NECESSARIO RINEGOZIARE IL DEBITO ARGENTINO
L’economia globale post Covid- 19 ci porrà di fronte a un nodo ineludibile: come gestire un debito complessivo dei governi e del settore privato, che già elevato prima della pandemia, sta oggi esplodendo, a fronte di una situazione di recessione globale a breve e di probabile successiva stagnazione o bassa crescita.
Il pericolo è che si determini una crisi finanziaria che può accendersi in qualunque parte del mondo per poi propagarsi incontrollata nonostante l’impegno di tutte le Banche centrali a immettere liquidità nei mercati. Il problema della sostenibilità dei debiti è per questo motivo oggi una delle maggiori sfide per l’architettura finanziaria internazionale. Banca mondiale, Fondo Monetario Internazionale e Nazioni Unite stanno lanciando varie iniziative, avvertendo che, come deciso all’ultimo incontro del G20, è necessario garantire immediatamente una moratoria per i Paesi in via di sviluppo o emergenti più indebitati.
La consapevolezza della posta in gioco globale ha spinto oltre 150 economisti di tutto il mondo, tra cui vari premi Nobel, a sottoscrivere un messaggio lanciato da Joseph Stiglitz, Edmund Phelps, ( entrambi premi Nobel per l’Economia) e Carmen Reihnart perché si raggiunga un accordo sulla proposta di ristrutturazione del debito sovrano argentino avanzata, con l’assistenza del FMI, dall’attuale governo del Paese ai creditori privati internazionali, tra i quali emerge Blackrock come gruppo creditore maggiore.
Il debito sovrano argentino, dopo che il Paese ritrovò accesso ai mercati finanziari internazionali nel 2016, è stato sottoscritto da investitori internazionali ad un tasso di interesse molto alto che sarebbe stato sostenibile solo a fronte di un elevato tasso di crescita.
Attualmente il tasso di interesse medio è di circa il 7%, un livello che riflette, quindi, condizioni di debito non più ragionevoli di fronte al prevalere di tassi vicini allo zero sui mercati internazionali e che soprattutto rende il debito chiaramente insostenibile di fronte alla crisi del Covid- 19 che l’Argentina deve affrontare sul piano sanitario sia sul piano dell’economia.
L’insostenibilità del debito argentino è stata già dichiarata in febbraio dal FMI e quindi si pone la necessità di una sua rinegoziazione.
La proposta del governo argentino è quella di rinegoziare le condizioni del debito in modo da portare il suo rendimento dal 7% al 2,3%, con un periodo iniziale di grazia e un taglio limitato al 5,4% dello stock del debito.
La proposta di ristrutturazione, costruita con l’ausilio dell’analisi tecnica del Fondo monetario, rappresenta quindi certamente un sacrificio per i creditori privati ma appare del tutto ragionevole in quanto è il massimo sostenibile dalle condizioni del Paese e può rappresentare una soluzione « win win » per entrambe le parti.
Si consideri anche che questa volta, a differenza del 2005, non sono coinvolti sottoscrittori retail del debito, cioè piccoli risparmiatori non consapevoli del rischio posto da un debito emesso con rendimenti così alti.
La mobilitazione della comunità internazionale degli economisti muove non solo dal senso di solidarietà verso il popolo argentino che versa in condizioni molto difficili ma dalla consapevolezza che si tratta di un test di portata più generale sulla capacità della comunità finanziaria internazionale di gestire ragionevolmente situazioni di stress che sono destinate a non restare isolate nel mondo come eredità della pandemia.
Ciò significa che un nuovo default argentino, a causa di una ristrutturazione del suo debito a condizioni non sostenibili, significherebbe aumentare il pericolo di un’onda lunga di possibili default di Paesi in via di sviluppo o emergenti che avrebbe conseguenze pesanti sui mercati finanziari globali.
Sarebbe un comportamento poco saggio e, poiché il termine per la conclusione del negoziato è attualmente fissato al 2 giugno, il messaggio lanciato dagli economisti sottoscrittori dell’appello dovrebbe essere preso in seria considerazione da tutta la comunità internazionale.