Tensioni Usa-Cina, Trump scende in campo a favore di Hong Kong
La risposta di Trump al giro di vite contro l’ex colonia britannica «tradita da Pechino» Avviato il processo per eliminare le esenzioni commerciali. Gli Usa annunciano il ritiro dall’Oms
Trump annuncia l’annullamento dello status speciale di Hong Kong e sanzioni contro i funzionari locali responsabili della repressione cinese. L’accusa a Pechino è di aver trasformato la formula “un Paese due sistemi” in “un Paese un sistema”.
«La Cina non ha mantenuto le promesse di autonomia su Hong Kong», tuona Donald Trump dal giardino della Casa Bianca. «La formula “un Paese, due sistemi” è stata trasformata da Pechino in “un Paese, un sistema”. Ho avviato le procedure per cancellare lo status speciale di Hong Kong», ha detto il presidente americano. Lo status economico speciale previsto finora dalla legislazione americana permetteva rapporti economici privilegiati all’ex colonia britannica rispetto alla Cina Mainland. Trump ha annunciato anche sanzioni contro i funzionari di Hong Kong che hanno consentito la repressione cinese. Il presidente ha rinnovato le accuse contro Pechino per il Covid19 e sull’Oms per i ritardi nella decisione di dichiarare la pandemia: «Ho deciso di sospendere le relazioni con l’Oms. Tutti i finanziamenti verranno destinati ad altre organizzazioni sanitarie».
Muro anti-cinese anche sulla ricerca. «La Cina per anni ha rubato i segreti tecnologici americani. Emetterò una direttiva per rendere sicura la ricerca nelle università americane». La Casa Bianca intende cancellare i visti ai ricercatori e gli studenti cinesi che hanno legami con l’esercito cinese. Sui mercati finanziari il presidente ha ricordato di aver avviato un gruppo di lavoro per valutare se le aziende cinesi quotate a Wall Street non rispettano le regole del mercato e sono condizionate o guidate da Pechino. Il passo successivo, una volta provata la presenza del governo nel capitale delle società cinesi, è il delisting, con conseguenze che non piaceranno ai mercati finanziari né agli investitori.
Trump ha mantenuto la promessa di una «risposta forte» contro la legge sulla sicurezza nazionale che imbavaglia i manifestanti di Hong Kong.
I mercati europei hanno chiuso la settimana con una giornata negativa in attesa dell’annuncio di Trump contro la Cina. A Wall Street il Dow ha perso oltre 250 punti prima delle parole del presidente. In chiusura i listini hanno ridotto le perdite e chiuso in territorio misto, sul fatto che non salta l’accordo commerciale con la Cina.
Il governatore della Fed Jerome Powell durante un discorso alla Princeton University ha parlato della crisi economica causata dal coronavirus: «Una seconda ondata di contagi avrebbe un effetto negativo sulla fiducia dei mercati». I tassi negativi «non sono compatibili» con la struttura finanziaria americana. E le misure non convenzionali, come gli aiuti straordinari decisi dalla Fed a Main Street, «sono diventate misure convenzionali».
Al vertice G-7, che si svolgerà con elevata probabilità a Washington a fine giugno con la presenza dei leader dei sette Grandi, Trump annuncerà la nascita di un’alleanza per il 5G che escluda Huawei: si chiamerà D10 e sarà un “club di dieci partner democratici” per sviluppare proprie tecnologie e ridurre la dipendenza tecnologica dal colosso delle tlc, che comprenderà Gran Bretagna, Australia, Corea del Sud e India finora. La proposta è stata suggerita a Trump ieri in una telefonata dal primo ministro inglese Boris Johnson che dopo la Brexit cerca il rilancio della “special relationship” per un nuovo accordo commerciale.
Su Taiwan, un altro dei capitoli della politica americana per indebolire Pechino, c’è stato un aumento delle tensioni con l’inizio del secondo mandato di Tsai Ing-wen alla guida dell’isola-Stato che Pechino considera una sua provincia. Tsai, che è al potere dal 2016 con il Partito democratico progressista, ha adottato politiche economiche orientate a ridurre l’influenza cinese, a favore dei legami con gli Usa e rivendica l’autonomia. Pompeo nel messaggio di auguri ha chiamato Tsai “presidente”, quando Pechino si limita per lei alla qualifica di “leader regionale”. Come rappresaglia economica Washington la scorsa settimana ha accolto a braccia aperte Taiwan Seminconductor Manufacturing, leader mondiale nei semiconduttori, che aprirà una grande fabbrica in Arizona. Il sostegno americano è anche militare: nel 2019 gli Stati Uniti hanno venduto armamenti a Taiwan per oltre 10 miliardi.
Pechino ha aperto le ostilità contro Taiwan minacciando l’intervento militare. Ieri il generale Li Zuocheng, capo delle forze armate cinesi parlando alla Grande Sala del Popolo a Pechino in occasione del 15esimo anniversario della legge anti-secessione ha detto che «la Cina attaccherà Taiwan se non ci saranno altri modi di impedirne l'indipendenza». Il governo di Taiwan ha condannato le parole del capo militare cinese dicendo «che le minacce di guerra sono una violazione delle leggi internazionali» e ha ribadito che Taiwan non farà mai parte della Cina. «La gente di Taiwan non sceglierà mai di sottostare a una dittatura».
‘‘ Così passa in secondo piano la rinuncia epocale a indicare il target di crescita