Mille euro alle colf, via alle domande ma rimane in nero il 58% dei rapporti
Mille euro per tutti i lavoratori domestici con uno o più contratti regolari in corso al 23 febbraio. Indipendentemente dal fatto che abbiano o meno lavorato durante il lockdown imposto dall’emergenza Covid- 19. Lo dispone l’articolo 85 del decreto Rilancio, salvo modifiche in sede di conversione in Parlamento.
Intanto da oggi i titolari dei circa 860mila rapporti di lavoro domestico censiti dall’Istat potranno presentare le domanda presso Caf, patronati o direttamente sul sito dell’Inps (tramite Spid o Pin dispositivo). A beneficiare del bonus, però, potranno essere solo gli occupati con un monte ore in regola, superiore a dieci ore settimanali (anche sommando più contratti in corso) e non conviventi con la famiglia. I fondi a disposizione ammontano a 460 milioni (e saranno assegnati fino a esaurimento).
Il bonus sarà erogato in un’unica soluzione, corrispondente a due mensilità da 500 euro ciascuna. Sarà il lavoratore a dover fare domanda, fornendo il proprio codice fiscale e i dati anagrafici di base, scegliendo tra due modalità possibili di pagamento, tramite bonifico bancario (fornendo l’Iban) oppure tramite bonifico domiciliato BancoPosta. La verifica sui rapporti di lavoro spetterà all’Inps che potrà accertare automaticamente se il richiedente ha o meno i requisiti.
A oggi, analizzando i rapporti di lavoro domestico registrati, nella fascia tra 10 e 45 ore settimanali (oltre le quali si ipotizza la convivenza) si contano circa 625mila colf e badanti. Ma bisogna considerare che un lavoratore può essere titolare di più rapporti e che ci sono anche altre limitazioni: l’indennità è incompatibile con la pensione, con altri contratti di lavoro non domestico a tempo indeterminato e con altre indennità previste dal decreto Cura Italia o da quello Rilancio (come il bonus 600 euro e il reddito di emergenza). Potranno beneficiarne, invece, i lavoratori domestici che già percepiscono il reddito di cittadinanza se di importo inferiore all’indennità (integrando l’assegno mensile fino a 500 euro) o l’assegno ordinario di invalidità.
Rapporti di lavoro a rischio
L’indennità per colf e badanti è stata introdotta dal Governo per colmare le scarse tutele date a questa categoria di lavoratori, a cui è precluso l’accesso alla cassa integrazione attivata per l’emergenza, così come lo stop ai licenziamenti: Assindatcolf rileva un incremento del 30% dei licenziamenti del personale domestico nei primi mesi 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con picchi che arrivano al 38% nella Lombardia. Inoltre, nel solo mese di aprile, si rileva una netta flessione delle nuove assunzioni, pari al 50% rispetto al 2019.
«È comprensibile che le famiglie in questo periodo abbiano scelto di non assumere personale domestico – afferma Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf – o di concludere alcuni rapporti in corso perché non più necessari o diventati insostenibili. Ma attenzione, perché se fino a oggi la giustificazione poteva essere la paura del contagio, se non si correrà subito ai ripari, già da maggio continueranno a lievitare i licenziamenti per motivi economici. Si rischia un effetto devastante per il comparto, già fanalino di coda per lavoro nero » .
A fronte di circa 860mila rapporti di lavoro in regola (corrispondenti a 660mila occupati), oggi si stimano 1,2 milioni posizioni irregolari, con un tasso di irregolarità (58,3% secondo gli ultimi dati Istat disponibili) che potrebbe ulteriormente crescere.
La richiesta di regolarizzazione
La corsa di colf, badanti e babysitter alla nuova indennità potrebbe generare di riflesso una richiesta di regolarizzazione alle famiglie, da parte dei lavoratori non contrattualizzati.
I lavoratori coinvolti dalla sanatoria prevista dal decreto Rilancio per l’emersione del lavoro irregolare sono però esplicitamente esclusi dal bonus colf (articolo 85, comma 3 del Dl 34/2020).
In ogni caso, per le famiglie, oggi alle prese con la crisi economica legata al Coronavirus, la sanatoria potrebbe non essere tanto appetibile: «Oltre al contributo di 500 euro - nota Alfredo Savia, presidente di Fidaldo - per regolarizzare il lavoratore domestico le famiglie dovranno versare una somma forfettaria a titolo di contributi e retribuzioni, che potrebbe aggirarsi sempre sui 500 euro. Stimiamo dunque che almeno per regolarizzare gli italiani l’appeal della sanatoria sarà ridotto».
Anche secondo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, per rendere strutturale l’emersione del lavoro domestico irregolare, «servirebbe vincolare la procedura a un contratto di lavoro duraturo, e garantire alle famiglie un incentivo fiscale a mantenere in regola i lavoratori».