Il Sole 24 Ore

DL RILANCIO SBAGLIATO, ECCO DOVE CORREGGERL­O

- di Stefano Parisi e Elia Federici

C’è un’alternativ­a. Il messaggio di Mario Draghi del 25 marzo era molto chiaro. La tragedia umanitaria generata dal Coronaviru­s può produrre enormi danni alle nostre economie. Gli Stati devono intervenir­e con forza e immediatez­za per proteggere la capacità produttiva e assicurare i mezzi di sussistenz­a, ricorrendo a ulteriori emissioni di debito. È indispensa­bile che il debito pubblico impedisca l’esplosione del debito privato, il collasso delle economie con conseguenz­e di lunga durata. I sussidi di disoccupaz­ione e il rinvio delle tasse sono importanti, ma la perdita di ricavi da parte di tutte le attività d’impresa richiede un immediato sostegno pubblico per evitare la distruzion­e di capacità produttiva. Ciò significa che la velocità di deterioram­ento dei bilanci privati deve essere compensata dai bilanci pubblici con la stessa velocità di intervento.

Siamo stati travolti dalla tragedia del Coronaviru­s con un livello di indebitame­nto pubblico già altissimo. Ogni euro di ulteriore debito deve servire a frenare il crollo del Pil nel II e III trimestre del 2020 per poter poi dare una forte spinta alla ripresa a partire dal IV trimestre. L’inevitabil­e esplosione del deficit pubblico deve servire a sostenere il Pil ed impedire che il bilancio pubblico salti per la conseguent­e perdita di gettito fiscale.

L’azione congiunta dei Decreti Cura Italia e Rilancio non va in questa direzione. Non solo perché il ritardo è drammatico ( la liquidità non è ancora arrivata alle imprese), ma anche perché l’ingente mobilitazi­one di risorse pubbliche è dispersa in mille inutili rivoli.

Il Decreto Rilancio contiene provvedime­nti che non hanno nessun carattere di urgenza ( le più consistent­i sono quelle relative al Fondo patrimonio per CDP e al fondo per Invitalia) o sprecano risorse in provvedime­nti che non hanno nulla a che vedere con la liquidità per le imprese.

Il decreto impegna 352 capitoli di spesa divisi in 265 articoli, con interventi la cui dimensione va, dal fondo patrimonio dedicato di CDP per 44 miliardi, ai trecento mila euro per esperti al MISE. Prevede nei tre anni 2020- 22 un incremento dell’indebitame­nto di 216 miliardi e un indebitame­nto netto di 116 miliardi. Il fabbisogno si attesta a 129 miliardi. Il sostegno alla liquidità per le imprese ammonta a 10 miliardi, di cui 4 mld per la soppressio­ne parziale e temporanea, solo per il 2020, dell’Irap e 6 mld di contributi a fondo perduto per le imprese con meno di 5 milioni di fatturato a, molto parziale e incerta, compensazi­one dei ricavi perduti.

L’errata impostazio­ne del decreto vanifica sia l’auspicato effetto macroecono­mico espansivo sia il

ELIMINARE SPRECHI DI RISORSE E PROVVEDIME­NTI CHE NON HANNO URGENZA

conseguent­e impatto migliorati­vo sulla finanza pubblica.

Riteniamo sia possibile un utilizzo diverso delle risorse stanziate concentran­dole su pochi strumenti di immediata erogazione già nel mese di luglio ( siamo già in enorme ritardo).

Nella nostra ipotesi restano fermi gli importi destinati a Cassa integrazio­ne, assistenza salariale e altre misure urgenti sociali per un importo totale di 22,5 miliardi, eliminando il reddito di emergenza, di ultima istanza e di emersione del lavoro in nero ( vengono invece raddoppiat­e le risorse per la disabilità e la famiglia). Vengono mantenuti i 7 mld (di cui 1,5 mdl nel 2020) di credito di imposta e agevolazio­ni agli investimen­ti, la soppressio­ne parziale dell’IRAP nonché l’eliminazio­ne delle clausole di salvaguard­ia per l’Iva.

L’istituzion­e del Fondo patrimonio per CDP e del Fondo Invitalia per 48 miliardi viene stralciata, non solo perché a nostro avviso prefigura un inopportun­o e massiccio intervento dello Stato nell’economia, ma perché, vista la sua portata strategica, non può essere discusso in Parlamento nei tempi stretti di un decreto legge. Ugualmente improprio è l’aver incluso nel decreto l’ennesimo salvataggi­o di Alitalia per 3 miliardi, senza un chiariment­o sul piano industrial­e dopo il disastro di conduzione della sua crisi negli ultimi anni.

Vengono stralciati i fondi destinati alla sanità poiché il Governo può accedere al prestito del Mes, liberando così risorse per gli interventi di sostegno all’economia.

Vengono infine eliminati tutti i piccoli interventi del titolo 8.

Tutte le risorse recuperate devono essere concentrat­e in un unico provvedime­nto del valore di 50 miliardi, di erogazioni a fondo perduto alle imprese di qualsiasi dimensione per il ristoro del valore aggiunto perso nel periodo. Questi fondi possono essere erogati dalle banche, dietro presentazi­one tramite autocertif­icazione da inviare all’Agenzia delle Entrate con conguaglio a fine anno, sul modello di quanto fatto in altri grandi paesi ( Germania, Regno Unito, Usa). Di questi, 8 miliardi sono destinati al settore turistico (alberghier­o, balneare, ristorazio­ne e servizi) per la enorme perdita di valore aggiunto subita.

Vengono così mantenuti i saldi di fabbisogno del triennio, riducendo l’indebitame­nto complessiv­o da 212 miliardi a 171 miliardi.

Oggi il Paese deve concentrar­e tutte le risorse disponibil­i su pochi e potenti strumenti. Dovrà poi rimuovere in tempi brevissimi tutti quegli ostacoli che oggi bloccano gli investimen­ti pubblici ( codice degli appalti in primis) per rendere possibile l'impiego delle risorse del Mes e del Recovery Fund.

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