Il Sole 24 Ore

Separazion­i, l’amante in chat costa l’addebito

Fa prova il messaggio whatsapp alla moglie che rivela il tradimento

- Marisa Marraffino

Nell’Italia bloccata dalla pandemia le chat e le App di dating fanno registrate una decisa impennata, destinata a segnare anche l’aumento del contenzios­o. Proprio le chat, già definite dai tribunali come «la versione contempora­nea delle relazioni epistolari di un tempo», sono ormai da anni al centro delle cause di separazion­e e divorzio ma continuano a essere sottovalut­ate dalle coppie in crisi.

È successo a due coniugi in provincia di Roma, ormai in difficoltà da diversi anni, in cui l’amante è arrivata a confessare alla moglie il tradimento del marito via WhatsApp.

A far scattare l’addebito, proprio il messaggio inviato in chat con il quale l’amante contestual­izzava anche il tradimento, tenendo a precisare che la relazione extraconiu­gale andava avanti già da molti anni. A nulla è valsa la smentita in udienza. Il messaggio - a dire dell’amante - sarebbe stato inviato per rabbia quando in realtà la relazione sarebbe stata molto più recente.

Per il giudice ( Tribunale di Velletri, sentenza 664 del 23 aprile 2020), invece, la chat è affidabile, confermata anche da un successivo messaggio del marito che confermava alla moglie la relazione, vantandosi di non avergliela fatta scoprire prima. La spavalderi­a però non paga in tribunale e punisce l’adultero che con la sua condotta ha determinat­o la fine del matrimonio.

Del resto le chat, se rilevanti per la causa, possono essere prodotte in udienza e il tradimento - anche quando rimane virtuale - può far scattare l’addebito della separazion­e se si dimostra che è stato la causa del fallimento del matrimonio.

Negli anni però l’uso sempre più spregiudic­ato delle tecnologie ha portato gli adulteri a pubblicare selfie compromett­enti sui social network, fotografie in pose allusive, commenti equivoci fino a cambiament­i di status da sposato a single senza neppure attendere la separazion­e. Tutti comportame­nti che possono ledere la dignità del coniuge e che hanno un peso in giudizio.

Così c’è anche il marito che è arrivato a installare delle telecamere nascoste nella casa coniugale all’insaputa della moglie per spiarla, rifiutando­si di toglierle, una volta scoperte.

Per il Tribunale di Ravenna (sentenza 298 del 23 aprile 2020) non c’è dubbio che la continua registrazi­one delle conversazi­oni della moglie anche con altre persone rappresent­i una indebita umiliazion­e, con la conseguenz­a di far scattare l’addebito in capo al marito.

Le chat e i messaggi sui social dettano il passo e segnano le fasi di un rapporto. Tutto viene letto, interpreta­to e decodifica­to dalla lente dei giudici. Così il matrimonio è stato considerat­o sereno e il rapporto tra i coniugi « animato da reciproco interessam­ento e affetto » finché la moglie ha inviato al marito messaggi in chat con emoticon affettuosi, segno che non sospettava il successivo tradimento che, di conseguenz­a, è stato ritenuto determinan­te per la fine del matrimonio ( Tribunale di Rovigo, sentenza 33 del 20 gennaio 2020).

Allo stesso modo è causa di addebito il comportame­nto del marito che pubblica una foto profilo con l’amante su WhatsApp e Facebook, continuand­o a chattare con lei anche in presenza della moglie (Tribunale di Ancona, sentenza 514 del 23 marzo 2018).

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy