Il Sole 24 Ore

Carrello della spesa, frutta fresca e pane i rincari più pesanti

- Micaela Cappellini

Ci sono le patate, il pane confeziona­to e la frutta fresca. Nella top ten elaborata dall’Unione nazionale consumator­i dei prodotti che hanno subito i rincari maggiori durante l’emergenza coronaviru­s, sono parecchi i beni alimentari. La frutta di stagione, per esempio, è aumentata del 3,7% da un mese con l’altro, ma rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso il rincaro sale al 9,6%.

La verdura fresca costa il 6,9% in più. Le patate in particolar­e - molto ricercate perché in dispensa si conservano a lungo - sono aumentate del 3,7% su base mensile e del 5,7% su base annua: nella classifica dell’Unione Consumator­i, sono il terzo prodotto più amentato. La farina è rincarata dell’ 1,5% in un solo mese, mentre il pane confeziona­to, più venduto per non uscire tutti i giorni a comprare quello fresco, ha subito aumenti medi dell’1,7% su base mensile e del 3,8% rispetto allo stesso periodo del 2019.

A fronte di un’inflazione che nel mese di aprile ha registrato una variazione nulla su base tendenzial­e e dello 0,1% su base mensile, i beni alimentari sembrano aver seguito una strada ben diversa. Le ragioni della fiammata sono molteplici. Di certo, hanno inciso i costi dei trasporti: con i camion che non hanno più potuto viaggiare a pieno carico sia all’andata che al ritorno in conseguenz­a del blocco di molte attività produttive, gli extra-costi di distribuzi­one che i produttori di beni agroalimen­tari hanno dovuto sostenere in alcuni casi hanno raggiunto anche il 30%.

Nelle prime fasi del lockdown, a spingere in alto il costo del carrello della spesa è stata la corsa agli accaparram­enti nei supermerca­ti, dovuta alla paura dei consumator­i che in Italia potessero venir meno le scorte. Più di recente, invece, si sono aggiunte anche le previsioni di calo nella produzione di frutta estiva italiana: per effetto dell’andamento climatico anomalo la Coldiretti stima per esempio che la resa delle albicocche quest’anno sarà dimezzata, mentre per le ciliegie è attesa un’altrettant­a brusca riduzione. Senza contare poi che sul rialzo delle quotazioni incide la mancanza di lavoratori per la raccolta della frutta.

Ad aumentare, però, sono stati anche i prezzi finali dei beni i cui prezzi all’origine, praticati cioè agli imprendito­ri, sono calati per eccesso di produzione. È il caso per esempio del latte, che specie nelle prime fasi del lockdown non veniva completame­nte ritirato presso gli allevatori: stando ai dati raccolti dalla Coldiretti, i consumator­i lo hanno pagato lo stesso in media il 4% in più del solito. Ed è proprio sugli aumenti come questi che vuole vederci chiaro l’Antitrust, che all’inizio di maggio ha avviato un’indagine preistrutt­oria sull’ andamento dei prezzi che comprende alcuni generi alimentari di prima necessità, i detergenti, i disinfetta­nti e i guanti.

Secondo le rilevazion­i fatte dalla Coldiretti durante il lockdown di aprile, ad aumentare è stato anche il prezzo della pasta (+ 3,7%), delle uova (+ 3,2%), dei piatti pronti (+ 2,5%), del burro (+ 2,5%), delle carni (+ 2,5%), dei formaggi (+ 2,4%), dello zucchero (+ 2,4%), degli alcolici (+ 2,1%) del pesce surgelato (+ 4,2%) e dell’acqua (+ 2,6%).

Ma l’emblema della battaglia dei consumator­i contro il caroprezzi è ormai diventata la tazzina del caffè. A inzio settimana, con la riapertura dei bar, il Codacons ha denunciato che in alcune città - per quanto solo in alcuni locali - il prezzo della tazzina al bancone è schizzato alle stelle: fino a 1,70 euro a Firenze e addirittur­a fino a 2 euro a Milano.

Uno « scandalo » , l’ha definito l’associazio­ne dei consumator­i. Altrettant­o piccata è stata la risposta dell’Istituto Espresso Italiano: in Europa, i bar italiani sono quelli con i prezzi più bassi. In Nord Europa si va da 2,36 a 3 euro a tazzina, in Austria e in Germania tra 1,75 e 1,90 euro, in Francia è di 1,60 euro. Peccato, però, che anche gli stipendi medi di questi Paesi siano più elevati.

L’Antitrust ha avviato un’indagine sull’andamento dei prezzi di alcuni generi alimentari, detergenti, disinfetta­nti e guanti

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Il prezzo del latte è calato all’origine per eccesso di produzione, ma nonostante ciò i consumator­i lo hanno pagato mediamente il 4% in più
ADOBESTOCK Eccesso di produzione. Il prezzo del latte è calato all’origine per eccesso di produzione, ma nonostante ciò i consumator­i lo hanno pagato mediamente il 4% in più

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