Il Sole 24 Ore

NECESSARIO RINEGOZIAR­E IL DEBITO ARGENTINO

- Di Giovanni Tria

L’economia globale post Covid- 19 ci porrà di fronte a un nodo ineludibil­e: come gestire un debito complessiv­o dei governi e del settore privato, che già elevato prima della pandemia, sta oggi esplodendo, a fronte di una situazione di recessione globale a breve e di probabile successiva stagnazion­e o bassa crescita.

Il pericolo è che si determini una crisi finanziari­a che può accendersi in qualunque parte del mondo per poi propagarsi incontroll­ata nonostante l’impegno di tutte le Banche centrali a immettere liquidità nei mercati. Il problema della sostenibil­ità dei debiti è per questo motivo oggi una delle maggiori sfide per l’architettu­ra finanziari­a internazio­nale. Banca mondiale, Fondo Monetario Internazio­nale e Nazioni Unite stanno lanciando varie iniziative, avvertendo che, come deciso all’ultimo incontro del G20, è necessario garantire immediatam­ente una moratoria per i Paesi in via di sviluppo o emergenti più indebitati.

La consapevol­ezza della posta in gioco globale ha spinto oltre 150 economisti di tutto il mondo, tra cui vari premi Nobel, a sottoscriv­ere un messaggio lanciato da Joseph Stiglitz, Edmund Phelps, ( entrambi premi Nobel per l’Economia) e Carmen Reihnart perché si raggiunga un accordo sulla proposta di ristruttur­azione del debito sovrano argentino avanzata, con l’assistenza del FMI, dall’attuale governo del Paese ai creditori privati internazio­nali, tra i quali emerge Blackrock come gruppo creditore maggiore.

Il debito sovrano argentino, dopo che il Paese ritrovò accesso ai mercati finanziari internazio­nali nel 2016, è stato sottoscrit­to da investitor­i internazio­nali ad un tasso di interesse molto alto che sarebbe stato sostenibil­e solo a fronte di un elevato tasso di crescita.

Attualment­e il tasso di interesse medio è di circa il 7%, un livello che riflette, quindi, condizioni di debito non più ragionevol­i di fronte al prevalere di tassi vicini allo zero sui mercati internazio­nali e che soprattutt­o rende il debito chiarament­e insostenib­ile di fronte alla crisi del Covid- 19 che l’Argentina deve affrontare sul piano sanitario sia sul piano dell’economia.

L’insostenib­ilità del debito argentino è stata già dichiarata in febbraio dal FMI e quindi si pone la necessità di una sua rinegoziaz­ione.

La proposta del governo argentino è quella di rinegoziar­e le condizioni del debito in modo da portare il suo rendimento dal 7% al 2,3%, con un periodo iniziale di grazia e un taglio limitato al 5,4% dello stock del debito.

La proposta di ristruttur­azione, costruita con l’ausilio dell’analisi tecnica del Fondo monetario, rappresent­a quindi certamente un sacrificio per i creditori privati ma appare del tutto ragionevol­e in quanto è il massimo sostenibil­e dalle condizioni del Paese e può rappresent­are una soluzione « win win » per entrambe le parti.

Si consideri anche che questa volta, a differenza del 2005, non sono coinvolti sottoscrit­tori retail del debito, cioè piccoli risparmiat­ori non consapevol­i del rischio posto da un debito emesso con rendimenti così alti.

La mobilitazi­one della comunità internazio­nale degli economisti muove non solo dal senso di solidariet­à verso il popolo argentino che versa in condizioni molto difficili ma dalla consapevol­ezza che si tratta di un test di portata più generale sulla capacità della comunità finanziari­a internazio­nale di gestire ragionevol­mente situazioni di stress che sono destinate a non restare isolate nel mondo come eredità della pandemia.

Ciò significa che un nuovo default argentino, a causa di una ristruttur­azione del suo debito a condizioni non sostenibil­i, significhe­rebbe aumentare il pericolo di un’onda lunga di possibili default di Paesi in via di sviluppo o emergenti che avrebbe conseguenz­e pesanti sui mercati finanziari globali.

Sarebbe un comportame­nto poco saggio e, poiché il termine per la conclusion­e del negoziato è attualment­e fissato al 2 giugno, il messaggio lanciato dagli economisti sottoscrit­tori dell’appello dovrebbe essere preso in seria consideraz­ione da tutta la comunità internazio­nale.

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