Fallimento, torna possibile la richiesta dell’imprenditore
Gli emendamenti al decreto liquidità riducono i casi di improcedibilità
Ritorna possibile la richiesta di fallimento presentata dall’imprenditore. Ma anche il pubblico ministero recupera margini di manovra. Queste le conseguenze di alcuni degli emendamenti al decreto legge liquidità approvati in commissione e ora all’esame dell’Aula della Camera. A monte va tenuto presente che, per effetto dell’applicazione del decreto, dal 9 marzo al 30 giugno è improcedibile la quasi totalità dei ricorsi per fallimento.
Ora, per effetto dell’emendamento, torna a essere procedibile il ricorso presentato in proprio dall’imprenditore quando l’insolvenza non è conseguenza dell’emergenza sanitaria. Il blocco trova infatti fondamento nella esigenza di assicurare agli imprenditori un periodo nel quale valutare con maggiore attenzione la possibilità di strumenti alternativi alla soluzione della crisi senza essere esposti alle conseguenze civili e penali collegate ad un aggravamento dello stato di insolvenza che in ogni caso sarebbe in gran parte da ricondursi a fattori esterni.
Motivi che però vengono meno quando l’insolvenza non è dovuta alle conseguenze da Covid- 19. In questi casi, infatti, prevale un’altra serie di ragioni, dalla necessità di non sottrarre l’imprenditore alle proprie responsabilità collegate all’aggravamento di un dissesto considerato sia che il dissesto non sarebbe dovuto all’epidemia, ma ad altri fattori, all’impossibilità di superare la crisi anche con il ricorso agli strumenti di finanziamento straordinario previsti dallo stesso decreto legge 23/20, all’opportunità di permettere all’imprenditore di avviare comunque la procedura di fallimento evitando di tenere in piedi un’azienda ormai senza alcuna prospettiva di sopravvivenza.
Diventano poi procedibili tutte le richieste di fallimento presentate dal pubblico ministero quando l’insolvenza emerge nel corso di un procedimento penale, oppure dalla fuga dell’imprenditore, dalla sua irreperibilità o latitanza, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo.
Escluse infine dal meccanismo di improcedibilità anche le istanze presentate nell’ambito del procedimento di concordato preventivo e destinate ad essere trattate in seguito all’inammissibilità dello stesso concordato, dal momento che in questi casi il naufragio del ricorso alla soluzione alternativa alla crisi d’impresa «da un lato evidenzia, sul piano cronologico, la sicura riconducibilità della situazione di insolvenza a fattori estranei all’evento epidemico e dall’altro lato palesa, sul piano funzionale, la definitiva assenza di soluzioni alternative al fallimento » .
Prevista anche la sterilizzazione dei 4 mesi scarsi del periodo di improcedibilità ai fini del conteggio del periodo sospetto rilevante per l’eventuale azione revocatoria. Come pure tra gli emendamenti va segnalata l’introduzuone della possibilità, per l’imprenditore che ha ottenuto la concessione dei termini previsti dal preconcordato o dall’accordo di ristrutturazione dei debiti, di rinunciare alla procedura, dichiarando di avere invece predisposto un piano di risanamento pubblicato nel Registro delle imprese.
Anche il Pm recupera margini di manovra quando l’insolvenza emerge in un procedimento penale