Hong Kong, giro di vite cinese sull’autonomia
L’ex colonia dovrà applicare la legge scritta a Pechino sulla sicurezza nazionale Botta e risposta con gli Usa E poi il premier Li invita alla cooperazione bilaterale
Con il lungo applauso dei quasi 3mila delegati del Partito comunista, il Congresso nazionale del popolo ha dato il proprio (scontato) suggello alla legge sulla sicurezza nazionale, che Pechino ha deciso di dettare alla regione speciale di Hong Kong. La legge è stata approvata ieri con 2.878 voti a favore, uno contrario e sei astenuti. Si sono chiusi così i lavori del Congresso. Un passaggio chiave nella trasformazione di Hong Kong in una semplice provincia cinese.
Pechino non arretra di fronte al movimento democratico e alla reazione di Washington, che minaccia sanzioni.
Con il lungo applauso dei quasi 3mila delegati del Partito comunista, il Congresso nazionale del popolo appone il proprio scontato suggello a quello che può diventare un passaggio chiave nella trasformazione di Hong Kong in una semplice provincia cinese. Secondo la liturgia di regime, la legge sulla sicurezza nazionale, che Pechino ha deciso di dettare alla regione speciale, è stata approvata ieri con 2.878 voti a favore, uno contrario e sei astenuti. Si sono chiusi così i lavori del Congresso.
Un finale già scritto: la Cina non arretra di fronte alle proteste del movimento democratico di Hong Kong. E tanto meno di fronte alla reazione di Washington, che minaccia di colpire il gigante asiatico con un’ampia gamma di sanzioni o addirittura di revocare lo status speciale concesso a Hong Kong, assimilandola alla madre patria nel regime tariffario.
Una svolta radicale, che potrebbe danneggiare entrambe le economie in un momento di gravi tensioni. La Cina ha promesso ritorsioni contro qualsiasi «interferenza» e ha criticato aspramente le parole del segretario di Stato, Mike Pompeo, che mercoledì ha decretato la fine dell’autonomia di Hong Kong, per quanto riguarda gli Usa. La regione speciale è sempre più una delle linee di faglia nello scontro a tutto campo tra le due superpotenze.
Il premier Li Keqiang ha provato a raffreddare i toni: la Cina, ha detto, respinge la « mentalità da Guerra fredda » , la cooperazione bilaterale « è nell’interesse dei due popoli e del mondo » .
Per quanto finora emerso, la legge sulla sicurezza nazionale permette a Pechino di impiantare nel territorio dell’ex colonia basi per i propri reparti speciali, incaricati di sgominare gruppi «secessionisti, separatisti, terroristi» e agitatori stranieri. I contenuti della legge saranno definiti nei prossimi mesi, poi le autorità filo-cinesi di Hong Kong li dovranno recepire dell’ordinamento. Pechino potrebbe anche aggirare questa formalità, per tagliare le gambe alle prevedibili contestazioni. La già indebolita immagine dell’hub finanziario rischia di uscirne sempre più in crisi.
Il movimento democratico di Hong Kong, un arcipelago di sindacati, professionisti e studenti, prova a resistere contro quella che considera una minaccia fatale al principio «un Paese, due sistemi», che permette di vivere in uno Stato di diritto, nonostante il ritorno alla sovranità cinese nel 1997. A dare linfa alla protesta, sono gli stessi giovani che l’estate scorsa erano riusciti a respingere una legge che avrebbe facilitato l’estradizione in Cina. Domenica e mercoledì, gli «hongkongers» sono scesi in strada, affrontando la polizia antisommossa: oltre 600 gli arresti. Il totale dallo scorso anno sale a circa 8.500.
Pechino non ha perdonato quell’affronto. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, la nuova legge è appunto una risposta ai disordini che «hanno fatto precipitare Hong Kong nella crisi più grave dal suo ritorno alla Cina». Nel presentare la bozza al Congresso nazionale, in apertura dei lavori la scorsa settimana, un alto funzionario di regime, Wang Chen, aveva denunciato la presenza di «anelli deboli» nel sistema giuridico.
La contestatissima governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, che la scorsa estate finì in forte imbarazzo nella vicenda della legge sull’estradizione, ha dichiarato che le disposizioni sulla sicurezza nazionale «non pregiudicheranno i diritti e le libertà di cui godono i residenti» dell’ex colonia.
Ieri, l’indice di Borsa Hang Seng ha perso lo 0,72%. Venerdì, il giorno seguente ai primi annunci sulla legge sulla sicurezza nazionale, aveva lasciato sul terreno il 5,6%.