Ricerca hi tech, la sfida per la filiera è nella produzione di tessuti anti virus
Albini, Diesel, Marzotto, Pompea: le novità dalle aziende in prima linea sulle performance di protezione
In un momento storico in cui il Covid- 19 ha fatto segnare un “prima” e un “dopo” e ha trasformato in modo profondo anche le abitudini quotidiane, il tema della salute e della protezione degli individui da virus e batteri è balzato in cima alla lista delle priorità del tessile- moda italiano. Un settore che, secondo le ultime stime, potrebbe arrivare a perdere nove miliardi di euro in valore proprio a causa del Covid-19. Ma che, come ha dimostrato in passato, non si lascia intimorire dalle nuove sfide. Soprattutto se richiedono impegno in termini di creatività e innovazione.
Focus sul monte della filiera
Dovuta premessa è che non esiste una tecnologia scientificamente provata come anti Sars-Cov-2, il virus del Covid-19, ma indipendentemente da ciò sono diversi i brand che hanno annunciato prodotti realizzati con filati antibatterici o “schermature” per virus e microbi con il consumatore finale come intelocutore: Pompea, per esempio, lancia in questi giorni un kit di mascherine realizzate con il filato batteriostatico Q-Skin prodotto dall’italiana Fulgar; Diesel, invece, ha annunciato il debutto di Diesel Upfreshing, una capsule collection che, grazie a una tecnologia “Protection shield” aggiunge ai capi una barriera antimicrobica.
La vera partita, però, si gioca a monte della filiera. Dove le aziende hanno investito in questo segmento di tessuti “smart” sfruttando il periodo del lockdown per sperimentare formule inedite o trattamenti particolari che garantiscono una resistenza del tessuto ai batteri oppure ai virus.
Albini e la formula blocca virus
È il caso di diAlbini Albini Group che, già l’anno scorso, aveva attivato un think tank (Albini Next) per studiare l’applicazione delle più recenti tecnologie ai prodotti tessili. Il Covid-19, che ha colpito duramente la provincia di Bergamo - dove il gruppo specializzato in tessuti d’altagamma per la camiceria è stato fondato nel 1876 e conta quattro stabilimenti - ha accelerato il percorso di sperimentazione che ha portato al lancio di Viroformula. «Dalle nostre ricerche è nata una nuova categoria di tessuti - racconta l’ad, Fabio Tamburini - che garantisce elevate prestazioni in una nuovo segmento di performance che sarà sempre più importante. Abbiamo voluto andare oltre l’applicazione di un trattamento che uccide i virus, cercando di sviluppare un tessuto le cui caratteristiche potessero potenziare al massimo gli effetti del trattamento». Viroformula impiega la tecnologia Viroblock, ideata dal gruppo svizzeroHeiQ svizzero HeiQ (utilizzata anche da Pompea per il kit di mascherine), che «in pochi minuti» impedisce ai tessuti di diventare una superficie ospite per la diffusione di virus e batteri nocivi grazie a un sistema che blocca il virus esaurendo la membrana virale nel suo contenuto di colesterolo. Il trattamento, applicato al tessuto in fase di finissaggio, resiste a 30 lavaggi, ma da Albini stanno già pensando a come dare la possibilità al cliente finale di trattare il capo più volte. I primi ordini, intanto, sono già arrivati: «Alcune aziende del lusso che hanno convertito gli stabilimenti per produrre Dpi ci hanno chiesto questi tessuti, altri vogliono questi materiali per confezionare nuove divise “a prova di virus” per lo staff dei loro negozi», chiosa Tamburini.
Marzotto protegge la filiera
Tra le realtà made in Italy impegnate su questo fronte c’è anche Marzotto Group. «Durante la pandemia abbiamo cercato di capire come utilizzare il nostro know-how per creare un tessuto che potesse contribuire alla protezione sì, ma anche all’inibizione del virus», spiega Davide Favrin, ceo del gruppo. Anche Marzotto ha lavorato in partnership con una realtà europea: « Abbiamo stretto un accordo con la società svedese Polygiene, uno dei maggiori leader del settore biomedicale, per l’utilizzo del trattamento ViralOff che, applicato nella fase di finissaggio, riduce, in circa due ore, l’attività dei virus sui tessuti » . L’idea di Favrin è quella di «introdurre il trattamento sia sui tessuti per l’abbigliamento sia su quelli per l’arredo: siamo in fase di test » .
Le richieste, intanto, arrivano da più parti: « C’è interesse per questo tipo di prodotti, che saranno utili non solo a proteggere l’utente finale ma tutte le persone che, lavorando nella filiera tessile moda, maneggeranno il tessuto prima e il prodotto finito poi » , dice Favrin. Che sottolinea come le aziende debbano riflettere sull’ approccio « sempre più attento ai temi della salute, della sostenibilità e della qualità che i consumatori potranno avere in questa nuova fase culturale scaturita nel post pandemia e che spero premierà aziende capaci di coniugare qualità e innovazione come quelle del made in Italy » .