Hertz si arrende a virus e debiti Chapter 11 per il colosso Usa
Hertz si è arresa al Chapter 11. Il coronavirus ha dato il colpo di grazia al gigante dell’autonoleggio, fondato oltre un secolo fa negli Stati Uniti. Sommersa da quasi 20 miliardi di dollari di debiti e insoddisfatta nella richiesta di aiuti di Stato,la società ha portato i libri in tribunale nel Delaware avviando le procedure per la protezione dai creditori. Per il momento sono coinvolte solo le attività nordamericane (Usa e Canada), già colpite da circa 10mila licenziamenti, oltre un quarto dei dipendenti a livello globale. Escluse quindi dal Chapter 11 le sedi in Europa, Australia e Nuova Zelanda.
Hertz – che controlla anche i marchi Dollar e Thrifty– continuerà in ogni caso a operare dovunque: la liquidità in cassa, circa 1 miliardo di dollari, per ora lo consente.
E in futuro la società spera di riuscire a rifinanziarsi, grazie all’iter fallimentare e alla fine del lockdown, che si spera risvegli la domanda di auto a noleggio.
Il settore è tra quelli più colpiti dalla crisi e per Hertz – molto attiva negli aeroporti – l’impatto è ancora più pesante che per altri. La bancarotta, afferma la società, «proteggerà il valore delle nostre attività, ci consentirà di continuare a operare e servire i nostri clienti e ci offrirà del tempo per gettare più solide fondamenta finanziarie».
Hertz, controllata con il 39% dal finanziere Carl Icahn, era già in difficoltà prima della pandemia. L’attuale Ceo, Paul Stone, fresco di nomina,è il quinto ad assumere la guida del gruppo dal 2014. Tra i punti deboli gli analisti indicano il possesso diretto di 400mila veicoli,in proprietà o leasing. Altre società del settore hanno invece accordi di buyback con le case automobilistiche. Il valore della flotta Hertz, impiegata a garanzia di debiti, è crollato con il Covid-19. Migliaia di auto dovranno ora essere svendute per soddisfare i creditori.