Fallimento: più paletti all’ammissione della revocatoria
Se la società è estinta i soci devono aver riscosso una quota dell’attivo
La revocatoria fallimentare può essere promossa con successo nei confronti dei soci e del liquidatore di una società di capitali estinta per ottenere la restituzione di pregressi pagamenti, solo se vengono dimostrati gli ulteriori presupposti per la loro responsabilità previsti dall’articolo 2495 comma secondo del Codice civile. E cioè se viene provato che i soci della società estinta hanno percepito quota dell’attivo sociale o che che il liquidatore abbia disatteso ai suoi obblighi .
Lo ha stabilito il Tribunale di Roma (sentenza del 14 aprile n.6074) affrontando la questione dei limiti entro cui i creditori sociali possono fare valere i loro diritti nei confronti dei soci di una società dopo la cancellazione dal registro delle imprese.
In tema di crediti non onorati (articolo 2495 del Codice civile) la Cassazione, a sezioni unite (sentenza 6070/2013), ha chiarito che: l’obbligazione della società estinta per cancellazione dal registro delle imprese non si estingue, ma si trasferisce ai soci, che ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito di liquidazione oppure illimitatamente se, quando la società era esistente, erano illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Di recente la Cassazione con l’ordinanza 521/2020 ha chiarito che, in caso di società di capitali, cancellata dopo la liquidazione, il creditore insoddisfatto deve allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto della par condicio creditorum. E in particolare: se vorrà fare valere la responsabilità “illimitata” del liquidatore, perché pretermesso a vantaggio di altri creditori, deve dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione.
Se invece vuole far valere la responsabilità “limitata” di soci, l’attore è tenuto a provare che l’importo preteso sia di ammontare eguale o superiore a quello riscosso da ciascuno di essi in sede di liquidazione, sulla base del relativo bilancio, poiché è attraverso la vicenda successoria “ex lege” che il medesimo socio rimane obbligato nei confronti del creditore sociale, divenendo la percezione della quota dell’attivo sociale elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato.
Nel caso affrontato dal Tribunale di Roma , il commissario giudiziale di una società in amministrazione straordinaria aveva convenuto i soci e il liquidatore di una società estinta perché fossero dichiarati inefficaci alcuni pagamenti eseguiti prima della sua cancellazione, e perché fossero condannati alla restituzione delle somme. Il commissario giudiaziale aveva quindi proposto l’azione revocatoria (articolo 67 della legge fallimentare) nei confronti degli obbligati in luogo della società estinta.
Questo perché, nei sei mesi antecedenti all’avvio delle procedure concorsuali la società poi finita in amministrazione straordinaria (e della cui grave crisi finanziaria già parlava la stampa) aveva disposto pagamenti in favore della società estinta prima della cancellazione.
Ma nel giudizio non era stata data prova nè che i soci della società estinta avessero percepito quota dell’attivo sociale nè che il liquidatore avesse disatteso ai suoi obblighi. La revocatoria fallimentare è stata quindi dichiarata infondata.