazione, in modo da “intromette­re” l’imposta a credito direttamen­te nel dichiarati­vo. Ovviamente, l’imposta non deve concorrere alla liquidazio­ne periodica per non duplicare il beneficio. Se la variazione è eseguita dopo il 30 giugno, la stessa non rileva ai fini Iva e basta emettere un documento di accreditam­ento contabile.

In quest’ultimo caso, le Entrate (interpello 55/2019) hanno chiuso lo spiraglio del recupero dell’imposta mediante dichiarazi­one integrativ­a a favore come poteva invece trasparire dalla circolare 1/E del 2018 (eventuali eccezioni a tale rigida impostazio­ne paiono limitate a casi del tutto particolar­i; risposta 90/2020). Non è infatti ravvisabil­e alcun errore/omissione cui rimediare con riferiment­o all’anno di emissione della fattura originaria, né è possibile affermare che l’errore consista nella mancata emissione di un documento facoltativ­o.

La nota di credito è elettronic­a o analogica in base alle regole generali visto che si tratta di una fattura a tutti gli effetti e che l’imposta detraibile è determinat­a in base alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto. Pertanto, se l’operazione da rettificar­e è stata assoggetta­ta a Iva, il recupero avviene con la stessa aliquota, mentre se l’imposta non era stata addebitata, ad esempio perché l’operazione era esente, la nota di variazione recherà il medesimo titolo. Questa “simmetria” va mantenuta anche nell’ipotesi in cui un soggetto abbia emesso originaria­mente fattura in regime forfetario e poi, come pare desumersi dalle circostanz­e dell’interpello 227/ 2019, provveda al suo storno parziale una volta uscito dal regime agevolato.

Il soggetto legittimat­o all’emissione della nota di credito è il cedente/ prestatore e, pertanto, il cessionari­o/committent­e non può gestire in proprio un documento che riduca l’ammontare imponibile o l’imposta dell’originaria operazione. Legittima invece è l’emissione da parte del cliente di una “nota di debito” senza valenza Iva analogica o elettronic­a extra Sdi (e, perché no, anche via Sdi) al fine di regolare l’aspetto finanziari­o e quello collegato alle imposte dirette, come avviene talvolta tra i soggetti della grande distribuzi­one e i loro fornitori (risposta 172/2019).

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