La pandemia contagia anche i bot
Il presidente Trump che ha visto smentire un suo post da Twitter, è in buona compagnia: durante i mesi della pandemia di Covid-19, la disinformazione rilanciata dai bot è più che raddoppiata su Twitter. La notizia arriva dalla Carnegie Mellon University di Pittsburg, in Pennsylvania, dove Kathleen Carey ha passato al setaccio oltre 200 milioni di tweet sul tema del coronavirus circolati dall’inizio dell’anno. Quasi la metà, il 45% sono opera di bot, ovvero account automatizzati, appositamente per rilanciare particolari messaggi o reagire a parole chiave secondo le analisi della ricercatrice che dirige il Centro per la democrazia informata e la cybersecurity sociale (Casos) dell’ateneo e pubblicherà a breve un paper sui risultati.
La presenza di bot sul social network dell’uccellino è ben documentata – l’intelligence statunitense attribuisce loro diversi tentativi di influenzare le elezioni amercane del 2016 e veglia su quelle di novembre -, ma solitamente si attesta intorno al 20% del traffico totale osservato nel caso di grandi catastrofi naturali o emergenze. Su Covid 19 gli esperti del Casos hanno osservato un volume più che doppio. I bot sono identificabili in base alla frequenza dei tweet particolarmente intensa, a messaggi spesso identici e con errori di battitura identici ricorrenti in account diversi. Nel campione esaminato da Carey e colleghi le fake news erano mirate a screditare l’informazione ufficiale promuovendo tesi di complotti, l’inesistenza del Covid19, falsi report su letti di ospedali riempiti di manichini e il rilancio delle reti 5G come reale causa della malattia.
Nonostante la mancanza di fondamento, questi messaggi hanno causato danni molto reali come per esempio in Gran Bretagna, dove dozzine di torri per il 5G sono state date alle fiamme nei dintorni di Belfast, Liverpool, Birmingham e Melling. Lo scorso marzo Reuters ha riportato come un documento dell’Unione Eurpea riporti evidenze che i media russi hanno lanciato un’ampia campagna di disinformazione nei paesi occidentali per amplificare l’impatto del coronavirus, ma chi c’è dietro l’esplosione di bot è ancora da chiarire secondo gli esperti del Casos.
Intanto Twitter, che nei giorni scorsi ha cominciato anche a smentire le dichiarazioni del presidente Trump legate al coronavirus, serra le file. L’azienda californiana ha dichiarato di aver rimosso migliaia di account che diffondevano informazioni fuorvianti o potenzialemente dannose sui temi della pandemia e ha fatto sapere che i suoi sistemi di controllo automatizzato hanno condotto verifiche su 1,5 milioni di account mostrando un comportamento manipolatorio o malevolo sul Covid19. Su questi temi Jack Dorsey sta guidando l’azienda che ha fondato insieme a Noah Glass e Biz Stone, verso un cambio di passo epocale per la piattaforma, impegnandosi a selezionare i contenuti.
Twitter, infatti, ha svelato una serie di nuove “etichette” che aiuteranno gli utenti a identificare post fuorvianti, controversi o non verificati sui temi legati al coronavirus avvertendo di possibili effetti dannosi per chi si fidasse di quelle informazioni. Carey avverte che contrastare questo tipo di “tweetbot” è tutt’altro che facile poiché gli account bloccati possono riemergere e i network di disinformazione sono difficili da sradicare, ma fornisce qualche consiglio: fare attenzione a errori di battitura ricorrenti, un ritmo di post estremamente frequente e incessante, immagini di profilo e username sospette. «Anche se un account sembra appartenere alla tua comunità, se non lo conosci personalmente conviene esaminarlo da vicino - sottolinea - e fare sempre riferimento alle fonti ufficiali per il Covid19».