Istat: -5,4% la crescita del primo trimestre Mai così male dal ’95
Rivista al ribasso la stima preliminare. Il dato congiunturale segna -5,3% Mai così male dal ’95. Hanno pesato il calo della domanda interna e delle ore lavorate
Istat lo aveva messo in chiaro a fine aprile che quelle stime preliminari sul Pil del primo trimestre sarebbero state oggetto di una revisione. La quarantena generalizzata imposta su oltre il 48% delle attività produttive per evitare il diffondersi dei contagi ha praticamente bloccato il flusso di una serie di dati, soprattutto nel settore dei servizi. E ieri, con il nuovo quadro più completo dei conti, è arrivata l’amara conferma: una correzione al ribasso di sei decimali che porta la variazione in negativo del Pil dal 4,7% al 5,3%, in termini congiunturali. Una correzione di quasi uguale portata ma di senso opposto l’ha fatta ieri anche l’Istituto statistico francese, che ha ridotto il crollo dal -5,8% - 5,8% indicato un mese fa al -5,4% attuale. Un allineamento che nel nostro caso si traduce in una variazione acquista per l’anno pari a -5,5% rispetto a un tendenziale che ora segna - 5,4% ( contro il - 4,8% di un mese fa).
La nuova stima dei conti economici trimestrali conferma in termini statistici la portata eccezionale della crisi. Per incontrare una variazione del Prodotto di questa scala bisogna risalire al primo trimestre del 1995. Un anno particolare: il 17 marzo lo spread Btp-Bund superò allora di slancio i 660 punti base e la lira, da tre anni fuori dallo Sme, era scesa a 1.274 sul marco. Ieri, per dare un altro riferimento puntuale sull’anormalità della situazione (e sulle conseguente difficoltà di analisi statistica della congiuntura) dal Regno Unito è arrivata una correzione sulla produzione di automobili nel mese di aprile: dal -92,3% preliminare si è passati all’attuale - 99,7%.
A trascinare la caduta del Pil italiano nei primi novanta giorni - annota Istat nel comunicato di ieri – è stata soprattutto la domanda interna ( incluse le scorte), mentre quella estera, anch’essa in calo, ha fornito un contributo negativo meno marcato (-0,8 punti percentuali). Sul piano interno, l’apporto dei consumi privati è stato negativo per 4 punti e quello degli investimenti per 1,5 punti, mentre un ampio contributo positivo (+ 1 punto percentuale) è venuto dalla variazione delle scorte. Un dato quest’ultimo che non potrà controbilanciare la prossima caduta, attesa ancor più profonda, del secondo trimestre, colpito in pieno dal lockdown, con cali già registrati pari all’80% del traffico aereo e del 50% del traffico autostradale nel solo mese di maggio.
Tra gennaio e marzo alla contrazione dell’attività produttiva ha corrisposto una decisa riduzione dell’input di lavoro in termini sia di ore lavorate sia di Unità di lavoro equivalenti, mentre le posizioni lavorative hanno registrato una sostanziale stabilità. In particolare le ore lavorate hanno registrato una diminuzione del 4,4%, mentre le unità di lavoro sono diminuite in totale del 5,2% per effetto di un calo generalizzato in tutti i comparti. Dal lato della domanda le esportazioni di beni e servizi sono diminuite in termini congiunturali dell’8%, gli investimenti fissi lordi dell’ 8,1% mentre i consumi finali nazionali hanno registrato un calo del 5,1%. Giù anche le importazioni (-6,2%). La gelata degli investimenti è stata particolarmente forte nel settore dei trasporti (-21.5%), e nelle spese per impianti, macchinari e armamenti (-12,4%) mentre la spesa delle famiglie è arretrata del 7,5% (ma con un -17,5% per gli acquisti di beni durevoli). Sul lato dell’offerta, invece, il valore aggiunto ha perso l’8,6% nell'industria in senso stretto e il 9,3% nei settori del commercio, della riparazione di veicoli, del trasporto, magazzinaggio, alloggio e ristorazione.
Guardando agli altri paesi, in termini tendenziali il nostro -5,4% si confronta con il + 0,3% degli Stati Uniti, il - 2,3% della Germania. il - 5,4% della Francia. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area Euro è diminuito del 3,8% rispetto al trimestre precedente e del 3,2% nel confronto con il primo trimestre del 2019.
Crollo analogo in Francia, mentre la Germania limita i danni con un tendenziale del -2,3%
In calo anche la domanda estera, ma con un contributo negativo limitato a 0,8 punti percentuali