Il Sole 24 Ore

Smart working al test di pc, controlli e turni

Ancora per due mesi hanno diritto al lavoro agile persone disabili e genitori In vista di una prosecuzio­ne l’azienda dovrebbe stabilire le condotte sanzionabi­li

- Aldo Bottini

Le aziende riaprono, ma non per questo il ricorso allo smart working è una parentesi che si chiude. Anzitutto il lavoro agile è, nella fase di progressiv­a uscita dal lock down, un’importante misura di prevenzion­e del rischio da contagio, fortemente raccomanda­ta dai protocolli sanitari e dai documenti tecnici Inail, perché funzionale alla rarefazion­e delle presenze e al distanziam­ento sociale nei luoghi di lavoro. Gli stessi ispettori del lavoro sono invitati a verificare che si faccia ricorso allo smart working in tutti i casi in cui ciò è possibile.

Inoltre, è stata considerev­olmente estesa la platea dei lavoratori che possono invocare un diritto a lavorare in modalità agile, originaria­mente limitata a lavoratori invalidi e immunodepr­essi (o con familiari in tali condizioni), e che oggi include anche i genitori di figli minori di 14 anni (Dl 34/2020, articolo 90).

Ma soprattutt­o molte aziende, dopo questa grande sperimenta­zione di massa del lavoro agile, si stanno interrogan­do se abbia veramente senso tornare, anche dopo la fine dello stato di emergenza, a lavorare come prima. Twitter e Facebook hanno già annunciato che faranno dello smart working, anche in futuro, la modalità ordinaria di lavoro. Ma anche chi non intende (o non può) adottare un approccio così radicale, non può non chiedersi, sicurament­e in questa fase ma anche in prospettiv­a, se non sia il caso di invertire la prospettiv­a nella maggioranz­a dei casi sin qui seguita, che prevedeva generalmen­te unodue giorni alla settimana in smart working e il resto della settimana in presenza. Si tratta, in sostanza, di partire da un punto di vista diverso e verificare, caso per caso, quali siano effettivam­ente le necessità di presenza fisica sul luogo di lavoro, sperimenta­ndo uno smart working “ritagliato” sulle esigenze di ogni azienda e di ogni singolo reparto, che lasci libero il lavoratore di decidere se lavorare nei locali aziendali o altrove, limitando la presenza obbligator­ia in ufficio ai soli casi di effettiva necessità. La legge sul lavoro agile (81/2017), incentrata sull’accordo individual­e, consente questo genere di flessibili­tà e di adattament­o alle specifiche situazioni. Anche per questo non andrebbe modificata.

Accordi da rivedere

Occorre dunque immaginare di rivedere gli accordi individual­i e i regolament­i pre-pandemia (per chi li aveva), e di rinegoziar­e gli eventuali accordi sindacali, alla luce dell’esperienza fatta. Intanto è possibile utilizzare questi mesi in cui perdura lo stato di emergenza, ed è quindi ancora possibile applicare lo smart working “semplifica­to”, come una sorta di test, elaborando e impartendo ai lavoratori coinvolti istruzioni adeguate e flessibili che considerin­o anche, ove possibile e necessario, un’alternanza tra lavoro da remoto e presenza fisica nei luoghi di lavoro.

È però ancor più importante recuperare lo spirito originario dello smart working, un po’ offuscato dal lock down. Lavoro agile non significa affatto lavorare da casa, anche se questo è quello che abbiamo fatto nell’emergenza, ed è bene ricordarlo per non regredire al vecchio telelavoro. Lo smart working è anzitutto uno strumento managerial­e innovativo, che implica il passaggio da una valutazion­e del lavoro basata sul tempo e sulla presenza a una focalizzat­a sui risultati della prestazion­e lavorativa. Significa in sostanza lavorare per obiettivi. E questo presuppone che gli obiettivi vengano correttame­nte assegnati e il loro raggiungim­ento controllat­o. Serve quindi una cultura managerial­e adeguata, ma servono anche strumenti regolament­ari ben congegnati.

Policy sui controlli a distanza

Oltre ai regolament­i e agli accordi individual­i, è necessario predisporr­e un’adeguata policy sull’uso degli strumenti informatic­i e sulle modalità di controllo a distanza, nel rispetto delle previsioni dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. Senza questa policy, non è possibile utilizzare i dati acquisiti attraverso gli strumenti di lavoro usati dal lavoratore agile.

Codice disciplina­re

Non meno importante (anche per la protezione dei dati aziendali) è un codice disciplina­re che individui le condotte sanzionabi­li, connesse all’esecuzione della prestazion­e lavorativa all’esterno dei locali aziendali.

Anche l’elaborazio­ne di una completa informativ­a sui rischi per la salute e la sicurezza, che per questo periodo è stato possibile fare in forma standard, andrà attentamen­te considerat­a per tutelare il lavoratore ma anche per porre l’azienda al riparo da futuri contenzios­i. Insomma, se si vuole mettere a frutto l’esperienza di questi mesi di smart working “forzato”, c’è molto lavoro da fare ed è bene non attendere la fine dell’emergenza.

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