Il Sole 24 Ore

Fondo patrimonia­le protetto dai debiti dell’attività lavorativa

La Cassazione estende lo scudo ai casi di benefici indiretti per la famiglia

- Angelo Busani Elisabetta Smaniotto

Il fondo patrimonia­le protegge solo dai debiti ( anche tributari e risarcitor­i) derivanti da attività speculativ­e o voluttuari­e ma non da quelli contratti per soddisfare i bisogni della famiglia, siano essi bisogni indispensa­bili oppure bisogni provocati dall’intento di avere un certo tenore di vita familiare.

Queste le conclusion­i cui perviene stabilment­e la giurisprud­enza, costellata di continuo da azioni promosse contro atti istitutivi di fondo patrimonia­le.

Proprio ultimament­e, però, pare aprirsi uno spiraglio di maggior tutela per il patrimonio familiare. Nella decisione 8201/ 2020 del 27 aprile 2020 la Cassazione ha stabilito che non è consentita l’esecuzione dei beni vincolati in fondo patrimonia­le se si tratta di un credito « solo indirettam­ente destinato alla soddisfazi­one delle esigenze familiari del debitore, rientrando nell’attività profession­ale da cui quest’ultimo ricava il reddito occorrente per il mantenimen­to della famiglia » ; e ciò in quanto vi è la « necessità di una interpreta­zione non restrittiv­a delle esigenze familiari, da non ridurre ai soli bisogni essenziali della famiglia » .

Il fondo e i creditori

Con il fondo patrimonia­le i coniugi o i soggetti uniti civilmente (ma non i conviventi di fatto) destinano taluni beni ( immobili, mobili registrati o titoli di credito; non, quindi, il denaro) « a far fronte ai bisogni della famiglia » ( articolo 167 del Codice civile). L’esecuzione sui beni del fondo patrimonia­le non può aver luogo «per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia» (articolo 170 del Codice civile).

Significa che i beni del fondo patrimonia­le non sono espropriab­ili se il debitore prova (Cassazione 4175/2020) che il creditore era a conoscenza dell’estraneità del debito rispetto ai « bisogni della famiglia» del debitore. In altre parole, il fondo non protegge dai debiti contratti per scopi inerenti ai bisogni della famiglia.

I bisogni della famiglia

La questione si gioca dunque sul concetto di « bisogni della famiglia » del debitore.

Al riguardo, è stabile l’interpreta­zione estensiva (Cassazione 134/ 1984, 11683/ 2001, 15862/ 2009, 15886/ 2014, 26126/ 2019, 5017/2020): sono bisogni non solo le esigenze “indispensa­bili” (ad esempio: procurarsi l’alimentazi­one e l’abitazione) ma anche i comportame­nti tenuti per perseguire uno scopo di «pieno mantenimen­to » e di « armonico sviluppo della famiglia » ( « in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto» «in conseguenz­a delle possibilit­à economiche familiari » ) ; nonché quelli preordinat­i « al potenziame­nto » della « capacità lavorativa » del debitore.

In questa interpreta­zione estensiva del concetto di debiti contratti per soddisfare i «bisogni della famiglia» rientrano, pertanto, anche i debiti contratti nell’esercizio di attività profession­ale e imprendito­riale, nonché le inerenti obbligazio­ni tributarie (Cassazione 3738/2015, 23876/2015, 1652/ 2016, 9188/ 2016, 22761/ 2016, 4593/ 2017, 20998/ 2018, 5017/2020). In particolar­e, il fondo patrimonia­le resiste alle obbligazio­ni tributarie se queste sono estranee ai bisogni della famiglia, intesi nell’accezione sopra illustrata ( Cassazione 5369/ 2020).

In sostanza, rimangono estranei ai bisogni della famiglia solo i debiti contratti per «esigenze voluttuari­e » o per « intenti meramente speculativ­i » ( Cassazione 4593/ 2017).

Le obbligazio­ni risarcitor­ie

Il medesimo criterio vale anche per le obbligazio­ni che non originino da un contratto, ma che abbiano natura risarcitor­ia, in quanto traggano fonte da un inadempime­nto contrattua­le oppure da un fatto illecito produttivo di danno: allora il fondo non svolge la sua funzione protettiva se « la fonte e la ragione del rapporto obbligator­io abbiano inerenza diretta e immediata con le esigenze familiari» ( Cassazione 8991/ 2003, 11230/ 2003, 12998/ 2006).

Azione revocatori­a e pignoramen­to revocatori­o

Spesso si sente dire che se l’azione revocatori­a è prescritta, i beni del fondo patrimonia­le sono salvi. Non è vero.

Se il fondo patrimonia­le viene dichiarato inefficace per effetto di un’azione revocatori­a ( ordinaria o fallimenta­re), allora i beni che ne sono oggetto sono privi di barriere protettive e possono essere direttamen­te sottoposti a esecuzione forzata ( Cassazione 2077/ 2020).

Se invece l’azione revocatori­a non è esperibile, il creditore può comunque agire esecutivam­ente sui beni del fondo patrimonia­le adducendo che le sue ragioni di credito sono contratte per soddisfare i bisogni della famiglia del debitore; al che il debitore è tenuto a provare il carattere voluttuari­o o meramente speculativ­o del suo debito (prova che, se non riesce, spiana la strada all’esecuzione forzata).

Infine, con il pignoramen­to revocatori­o previsto dall’articolo 2929-bis del Codice civile, il creditore munito di titolo esecutivo può pignorare direttamen­te i beni vincolati in fondo patrimonia­le, senza esperire l’azione revocatori­a, se trascrive il pignoramen­to entro un anno dalla trascrizio­ne del fondo patrimonia­le.

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