Licenziamenti e cassa, resta il buco di due mesi Puglisi: risolveremo
Il governo valuta se abolire il termine del 1° settembre per chiedere i sussidi
Per le aziende che hanno attivato la cassa integrazione d’emergenza quasi subito, a marzo, le 9 settimane, più le altre eventuali 5 previste oggi dal decreto Rilancio, termineranno a metà giugno. E le altre 4 settimane si potranno richiedere solo a partire dal 1° settembre. Ma, pur avendone la necessità, per sopravvivere e ripartire, difficilmente queste imprese potranno però apportare modifiche organizzative, essendo, infatti, obbligate a mantenere invariati i livelli occupazionali (a tutela dei lavoratori) almeno fino al 17 agosto, il nuovo termine entro il quale è, attualmente, in vigore il divieto di licenziare, prorogato di altri tre mesi dal governo Conte.
L’effetto di tutto ciò è una sfasatura temporale evidente tra misure di sostegno al reddito e blocco dei recessi; che è al limite della legittimità e soprattutto porta con sé un significativo aggravio di costi per le aziende, in un momento già particolarmente difficile. Si pensi, ad esempio, al caso di una impresa di piccole dimensioni, come ci racconta Arturo Maresca, ordinario di diritto del lavoro alla Sapienza di Roma, che opera in un mercato divenuto, a seguito della pandemia, irreversibilmente non remunerativo e che, per questo, decide di chiudere, senza tuttavia poterlo fare perché non può licenziare il personale dipendente. E quindi dovrà aspettare il fatidico 17 agosto, dopo di che potrà avviare le relative procedure, mantenendo, nel frattempo, l’occupazione ed i relativi costi non coperti dalla Cig.
Il governo è conscio del problema, che è « delicato, ma abbiamo intenzione di risolverlo » , sottolinea al Sole 24 Ore la sottosegretaria al Lavoro, Francesca Puglisi.
La scelta di concedere altre 9 settimane di cassa integrazione, in due tranche, le prime cinque settimane entro agosto, le restanti quattro dal 1° settembre al 31 ottobre, nasce dall’esigenza di evitare «una corsa agli ammortizzatori», ha spiegato Puglisi, come è accaduto con le prime 9 settimane previste dal decreto Cura Italia (secondo il primo monitoraggio ufficiale dell’Inps, infatti, circa l’85% di aziende ha chiesto subito tutte le 9 settimane di sussidio ottenibili).
Sugli ammortizzatori ci sono, al momento, circa 16 miliardi di euro; una fetta andranno a coprire i “buchi” dei mesi scorsi.
«Sono convinta - ha proseguito Puglisi - che, avendo intrapreso la Fase 2, ci sarà minor richiesta di cassa integrazione. Certo, la sfasatura temporale con il termine previsto per il blocco dei licenziamenti è oggettivamente un nodo. La mia opinione è che, essendoci un tiraggio più basso rispetto a marzo-aprile, e potendo anche contare sui nuovi fondi del Sure, per le aziende che ne avranno bisogno si potranno coprire le settimane mancanti fino al 17 agosto, e così allineare le due durate». Al momento si stanno studiando diverse soluzioni tecniche: la più semplice è quella di eliminare il termine del 1° settembre, e consentire così alle imprese che ne hanno necessità di poter chiedere le altre 4 settimane senza dover aspettare, appunto, il 1° settembre.
«Stiamo approfondendo la questione - ha chiosato Puglisi -. Certo è che l’emergenza coronavirus ha reso evidenti a tutti i limiti dell’attuale sistema di ammortizzatori sociali, che intendiamo profondamente riformare. In quest’ottica, ritengo strategico legare i sussidi a nuove politiche attive e alla formazione e riqualificazione delle competenze dei lavoratori. Questa, a mio avviso, deve essere la vera Fase 2 del mercato del lavoro».