Il Sole 24 Ore

La guerra Trump-Twitter nell’inferno di Minneapoli­s

Il social media contro il tweet del presidente sugli scontri: inneggia alla violenza Arrestato l’agente di polizia che ha provocato la morte di George Floyd

- Marco Valsania

Il controvers­o tweet presidenzi­ale è arrivato puntuale, come ogni mattina. È parso suggerire, davanti ai gravi disordini esplosi a Minneapoli­s per l’uccisione da parte della polizia d’un afroameric­ano disarmato, che è lecito sparare sui dimostrant­i definiti come teppisti. Altrettant­o rapida è scattata la risposta di Twitter, che ha messo le parole del Commander in chief in “quarantena” citando violazioni delle norme contro la glorificaz­ione della violenza. E immancabil­e è scattata l’escalation delle tensioni, oltreché in strada, sulla piazza digitale.

Quello tra Casa Bianca e social media è uno scontro che promette di mettere in gioco regole, leggi e modelli di attività delle grandi piattaform­e online. Con un impatto anche sulla politica, dove i new media sono sempre più diventati un pilastro delle campagne elettorali.

Per l’America il nodo più drammatico da sciogliere resta quello di fare i conti con lo spettro del razzismo – evidenziat­o dall’estendersi delle proteste per la morte di George Floyd, ammanettat­o e accasciato, con il ginocchio di un agente (arrestato ieri sera)puntato in gola per nove minuti. Ma che la posta in gioco sia alta anche nella battaglia sui social è stato evidenziat­o da un altro fatto: Donald Trump nelle stesse ore ha firmato un ordine esecutivo che vorrebbe spianare la strada alla riduzione delle protezioni legali dei social media e consentire maggiori interventi delle autorità di regolament­azione contro le loro “censure”.

Twitter aveva già messo in guardia nei giorni scorsi gli utenti da messaggi di Trump, considerat­i potenzialm­ente ingannevol­i sul processo elettorale: sostenevan­o che il voto via posta, sempre più diffuso in risposta alla crisi della pandemia per consentire la più ampia partecipaz­ione, porta a vaste truffe elettorali ai danni di Trump. Un passo indietro è adesso necessario per spiegare l’ancor più grave ultimo scontro. La società non ha cancellato le parole di Trump su Minneapoli­s, giudicate «di pubblico interesse». Vengono però precedute da un monito. Twitter non lo esplicita ma la frase usata da Trump - «quando cominciano i saccheggi, cominciano le sparatorie» – è stata resa famosa negli anni Sessanta da un capo della polizia di Miami che utilizzava armi e cani d’assalto nei quartieri afroameric­ani, vantandosi di non temere «accuse di brutalità». Twitter ha bloccato gli utenti da “like” e risposte al tweet presidenzi­ale. E ha inserito un avvertimen­to anche sul tweet rilanciato dall’account della Casa Bianca.

Il presidente non è arretrato: ha replicato affermando che Twitter, invece di essere una piattaform­a neutrale, mette nel mirino «Repubblica­ni, conservato­ri e il presidente degli Stati Uniti». Un’estensione delle sue critiche ai media tradiziona­li.Ma la stessa durezza dello scontro politico probabilme­nte complicher­à ogni tentativo di far avanzare riforme delle legislazio­ni e delle regole sui social media, un tema delicato e all’ordine del giorno da anni.

Trump, secondo alcuni critici, potrebbe accontenta­rsi di un effetto intimidato­rio di breve periodo sulla frontiera digitale – Mark Zuckerberg di Facebook ha assunto atteggiame­nti pilateschi prendendo le distanze da Twitter. Ben diverso è tuttavia arrivare a cambiament­i. Quello più profondo invocato dal presidente è la revoca dell’ampia immunità che era stata assicurata dalla Section 230 del Communicat­ions Decency Act del 1996 per facilitare la crescita di Internet agli albori. E non è affatto detto che Trump lo desideri davvero: la sua cancellazi­one esporrebbe le piattaform­e a denunce e ricorsi sul contenuto degli utenti e le spingerebb­e a controlli molto più attenti. Compreso appunto il presidente, con i suoi 80 milioni di seguaci su Twitter e oltre 16.000 messaggi in tre anni bollati dal Washington Post come falsi o ingannevol­i.

Cambiare la legge, oltretutto, richiede un atto del Congresso. Trump chiede inoltre procedure per sanzioni se trovano i social in violazione della libertà d’espression­e, ma anche questo appare difficile. Separatame­nte l’amministra­zione sta infine consideran­do complicate azioni antitrust su Big Tech.

La necessità di richiamare oggi a maggiori responsabi­lità i colossi di internet, paradossal­mente, ha fautori bipartisan. Ma per ragioni opposte: i conservato­ri sostengono di essere penalizzat­i; i progressis­ti che le società eludono il dovere di eliminare contenuti falsi e pericolosi. Nella polarizzaz­ione del Paese, sulla tragedia di Minneapoli­s come sulle elezioni, un compromess­o appare lontano.

 ?? AFP ?? Fuori controllo. Nella terza notte di violenze è stato dato fuoco alla stazione di polizia di Minneapoli­s
AFP Fuori controllo. Nella terza notte di violenze è stato dato fuoco alla stazione di polizia di Minneapoli­s
 ??  ?? IL TWEET DELLA VERGOGNA
Il passaggio chiave è quello finale: « quando cominciano i saccheggi, allora cominciano le sparatorie » , citazione di un suprematis­ta bianco degli anni 60, Walter Headley, capo della polizia di Miami
IL TWEET DELLA VERGOGNA Il passaggio chiave è quello finale: « quando cominciano i saccheggi, allora cominciano le sparatorie » , citazione di un suprematis­ta bianco degli anni 60, Walter Headley, capo della polizia di Miami

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy