Non escluso il rischio di nuovi salvataggi per le banche
Con la crisi nuova ondata di Npl: Bankitalia non esclude la necessità di altri interventi dello Stato Indagine della Vigilanza su 120 istituti: fusioni (oppure alleanze) necessarie per sopravvivere
La mina dei crediti deteriorati che il Coronavirus ha innescato è destinata inevitabilmente a esplodere, manifestandosi così sui conti delle banche. Anche per questo motivo bisogna tenersi pronti a ogni evenienza, incluso il ricorso allo strumento delle ricapitalizzazioni precauzionali. Il Governatore Ignazio Visco lo dice a chiare lettere nelle sue considerazioni finali. «Nel medio periodo, malgrado i progressi conseguiti negli ultimi anni, la profondità della recessione non potrà non avere effetti sui bilanci bancari», spiega Visco davanti alla mini platea di banchieri e politici che lo ascoltano a Palazzo Koch.
Dopo il lavoro di pulizia dei crediti deteriorati fatto negli ultimi anni, che ha permesso di ridurre di due terzi in quattro anni l’ammontare degli Npl, il comparto bancario deve insomma allacciarsi le cinture di sicurezza e prepararsi a una nuova ondata di accantonamenti che è destinata a erodere redditività e, in alcuni casi, il capitale stesso. L’aumento dei crediti deteriorati andrà allora «affrontato per tempo, facendo ricorso a tutti i possibili strumenti», a partire dalla «ristrutturazione dei finanziamenti e la loro vendita sul mercato». Ma qualora si rivelasse necessario, sottolinea il Governatore, «si dovrà essere pronti a percorrere soluzioni che salvaguardino la stabilità del sistema», valutando anche il ricorso a strumenti che agiscano «in via preventiva» per banche che versino in una situazione di «serie, anche se presumibilmente temporanee, difficoltà». Un richiamo neppure troppo velato alle ricapitalizzazioni precauzionali previste dalla direttiva bancaria Brrd e già sperimentate nel caso Mps, che ha visto l’ingresso dello Stato nel capitale.
Il tema, va detto, è più prospettico. Perché gli effetti della pandemia si manifesteranno ragionevolmente in tutta la loro magnitudo a partire dai prossimi trimestri, e in particolare il prossimo anno, quando inizieranno a scadere le moratorie sui crediti che nel frattempo sono state messe in atto. La notizia positiva, in questo senso, è che le banche italiane oggi sono ben più solide del passato, e quindi presentano una maggiore resistenza all’urto. Il rapporto tra il capitale di qualità primaria (Cet 1) e l’attivo ponderato per i rischi è aumentato dal 7,1% del 2007 al 13,9% dello scorso dicembre: di fatto è come avessero raddoppiato la loro “massa muscolare” nel giro di oltre un decennio.
La notizia negativa, tuttavia, è che non tutte le banche sono ugualmente solide. Il collasso dell’attività produttiva rischia così di aggravare i problemi di «alcuni intermediari non dotati di ampie riserve patrimoniali», in particolare banche di «piccole dimensioni e con modelli di attività tradizionali», evidenzia il Governatore. Il radar di Bankitalia è orientato sugli istituti minori, insomma, che già oggi mostrano segnali di fragilità e che domani potrebbero avere la necessità di un supporto esterno.
Si vedrà. Di certo Visco ribadisce l’importanza dell’integrazione sul fronte delle Bcc, con la creazione dei gruppi di banche di credito cooperativo avvenuta lo scorso anno, Bcc che «possono oggi fronteggiare la sfida della recessione beneficiando dei vantaggi dell’integrazione». Ma è anche vero che, in prospettiva, servirà trovare soluzioni anche operative che permettano di migliorare l’efficienza degli istituti. La crisi sanitaria ha reso ad esempio più evidenti i vantaggi legati alle nuove tecnologie, su cui servirà «un’accelerazione degli investimenti» con il conseguimento delle «opportune economie di scala», investimenti che possono essere effettuati a «costi più contenuti e con maggiori benefici» rispetto al passato.
Sul tema Bankitalia interviene con un focus specifico contenuto nella Relazione annuale. Il documento, che anticipa gli esiti di un’analisi effettuata su un campione di 120 banche italiane nel periodo 2006-2017, evidenzia infatti che i costi marginali dei servizi altamente standardizzati per i quali è rilevante l’impiego delle nuove tecnologie – si pensi ai servizi di pagamento e i depositi – diminuiscono al crescere dei volumi. Un po’ come dire che, complice il peso crescente della tecnologia, mai come oggi il consolidamento tra banche (da realizzare anche con partnership) può rivelarsi proficuo. Se è vero che in passato l’esistenza di risparmi sui costi legati all’incremento della dimensione era stata documentata entro una certa soglia di attività (oltre la quale si generano diseconomie di scala), oggi questa soglia si sta innalzando. Si pensi ad esempio alle tecnologie digitali alla produzione e alla distribuzione dei servizi bancari che, spiega la Vigilanza, hanno determinato «notevoli cambiamenti nella struttura dei costi degli intermediari» e potrebbe avere introdotto nell’industria «sostanziali economie di scala e di diversificazione». Non solo: il costo della compliance continua ad aumentare, e ciò richiama investimenti crescenti. D’altra parte, gli investimenti in tecnologia (si pensi al roboadvisory) possono generare economie di scala crescenti anche sui ricavi. Un modo per dire che per le banche, oggi, c’è ancora più convenienza a mettersi insieme, in particolare per la banche di piccola e media dimensione.