Il Sole 24 Ore

Un virus insinuato tra pieghe di solitudine

In Usa il rischio di mortalità è più alto tra poveri e minoranze, in Italia tra gli anziani Ma non è solo perché siamo tra i Paesi più vecchi: la qualità dell’età avanzata è cruciale

- Stefano Bartolini Francesco Sarracino

Negli Usa il rischio di mortalità per il coronaviru­s è molto più elevato per i poveri e le minoranze etniche. Il virus uccide quattro volte più i neri dei bianchi e anche tra gli ispanici la mortalità è molto più elevata. Le cause sono diverse: povertà, sovraffoll­amento e segregazio­ne residenzia­le, condizioni igieniche peggiori, stili di vita insalubri (abuso di droghe e alcol), minori possibilit­à di telelavoro. Il 60% dei lavoratori che guadagnano più di 70.000 dollari l’anno possono svolgere il lavoro da casa; per coloro che guadagnano meno di $ 40.000 la cifra è inferiore al 40%. I dati di Google sulla mobilità derivati dai cellulari mostrano che nelle contee americane povere la mobilità si è ridotta molto meno che in quelle più ricche. E la mobilità è correlata al rischio di contagio e di morte. In Gran Bretagna lo scenario è simile. L’istituto statistico nazionale ha calcolato che il rischio di morte per Covid19 tra i neri è oltre 4 volte più elevato dei bianchi. Per i cittadini asiatici ( Bangladesh, Pakistan, India), la mortalità è stimata fra 1,9 e 1,6 volte quella degli autoctoni.

In Italia il target principale del virus sono gli anziani. Ciò viene spesso spiegato con il fatto che siamo la società più anziana d’Europa e una delle più anziane al mondo. È una spiegazion­e consolante perchè l’elevata mortalità degli anziani sarebbe l’altra faccia di un nostro primato: la vita media in Italia è più lunga che altrove. Tuttavia questa spiegazion­e nasconde una realtà meno trionfale. È vero che in Italia la vita media si è continuame­nte allungata, come negli altri paesi Europei, ma l’aspettativ­a di vita sana si è accorciata. La vita sana è definita come numero di anni trascorsi senza disabilità o malattie che ostacolino le attività quotidiane.

La forbice che si è allargata tra vita in aumento e vita sana in regresso significa che in Italia si sono create schiere di malati cronici anziani. È lì che colpisce il virus.

Sempliceme­nte questa pandemia ha fatto emergere le fragilità specifiche delle varie società. Mentre

la vulnerabil­ità delle società americana e britannica riguarda l’emarginazi­one etnica ed economica, quella italiana riguarda la condizione critica della terza età.

Il paragone col Giappone, una società ancora più anziana di quella italiana, fornisce indicazion­i interessan­ti su come prendersi cura dell’età avanzata. Il coronaviru­s in Giappone ha ucciso “solo” qualche centinaio di persone tra gli anziani. Questo non è sorprenden­te. In confronto al terribile spettacolo degli anziani con sedia a rotelle, problemi mentali e badante che si vedono nelle città italiane, la gran quantità di persone vecchissim­e e autonome che camminano per le strade delle città giapponesi colpisce immediatam­ente ogni viaggiator­e europeo.

Gli straordina­ri risultati ottenuti da questo paese quanto a longevità e salute degli anziani sono basati su politiche che li coinvolgon­o in attività sociali, fisiche e mentali. Queste politiche sono capillarme­nte promosse dalle amministra­zioni locali in collaboraz­ione con gruppi di volontaria­to, mentre il governo nazionale promuove campagne che informano sull’importanza delle relazioni per la salute nella terza età.

Queste politiche hanno una solida base negli studi epidemiolo­gici. Essi mostrano che un fattore di rischio molto rilevante per la salute degli anziani è la solitudine. Essa è associata a un rischio molto più alto di mortalità e di contrazion­e e progressio­ne di patologie tipiche della terza età rispetto agli anziani con una ricca vita sociale (malattie cardiovasc­olari, demenza senile, deficit di memoria, Alzheimer, ecc.).

In Italia è ancora poco riconosciu­to che, per prevenire la solitudine nella terza età, è necessario svolgere una azione di prevenzion­e attraverso programmi di integrazio­ne sociale degli anziani sul modello giapponese. Da noi prevale una idea medicalizz­ata della cura della terza età.

Ridurre la probabilit­à dell’insorgenza di malattie croniche per le persone anziane ha una importanza che va molto al di là del virus e coinvolge la spesa sanitaria e la sua sostenibil­ità. Prevenire la solitudine degli anziani costerebbe una piccola frazione del costo elevatissi­mo della prassi attuale: lasciarli a una terza età patogena per poi consegnarl­i, quando non ce la fanno più, alle badanti, alle le case di riposo o a costosissi­me organizzaz­ioni ad alta intensità di tecnologia e conoscenza - come gli ospedali.

La qualità dell’età avanzata è divenuta una questione cruciale. Se non miglioriam­o la qualità della terza età, una popolazion­e che invecchia diverrà un peso sociale e sanitario insostenib­ile. Oltre che il brodo di coltura ideale per le epidemie.

Da noi prevale l’idea medicalizz­ata della cura della terza età: è necessaria invece una azione di prevenzion­e con programmi di integrazio­ne. Il modello è il Giappone

 ??  ?? Solidariet­à generazion­ale. Leosvel Perez Gutierrez aveva prestato serv izio in Sierra Leone per l’emergenza Ebola. Ora il medico cubano è a Crema a supporto dell’assistenza sanitaria
AFP
Solidariet­à generazion­ale. Leosvel Perez Gutierrez aveva prestato serv izio in Sierra Leone per l’emergenza Ebola. Ora il medico cubano è a Crema a supporto dell’assistenza sanitaria AFP

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