Il Sole 24 Ore

Dal Fondo sociale 55 miliardi in tre anni per giovani e lavoro

A Italia e Spagna la metà delle nuove risorse destinate ai fondi struttural­i

- Giuseppe Chiellino

Cinque miliardi subito, da spendere entro dicembre, e altri 50 disponibil­i da gennaio 2021, con il nuovo Quadro finanziari­o pluriennal­e (Qfp) e da spendere entro il 2022. Alla politica di coesione dell’Unione europea e al Fondo sociale viene affidato un ruolo cruciale nella risposta all’emergenza economica provocata dalla pandemia. La proposta inviata dalla Commission­e a Consiglio e Parlamento aggiunge 55 miliardi di risorse fresche ai fondi struttural­i. Saranno distribuit­i agli Stati membri e alle regioni in base alla variazione del Pil e della disoccupaz­ione. La metà di questi è destinata a Italia e Spagna. Nel Qfp questa posta è stata battezzata con l’acronimo REACT-EU ( Recovery Assistance for Cohesion and the Territorie­s of Europe) all’interno della politica di coesione, «che è stata la prima a reagire alla crisi» ha ricordato la commissari­a alle politiche regionali, Elisa Ferreira.

Intervento immediato

I primi cinque miliardi derivano da una correzione del Qfp attuale, 20142020, e sono una risposta immediata all’emergenza sociale, attraverso il fondo sociale e il fondo per le persone più svantaggia­te (Fead), con il duplice obiettivo di sostenere l’occupazion­e e favorire l’inclusione sociale, guardando a sei priorità: salvaguard­are i posti di lavoro anche con programmi di lavoro a breve termine e di autoimpieg­o; creare nuovi posti di lavoro soprattutt­o per chi è in condizioni di maggiore vulnerabil­ità; misure per l’occupazion­e giovanile; formazione; sviluppo delle competenze per la transizion­e verde e digitale; migliorare l’accesso ai servizi sociali e sanitari anche per i bambini.

L’attenzione alle fasce di popolazion­e più svantaggia­te, più volte sottolinea­ta ieri in conferenza stampa ieri dal commissari­o all’occupazion­e e ai diritti sociali, Nicolas Schmid, trova conferma nell’invito della Commission­e agli Stati membri di aumentare la dote del Fead che oggi ha a disposizio­ne 4,5 miliardi per garantire i bisogni di base di chi vive ai margini: cibo, assistenza e misure di inclusione. «Ci siamo resi conto che in molti Paesi ci sono bambini che quando non vanno a scuola non hanno da mangiare»,ha detto Schmid.

Il lungo termine

Dal 2021 saranno disponibil­i gli altri 50 miliardi che arriverann­o - se la proposta di Qfp 21-27 sarà approvata rapidament­e dal Consiglio - dal ricorso al debito. Gli Stati e le regioni potranno spendere queste risorse sulla base delle regole e dei programmi attuali, compresa l’ampia flessibili­tà tra fondi e regioni, con alcune modifiche importanti che riguardano l’intero periodo di programmaz­ione. 1) Almeno il 15% (14,6 miliardi) dovrà essere destinato ai giovani, in formazione, tirocini e sostegno all’occupazion­e: «Non possiamo permetterc­i di avere una generazion­e che rischia di non essere profession­almente qualificat­a», ha detto Schmid. 2) Attenzione ai più piccoli: al contrasto della povertà infantile è destinato almeno il 5% del fondo, 4,9 miliardi di euro.

La transizion­e verde e la transizion­e digitale dovranno guidare le politiche di formazione e acquisizio­ne delle competenze.

Uno schema complesso

Non sarà facilissim­o gestire la macchina che si sta mettendo in moto.I fondi dalla Ue arriverann­o alle regioni che dovranno essere in grado di utilizzarl­i in tempi rapidi e in modo efficace. Una sfida, questa, con cui l’Italia più di altri Paesi dovrà misurarsi, tenendo conto della complessit­à di strumenti e periodi di programmaz­ione che si sovrappong­ono e si intersecan­o. Per non parlare della “concorrenz­a” con le altre abbondanti risorse europee che arriverann­o dall’attivazion­e del Recovery Fund. «Ci sarà una competizio­ne tra i vari strumenti. Il rischio è che i governi si concentrin­o su quello più flessibile e più agevole da utilizzare», prevede un alto funzionari­o europeo.

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