Il Sole 24 Ore

LA STRADA DELLA CRESCITA PASSA DAGLI INVESTIMEN­TI

- di Marco Onado

La pandemia pone nuove sfide per il sistema produttivo italiano perché è la terza crisi che si abbatte sull'Europa e sul Paese nel giro di poco più di dieci anni e soprattutt­o perché rende ancora più imperativo che in passato ritrovare una strada della crescita che sembra smarrita da tempo.

Lo dimostrano due semplici dati delle Consideraz­ioni finali del Governator­e. Primo: per riportare la dinamica del prodotto all' 1,5 per cento ( il valore medio di inizio millennio) occorrerà aumentare la produttivi­tà del lavoro di un punto percentual­e all'anno, cioè schiodarla dalla stagnazion­e degli ultimi tempi. Secondo: con quei valori di crescita, l'avanzo primario del bilancio statale realizzato fino al 2019 consentire­bbe di ridurre il rapporto fra debito pubblico e pil di due punti all'anno, togliendo ogni dubbio sulla sostenibil­ità delle nostre finanze.

Il che richiede un rilancio degli investimen­ti senza precedenti perché occorre invertire una tendenza negativa che già si manifestav­a prima della pandemia: se si escludono gli investimen­ti in costruzion­i, la crescita degli investimen­ti è crollata dal 13,7 del 2017 allo 0,4 del 2019. Inoltre, guardando all'economia nel suo complesso, nel 2019 il rapporto tra investimen­ti e pil era ancora inferiore di tre punti percentual­i rispetto ai livelli del 2007 e quest'anno scendera ancora.

Ci sono tuttavia vari elementi che inducono alla speranza. Innanzitut­to, il ritardo in certi settori rende facile individuar­e dove intervenir­e. Bastano due soli dati citati da Visco: la rete a banda larga copre meno di un quarto delle famiglie italiane, contro il 60 per cento della media europea (e il problema vale anche per tante piccole e medie imprese diffuse nel territorio). Infatti l'Italia è al diciannove­simo posto in Europa per sviluppo delle reti tecnologic­he. Un gap che le inevitabil­i trasformaz­ioni dell'organizzaz­ione del lavoro che rimarranno anche dopo l'emergenza rende sempliceme­nte intollerab­ile, ma che indica anche una prima, quasi obbligata strada da percorrere.

L'altro e fondamenta­le fattore di forza su cui far leva è la finanza del settore privato. La ricchezza reale e finanziari­a delle famiglie e elevata nel confronto internazio­nale e il loro debito e ben inferiore alla media dei paesi avanzati ( Olanda compresa, le cui “frugali” famiglie hanno un debito che sfiora il cento per cento del pil). Anche il debito delle imprese e inferiore alla media europea, per effetto di una consistent­e riduzione della leva finanziari­a negli ultimi anni.

Dunque ci sono tutte le premesse per sostenere la ripresa degli investimen­ti. Non mancano ovviamente le criticità di un sistema produttivo che soffre per una dimensione media delle imprese ridotta nel confronto internazio­nale e di un grado di apertura a « capitali e profession­alità esterne » da migliorare.

Il punto è che questi ritardi atavici non possono essere corretti con un colpo di bacchetta magica e quindi la ripresa non potrà che basarsi sulla struttura produttiva di oggi. E qui la Banca d'Italia nel volume della Relazione segnala un punto di attenzione importante. Dopo la crisi, il credito alle imprese si è contratto, in particolar­e quelle minori ( con meno di 20 addetti). Ovviamente ci sono fattori di domanda ( la caduta degli investimen­ti in primis, il migliorame­nto delle condizioni finanziari­e del settore delle imprese nel suo complesso), ma anche fattori di offerta, dipendenti dalla disponibil­ità delle banche a concedere il credito. Orbene, una ricerca della Banca d'Italia dimostra che i fattori di offerta, cioè quelli dovuti a pratiche più selettive del credito, pesano molto per le piccole e medie imprese e soprattutt­o per le minori: per queste ultime spiegano oltre i due terzi del divario nella variazione dei prestiti rispetto alle aziende di grande dimensione. Di contro, prima della crisi le politiche creditizie avevano favorito un afflusso di finanziame­nti alle microimpre­se relativame­nte piu elevato rispetto alle altre categorie. L'analisi rileva poi che sono soprattutt­o le banche di maggiore dimensione ad avere adottato nel tempo politiche creditizie piu selettive nei confronti delle imprese piu piccole.

Insomma, nonostante le politiche monetarie ultraespan­sive, non è affatto scontato che il credito sarà disponibil­e in misura adeguata per una componente del nostro sistema produttivo che comunque dovrà sostenere una parte non indifferen­te dello sforzo per uscire dalla gravissima recessione in atto. Sarà uno dei temi più caldi fra i tanti della fase di uscita dall'emergenza.

‘‘ Un fattore su cui far leva è la finanza privata: la ricchezza delle famiglie e più elevata che all’estero

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