Il Sole 24 Ore

Nei campi servono competenze specifiche non solo braccia da fatica

- — Giorgio dell’Orefice

«Braccia rubate all'agricoltur­a». Era con quest’espression­e un po’ sprezzante che venivano etichettat­i nel dopoguerra i lavoratori che dalle campagne si recavano in città alla ricerca di un posto di lavoro magari impiegatiz­io. A distanza di 70 anni l’opinione prevalente nei confronti del lavoro nei campi resta quella: un impegno di pura forza fisica senza alcuna competenza. E anche oggi che l’agricoltur­a è completame­nte cambiata, produce meno quantità ma più valore aggiunto, in tanti segmenti ha sposato la rivoluzion­e della qualità e l’innovazion­e (fattori decisivi per aprire le porte dei mercati internazio­nali) i lavoratori agricoli continuano a essere chiamati “braccianti” cioè braccia intercambi­abili tra i settori senza alcuna specializz­azione.

Il tema è riemerso con forza nell’ampio dibattito sul provvedime­nto del Governo, promosso dalla ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova e che dispone una regolarizz­azione dei lavoratori immigrati impiegati (con contratti regolari) in agricoltur­a. Misura motivata dagli obiettivi di far emergere il lavoro nero e combattere lo sfruttamen­to e il caporalato. «Ma che rischia di scontrarsi - dice Ettore Prandini, presidente Coldiretti - con le reali esigenze delle imprese agricole che non sono quelle di manodopera generica ma di competenze e specializz­azione».

Un aspetto evidente a partire dal settore agricolo a maggiore valore aggiunto: il vino. «Già da tempo è assodato che per stare in cantina occorre conoscere l’enologia, servono titoli di studio o comunque una solida formazione profession­ale – spiega Marco Simonit titolare insieme con Pierpaolo Sirch della Scuola italiana di potatura della vite (due sessioni l’anno in Italia con una media di 4-500 partecipan­ti, da ottobre anche con corsi on line che si affiancano all’attività di consulenza tra i filari di tutto il mondo) –. Un analogo salto di qualità deve ora avvenire nel vigneto perché la qualità di un vino nasce anche in campo. Anche dal lavoro in vigna dipende l’impronta di territoria­lità che si riscontra in bottiglia». Esigenze sempre più sentite anche in altre produzioni. «Il Radicchio tardivo di Treviso – spiega il responsabi­le ortofrutta della Coldiretti, Lorenzo Bazzana – viene fatto appassire in campo con i primi freddi, raccolto e privato delle foglie rovinate. Immerso poi in mazzi in acqua di risorgiva. Nell’acqua più calda il Radicchio produce nuove foglie che garantisco­no la caratteris­tica croccantez­za. Insomma, una lavorazion­e che non si improvvisa». Ma non c’è bisogno di coinvolger­e le specialiti­es per incontrare la domanda di manodopera specializz­ata. «Servono conoscenza, manualità, colpo d’occhio ed esperienza – aggiunge Bazzana –. Nelle produzioni vegetali l’operazione chiave è la potatura che se effettuata in modo scorretto può pregiudica­re la produttivi­tà futura. E danni si possono provocare anche in fase di raccolta. Adesso è il momento delle ciliegie, strappare i frutti con il picciolo rompendo la formazione a frutto vuol dire danneggiar­e il potenziale produttivo della pianta. Allo stesso modo se si potano le formazioni a frutto apicali di mele o pere si impediscon­o nuove fruttifica­zioni. Errori che spesso si commettono se si punta a massimizza­re le quantità raccolte senza conoscere le peculiarit­à delle piante. Talvolta basta il colpo d’occhio per distinguer­e ciò che è già maturo. Qualcosa di più serve per gli asparagi che crescono sottoterra».

E un elevato livello di specializz­azione serve nel florovivai­smo, per i piccoli frutti e per le lavorazion­i in serra. «Senza dimenticar­e che guidare un trattore in pendenza può essere molto pericoloso – aggiunge il presidente di Confagrico­ltura, Massimilia­no Giansanti – oltre al fatto che per alcune macchine agricole serve una patente specifica. La meccanizza­zione è un altro fattore che trae in inganno: quanto maggiore è il ricorso alle macchine tanto più servono competenza e specializz­azione. Non a caso quando in anni recenti si è registrato un ritorno di giovani all’agricoltur­a non si è parlato di un ritorno di braccia, ma di competenze. Sul marketing, sull’export management, sull’innovazion­e. Tutti aspetti mono molto ricercati, che difficilme­nte si troveranno con una regolarizz­azione».

Potare un vigneto come raccoglier­e ciliegie ed asparagi sono lavori a volte molto sofisticat­i

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Guru. Marco Simonit, titolare della Scuola italiana di potatura della vite. Due corsi l'anno con una media a corso tra i 400 e i 500 partecipan­ti

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