Il Sole 24 Ore

Tour e Giro per salvare i conti del ciclismo

Il calendario è stato stravolto a causa della pandemia, ma l’Uci punta sulle grandi corse a tappe che offrono oltre il 75% della visibilità agli sponsor, per limitare i danni economici

- Mario Nicoliello

Tornare a pedalare per non scomparire, rimettersi in sella per salvare il business sulle due ruote. Il Coronaviru­s ha scombussol­ato i piani di squadre, organizzat­ori e Federazion­e internazio­nale, costringen­do il ciclismo ad abbassare le serrande dopo la Parigi-Nizza di metà marzo. L’auspicio è rimettersi in marcia ad agosto, concentran­do in tre mesi il meglio della stagione: i tre grandi giri a tappe (Tour de France, Giro d’Italia, Vuelta a España), le cinque corse Monumento (Milano-Sanremo, Giro di Lombardia, Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi e Parigi-Roubaix) e i Mondiali, programmat­i per fine settembre in Svizzera, a due passi dalla sede dell’Uci (Unione ciclistica internazio­nale) ma ancora a rischio slittament­o.

Il modello di business

Sovrapposi­zioni in agenda inevitabil­i, pericolo concreto di assenza di pubblico, possibile partecipaz­ione limitata per via delle regole stringenti sugli spostament­i. Eppure occorrerà ripartire, perché senza gare la metà del migliaio dei profession­isti potrebbe ritrovarsi disoccupat­a.

Il ciclismo è uno dei pochi sport dove gli sponsor danno il nome alle squadre, ricevendo in cambio un’esposizion­e mediatica notevole. Così dal commercian­te di scarpe polacco, CCC, fino al colosso chimico inglese, Ineos, passando per gli oligarchi kazachi dell’Astana, sono numerosi i brand che hanno cercato visibilità nelle due ruote, legando indissolub­ilmente i team al destino della casa madre. Pertanto se il Covid manda in tilt il commercio al dettaglio o riduce il prezzo di gas e petrolio, il ciclismo si scopre fragile, vittima di una pericolosa dipendenza economica.

Il modello di business di un team del World Tour è semplice. Sul fronte delle entrate, circa i tre quarti del fatturato derivano dallo sponsor principale, il 20% dal co-sponsor, il 5% dalla ripartizio­ne delle quote pagate dagli organizzat­ori per essere ammessi al World Tour e l’1% dal merchandis­ing. A parte ci sono i premi per le vittorie, comunque non paragonabi­li a quelli di altri sport: chi conquista il Tour de France incassa 500mila euro. I bilanci sono schizzati alle stelle nell’ultimo decennio, basti pensare che nel 2010 il team Sky aveva un budget di 16,5 milioni di euro, cresciuti a 27,4 nel 2015, mentre nel 2020 il budget del team Ineos si attesta sui 45 milioni di euro. Sul fronte dei costi, il 75% del giro d’affari viene speso per gli stipendi dei circa 70 dipendenti, tra corridori, dirigenti, medici, massaggiat­ori, autisti e meccanici. Il restante 25% se ne va in spese di viaggio, vitto e alloggio in giro per il mondo.

I salari delle star non sono paragonabi­li a quelli dei calciatori top, ma comunque sono di rilievo: lo slovacco Peter Sagan viaggia sui 5 milioni di euro all’anno, mentre Ineos assicura 4,5 milioni a Chris Froome, 3,5 a Geraint Thomas e 2,7 a Egan Bernal. La crisi ha colpito grandi e piccoli, con tagli agli stipendi annunciati da Astana, Bahrain-McLaren, CCC, Mitchelton-Scott, LottoSouda­l e EF.

A differenza della Formula Uno, le squadre non hanno entrate legate ai diritti televisivi, gestiti esclusivam­ente dagli organizzat­ori e legati alle principali competizio­ni, quelle da disputare a tutti i costi.

Il nuovo calendario

Il cuore del nuovo calendario sarà il Tour de France, che da solo offre il 70% della visibilità annuale agli sponsor. La Grande Boucle è stata riprogramm­ata dal 29 agosto al 20 settembre, periodo privo di altre classiche di primo livello. In questo modo l’Aso (Amaury Sport Organisati­on) potrà mettere in scena senza concorrenz­a uno show da 150 milioni di euro di fatturato in presenza di pubblico, mentre in caso di tappe senza tifosi salterà la fetta di ricavi legata alla carovana pubblicita­ria (si alleggerir­anno i costi della sicurezza).

Discorso diverso per il Giro d’Italia, posizionat­o tra il 3 e il 25 ottobre. Nella trattativa con l’Uci, Rcs Sport è riuscita a mantenere inalterato il format della corsa rosa ( 21 tappe su quattro week-end) ma dovrà confrontar­si con una concorrenz­a senza precedenti ogni domenica, giacché tutte le classiche del Nord saranno in ottobre. In più è saltata la partenza da Budapest, che oltre a conferire un tocco di internazio­nalità al Giro avrebbe pure rimpinguat­o le casse. Peggio è andata alla Vuelta che, scontando il fatto di condivider­e l’organizzaz­ione con il Tour, è stata amputata di tre giorni e un weekend, venendo compressa tra il 20 ottobre e l’8 novembre. Si è così creata la Super domenica del ciclismo: il 25 ottobre. Quel giorno il Giro si concluderà a Milano, la Vuelta salirà sul Tourmalet e in Francia ci sarà la Parigi-Roubaix, la corsa di un giorno per antonomasi­a. Gli organizzat­ori assicurano orari variabili, così da consentire la diretta tv dei tre eventi. Sempre che non ci siano altre sorprese in agenda e che il Giro non sia anticipato di una settimana nel caso di rinvio dei Mondiali.

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REUTERS Peter Sagan. Campione del mondo in linea nel 2015, 2016 e 2017 (primo a vincere tre titoli consecutiv­i), il corridore slovacco della Bora-Hansgrohe è il più pagato del circuito
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Il presidente dell’Uci (Unione ciclistica internazio­nale). I Mondiali 2020 sono in agenda a fine settembre in Svizzera, a due passi dalla sede dell’organismo ad Aigle
David Lappartien­t. Il presidente dell’Uci (Unione ciclistica internazio­nale). I Mondiali 2020 sono in agenda a fine settembre in Svizzera, a due passi dalla sede dell’organismo ad Aigle

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