DEBITO E DISEGUAGLIANZA, LE DUE SFIDE DA VINCERE
Ignazio Visco non poteva essere più chiaro: « (...) perchè una cosa è sicura: finita la pandemia, avremo livelli di debito pubblico e privato molto più alti e un aumento delle diseguaglianze, non solo economiche».Ecco economiche » . Ecco indicate le due grandi sfide per l’Italia.
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Se si vuole che la gestione della attuale recessione diventi un momento unico per il rilancio del Paese, e non l’ennesima grande occasione sprecata. Partendo da un fatto: in una fase recessiva eccezionale come quella che stiamo vivendo i governi nazionali dell’Unione europea - a partire da quello di Roma - devono smetterla di attribuire strumentalmente alla politica monetaria virtù cardinali o vizi capitali - a seconda che le cose vadano bene o male. Perchè l’azione economica fondamentale è quella fiscale: dalle scelte sulla spesa pubblica, sulla tassazione, quindi sul debito dipende il come e quando si uscirà dalla crisi pandemica.
La recessione pandemica è speciale perchè è il risultato di un mix speciale: un shock sanitario che si intreccia con le politiche di contenimento che esso richiede. Ma le politiche di contenimento producono effetti negativi sia sulla offerta che sulla domanda aggregata di beni e servizi; a catena i danni economici che colpiscono famiglie ed imprese si riflettono sui conti bancari e finanziari. Non basta: famiglie ed imprese vengon colpite in modo diseguale. La recessione pandemica può essere un potente detonatore di diseguaglianze.
Quindi i governi nazionali hanno dovuto mettere in campo le politiche fiscali. Le Considerazioni Finali descrivono in modo puntuale l’azione del governo italiano. Il governatore ha sottolineato in generale la reazione dei governi sia stata rapida e consistente, con interventi che fin da aprile sono stati in media tra i sei ed i due punti percentuali del prodotto nazionale, per poi salire ulteriormente. Si noti come tale reazione rappresenti una bella differenza con quello che accadde allo scoppiare della Grande Crisi Finanziaria del 2008, complice anche la diversa natura e percezione politica delle due crisi: è più facile creare disavanzo per sussidiare lavori ed imprese, piuttosto che - come si diceva allora - per salvare banche.
Ma anche la politica fiscale e del debito pubblico deve essere ben disegnata, per contribuire al doppio obiettivo di aumentare la crescita e ridurre le diseguaglianze. Il governatore ha riassunto quelli che sono i percorsi virtuosi, tra loro intrecciati: ricomposizione del bilancio pubblico a favore degli interventi in cui efficienza fa rima con efficacia, lotta all’evasione fiscale, uso pragmatico ed accordo dei fondi europei, riduzione del premio per il rischio sui nostri titoli di Stato. Crescita economica e conti pubblici in ordine possono procedere mano nella mano. L’aritmetica della Banca d’Italia ci dice che con un tasso di crescita dell'economia italiana compreso tra l'uno ed il due per cento, e con una riduzione dello spread coerente con i nostri fondamentali, un avanzo primario dell'ordine del 1.5 percento del prodotto nazionale – che è il nostro risultato degli ultimi sei anni – sarebbe sufficiente per ridurre il peso del debito sul prodotto di circa due punti percentuali all'anno. Quindi - suggerisce Visco - l’analisi economica ci dice che un circolo virtuoso tra crescita e politiche di bilancio è possibile, se solo si ha la volontà politica di attivarlo.
Al crescere del profilo della politica fiscale e del debito aumenterebbe anche l’efficacia dell’ azione di politica monetaria, puntualmente ricordata nelle parole del governatore. Ignazio Visco ha descritto una politica monetaria della Bce - alla cui definizione contribuisce anche la Banca d'Italia - che è stata tempestiva nei tempi, eccezionale nei modi e credibile sui mercati, visto che evitare la spirale tra recessione e deflazione è coerenza con il suo mandato.
Ma per sua natura una politica monetaria eccezionale non può che essere temporanea. Altrimenti più il tempo passa più è la stessa politica monetaria che rischia di avere anche essa effetti redistributivi, inclusi quelli non voluti e non attesi. Il risultato finale, effettivo o percepito, può essere di nuovo il rischio di un aumento delle diseguaglianze, a sua volta miccia di ostilità e tensioni. L’effetto redistributivo è il tallone di Achille delle politiche non convenzionali che la Bce sta mettendo in campo. Quanto più gli effetti redistributivi sono politicamente rilevanti, tanto più l'azione di politica monetaria può trovare ostacoli, che ne minano l'efficacia, quindi accentuando la vulnerabilità di chi tale azione mette in campo. L’esempio più recente lo abbiamo avuto pochi giorni fa, con la sentenza della Corte costituzionale tedesca sulla azione della Bce. Il monito vale anche per la politica fiscale italiana. Debito e redistribuzione possono essere utili leve o pesanti zavorre per la crescita del Paese. Le parole del governatore Visco sono state nitide. Se si ha voglia di ascoltarle.
L’azione economica fondamentale è quella fiscale: dalle scelte fatte dipende come e quando si uscirà dalla crisi