Banche Ue: cura anti Covid da 40 miliardi di tagli
La pandemia potrebbe bruciare il 20% dei ricavi delle banche e fino al 60% dei profitti medi, in Europa come in Italia. A fare una stima è Kearney, società di consulenza che anche quest’anno pubblica il Retail Banking Radar, in cui si analizzano i bilanci di 92 banche commerciali sparse in 22 Paesi europei. Ipotizzando che le banche europee vogliano mantenere un rapporto tra costi e ricavi del 62% (stima ( stima 2019), nei prossimi anni dovranno ridurre i costi di 3545 miliardi di euro.
La pandemia potrebbe bruciare il 20% dei ricavi delle banche e fino al 60% dei profitti medi, in Europa come in Italia. Un falò di proporzioni tali che, se le banche europee vorranno mantenere intatto il rapporto tra costi e ricavi, dovranno varare la più profonda revisione dei costi mai vista, qualcosa nell’ordine dei 35- 40 miliardi di euro: significa moltiplicare per due gli sforzi fatti dalla crisi Lehman ad oggi.
Sono effetti a dir poco devastanti quelli che il Covid-19 rischia di generare sulle banche commerciali del Vecchio continente. A fare una stima è Kearney, società di consulenza che anche quest’anno pubblica il Retail Banking Radar, in cui si analizzano i bilanci di 92 banche commerciali sparse in 22 Paesi europei. Lo studio – che per l’Italia vede coinvolte Intesa Sanpaolo, UniCredit, Ubi e Banco Bpm – approfondisce gli effetti del mix esplosivo che vede da una parte il rallentamento dell’attività economica e il calo dei consumi, dall’altra il perdurante scenario di tassi negativi, che a sua volta impatta sui margini e sulle fees da risparmio gestito.
Da qui arriva la previsione che i ricavi in Europa come in Italia scenderanno in media del 20% rispetto al 2019. «Si tratta di uno scenario base – spiega Roberto Freddi, principal di Kearney e tra i curatori dello studio -, che poggia sulle stime di un calo del Pil europeo del 7% circa e un parziale recupero verso fine anno». Non è escluso peraltro che «in alcuni Paesi e in alcune situazioni più critiche, i cali possano arrivare anche al 35-40%, a seconda del mix di ricavi della singola banca».
La partita vera per le banche italiane si giocherà, come si è iniziato a vedere già con le prime trimestrali, sul campo degli accantonamenti. Perché maggiori saranno le coperture fatte in vista delle future perdite su crediti, più risicati saranno i profitti. Possibile che il grosso delle perdite emergano con il tempo, magari a valle delle moratorie concesse dal Governo. Ma anche senza un eccesso di prudenza, gli effetti del Covid-19 sull’ultima riga di bilancio si prospettano comunque pesantissimi. Gli analisti stimano che il 12% delle banche europee - una su otto - chiuderà l’anno in perdita, a fronte di una profittabilità per cliente attesa in contrazione del 60% rispetto all’anno precedente.
La sfida: lavorare sui costi
Come si potrà reagire di fronte a uno scenario simile? Per i consulenti non c’è altra strada che intervenire sui costi, visto che gli spazi per spingere sui ricavi sono limitati. E così, ipotizzando che le banche europee vogliano mantenere un rapporto tra costi e ricavi del 62%, come registrato lo scorso anno, in tutta Europa nei prossimi anni le banche dovranno ridurre i loro costi di 35–45 miliardi di euro, il 10-15% circa sulla base costi attuale. Tradotto: significa generare risparmi di 40 euro per cliente su una base costo attuale di 305 euro. Per capire lo sforzo che attende il settore, basti pensare che all’apice della crisi finanziaria globale le banche sono riuscite a ridurre il costo in media di 20 euro per cliente. Domani, di fatto, dovranno raddoppiare gli sforzi fatti fino ad oggi. Sforzi che, va detto, sono stati impressionanti: negli ultimi dieci anni, circa 75mila filiali hanno chiuso in tutta Europa, praticamente una su tre, mentre 600mila dipendenti circa sono usciti dagli organici, il 22% dell’occupazione totale nel settore bancario. «Il problema è che tagliare in futuro sarà molto più complicato di quanto fatto in passato», aggiunge Freddi. «I risparmi facili sono già stati fatti e questo lascia poco spazio per un’ulteriore riduzione dei costi tradizionale. Servirà quindi un ripensamento generale di tutta la struttura dei costi», spiega il senior partner Ettore Pastore. Da una parte «non si potrà prescindere da una profonda revisione del modello operativo», ma nel contempo «servirà fare investimenti in nuove tecnologie e diversificare il business fornendo più servizi digitali per essere vicini ai clienti nei loro bisogni e fidelizzarli», aggiunge Pastore.
Non si tratta di immaginare la fine dell’agenzia fisica in sé, ma secondo gli esperti servirà ripensare in maniera più audace i modelli esistenti, spostando sul digitale sia le operazioni diback- di back-end end che i servizi di front-end a minor valore aggiunto per i clienti, «lasciando invece al rapporto umano, sicuramente più da remoto, la vendita e la consulenza: il rapporto personale rimane fondamentale, in particolare nel nostro Paese » , aggiunge Pastore.
Uno scenario variegato
La sfida è enorme per tutti. Ma va detto che il quadro non è uniforme in tutta Europa, poiché ogni Paese ha un punto di partenza differente e una sfida davanti a sé diversa. Se le banche al dettaglio in Scandinavia e Polonia hanno già lavorato molto sui costi, abbassando il rapporto costi- ricavi al di sotto del 50%, due dei maggiori mercati europei - Germania e Francia - lottano con mercati frammentati e costi che rappresentano almeno il 70% delle entrate. L’Italia, in questo scenario, è tra i Paesi più virtuosi, perché ha ridotto i costi del 2,6% dal 2018 e oggi presenta un rapporto cost/ income del 57% contro il 62% europeo. Ma forse, anche per questo motivo, il sentiero in prospettiva è ancora più tortuoso. Del resto è difficile migliorare l’efficienza quando i ricavi rimangono anemici: nel 2019, segnala ancora Kearney nell’analisi, il nostro Paese insieme a Germania e Francia è stato tra i meno competitivi in termini di ricavi per singolo dipendente ( 190mila euro contro una media Ue di 260mila), con una crescita sostanzialmente piatta negli ultimi cinque anni. Ecco perché, conclude Pastore, « a maggior ragione ora serve ripensare in profondità l’intero modello di business e l’offerta alla clientela: chi riuscirà a farlo, pianificando in un orizzonte pluriennale e lavorando sulle competenze dei dipendenti, potrà tornare a lavorare con profitto » .
In Italia come nel resto della Ue a rischio il 20% dei ricavi e il 60% dei profitti stima Kearney