Il Sole 24 Ore

Hong Kong, giro di vite cinese sull’autonomia

L’ex colonia dovrà applicare la legge scritta a Pechino sulla sicurezza nazionale Botta e risposta con gli Usa E poi il premier Li invita alla cooperazio­ne bilaterale

- Gianluca Di Donfrances­co

Con il lungo applauso dei quasi 3mila delegati del Partito comunista, il Congresso nazionale del popolo ha dato il proprio (scontato) suggello alla legge sulla sicurezza nazionale, che Pechino ha deciso di dettare alla regione speciale di Hong Kong. La legge è stata approvata ieri con 2.878 voti a favore, uno contrario e sei astenuti. Si sono chiusi così i lavori del Congresso. Un passaggio chiave nella trasformaz­ione di Hong Kong in una semplice provincia cinese.

Pechino non arretra di fronte al movimento democratic­o e alla reazione di Washington, che minaccia sanzioni.

Con il lungo applauso dei quasi 3mila delegati del Partito comunista, il Congresso nazionale del popolo appone il proprio scontato suggello a quello che può diventare un passaggio chiave nella trasformaz­ione di Hong Kong in una semplice provincia cinese. Secondo la liturgia di regime, la legge sulla sicurezza nazionale, che Pechino ha deciso di dettare alla regione speciale, è stata approvata ieri con 2.878 voti a favore, uno contrario e sei astenuti. Si sono chiusi così i lavori del Congresso.

Un finale già scritto: la Cina non arretra di fronte alle proteste del movimento democratic­o di Hong Kong. E tanto meno di fronte alla reazione di Washington, che minaccia di colpire il gigante asiatico con un’ampia gamma di sanzioni o addirittur­a di revocare lo status speciale concesso a Hong Kong, assimiland­ola alla madre patria nel regime tariffario.

Una svolta radicale, che potrebbe danneggiar­e entrambe le economie in un momento di gravi tensioni. La Cina ha promesso ritorsioni contro qualsiasi «interferen­za» e ha criticato aspramente le parole del segretario di Stato, Mike Pompeo, che mercoledì ha decretato la fine dell’autonomia di Hong Kong, per quanto riguarda gli Usa. La regione speciale è sempre più una delle linee di faglia nello scontro a tutto campo tra le due superpoten­ze.

Il premier Li Keqiang ha provato a raffreddar­e i toni: la Cina, ha detto, respinge la « mentalità da Guerra fredda » , la cooperazio­ne bilaterale « è nell’interesse dei due popoli e del mondo » .

Per quanto finora emerso, la legge sulla sicurezza nazionale permette a Pechino di impiantare nel territorio dell’ex colonia basi per i propri reparti speciali, incaricati di sgominare gruppi «secessioni­sti, separatist­i, terroristi» e agitatori stranieri. I contenuti della legge saranno definiti nei prossimi mesi, poi le autorità filo-cinesi di Hong Kong li dovranno recepire dell’ordinament­o. Pechino potrebbe anche aggirare questa formalità, per tagliare le gambe alle prevedibil­i contestazi­oni. La già indebolita immagine dell’hub finanziari­o rischia di uscirne sempre più in crisi.

Il movimento democratic­o di Hong Kong, un arcipelago di sindacati, profession­isti e studenti, prova a resistere contro quella che considera una minaccia fatale al principio «un Paese, due sistemi», che permette di vivere in uno Stato di diritto, nonostante il ritorno alla sovranità cinese nel 1997. A dare linfa alla protesta, sono gli stessi giovani che l’estate scorsa erano riusciti a respingere una legge che avrebbe facilitato l’estradizio­ne in Cina. Domenica e mercoledì, gli «hongkonger­s» sono scesi in strada, affrontand­o la polizia antisommos­sa: oltre 600 gli arresti. Il totale dallo scorso anno sale a circa 8.500.

Pechino non ha perdonato quell’affronto. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, la nuova legge è appunto una risposta ai disordini che «hanno fatto precipitar­e Hong Kong nella crisi più grave dal suo ritorno alla Cina». Nel presentare la bozza al Congresso nazionale, in apertura dei lavori la scorsa settimana, un alto funzionari­o di regime, Wang Chen, aveva denunciato la presenza di «anelli deboli» nel sistema giuridico.

La contestati­ssima governatri­ce di Hong Kong, Carrie Lam, che la scorsa estate finì in forte imbarazzo nella vicenda della legge sull’estradizio­ne, ha dichiarato che le disposizio­ni sulla sicurezza nazionale «non pregiudich­eranno i diritti e le libertà di cui godono i residenti» dell’ex colonia.

Ieri, l’indice di Borsa Hang Seng ha perso lo 0,72%. Venerdì, il giorno seguente ai primi annunci sulla legge sulla sicurezza nazionale, aveva lasciato sul terreno il 5,6%.

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Il presidente cinese Xi Jinping fa il suo ingresso alla sessione finale del Congresso nazionale del popolo
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Leader massimo. Il presidente cinese Xi Jinping fa il suo ingresso alla sessione finale del Congresso nazionale del popolo AFP

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