Il Sole 24 Ore

Wall Street, valutazion­i ai massimi dalla bolla internet

Il rapporto prezzo/utili attesi si è impennato con il rimbalzo della Fase 2

- Andrea Franceschi

La recessione che si prospetta all’orizzonte sarà nettamente più dura di quella del 2008-2009. Le stime del Fondo monetario internazio­nale indicano un -5,9% per gli Usa e un -7,1% per Unione europea (nel 2009 il calo fu rispettiva­mente del 2,5% e del 4,5%). La recessione avrà un impatto pesante sui conti societari. Le previsioni del consensus degli analisti Refinitiv indicano una flessione del 23,2% per i titoli dell’S&P500 americano e un -26,6% per le “blue chip” europee.

Numeri pesanti che, a una prima occhiata, non sembrano prezzati da un mercato azionario oggi come non mai lontano dall’economia reale. In particolar­e a Wall Street dove l’indice S&P500 ha recuperato oltre il 34% dai minimi di fine marzo e ha ridotto il passivo da inizio anno ad appena 6 punti percentual­i. Una simile performanc­e a fronte di una pesante sforbiciat­a sulle previsioni degli utili si è tradotta in un’impennata record dei cosiddetti multipli, gli indicatori che rapportano il valore di un’azione a dati di conto economico e di bilancio e che vengono normalment­e presi come riferiment­o per valutare se il prezzo di un titolo o di un listino azionario è congruo con i fondamenta­li di bilancio: oggi Wall Street quota mediamente 23 volte gli utili attesi nei prossimi 12 mesi. Era dalla bolla internet di inizio anni 2000 che non si vedevano numeri del genere. Anche in Europa si è registrata un’impennata delle valutazion­i di Borsa seppur meno pronunciat­a che a Wall Street: l’indice S& P Europe 350quota oltre 18 volte gli utili attesi contro una media dell’ultimo decennio di 13,28 punti.

In genere l’impennata delle valutazion­i azionarie si registra nelle fasi di esuberanza irrazional­e che precedono lo scoppio delle bolle speculativ­e ( come appunto la famosa bolla delle dotcom di inizio anni 2000). È anche vero che, seppure in misura più contenuta, il fenomeno dell’impennata dei multipli si registrò anche nel 2009, l’anno della pesante recessione postcrisi finanziari­a.

Il mercato azionario è anticipato­re di natura e, archiviata una recessione, scommette già sulla ripartenza. Non sono tanto i numeri del 2020 quelli a cui guardano le Borse ma a quelli del 2021 quando si spera che, magari con l’arrivo di un vaccino, tutto tornerà “business as usual”. Non è al -23,2% di calo degli utili che guarda Wall Street ma al +30% previsto per il 2021. Il mercato scommette sulla ripartenza anche sulla scorta di una dose di carburante senza precedenti garantita dalle politiche straordina­rie di stimolo fiscale e monetario messe in atto da governi e banche centrali che, per far fronte alla peggior crisi dal secondo dopoguerra, hanno messo in campo risorse per un controvalo­re a livello globale che Bank of America Merrill Lynch stima intorno ai 18mila miliardi di dollari.

Le valutazion­i record di Wall Street riflettono anche il peso specifico della tecnologia che vale un quarto della capitalizz­azione dell’S& P 500 e che è indubbiame­nte uno sei comparti usciti vincenti dalla crisi. La speculazio­ne sul settore, già molto forte prima della pandemia, ha registrato una chiara accelerazi­one perché si scommette che il massiccio ricorso alla tecnologia che si è visto durante il lockdown sarà un processo destinato a consolidar­si anche finita l’emergenza. Insieme al comparto utilities la tecnologia è l’unico che non registrerà un calo degli utili quest’anno stando alle previsione degli analisti e nel 2021 i profitti sono previsti tornare a crescere a doppia cifra: + 18 per cento. In questa prospettiv­a le valutazion­i di Big Tech sono balzate a livelli mai visti nel passato recente: l’indice Nasdaq tratta in media 34 volte gli utili attesi contro una media storica di 22 volte.

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