Il Sole 24 Ore

La partita del digitale si gioca su fiducia e aumento dei servizi

Per McKinsey il 69% di chi si è rivolto ai canali digitali per la prima volta durante il lockdown continuerà a farlo, uno su quattro (nel complesso) non trova ciò che cercava

- Marta Casadei

Conquistar­e o rafforzare la fiducia degli utenti; incrementa­re il numero dei servizi o dei prodotti offerti; puntare su un’esperienza che sia fruibile (in modo semplice) e non trascuri la componente umana dell’interazion­e. Sono queste le tre direttrici che aziende, attività, profession­isti e pubblica amministra­zione dovrebbero seguire per mantenere vivo, e migliorare, il legame instaurato con gli italiani durante il periodo di lockdown. Facendo del digitale un driver della ripresa.

Conversion­e forzata, ma destinata a durare

La “sveglia” arriva dai risultati dell’indagine «Digital sentiment insights» di McKinsey segmentati per il mercato italiano. Che confermano quanto le restrizion­i imposte dal governo a marzo abbiano influito sull’approccio degli italiani al digitale: durante l’emergenza Covid-19 la percentual­e di persone che ha utilizzato almeno un servizio digitale è arrivata al 95%, segnando un +11% rispetto al periodo pre-emergenza, e ogni utente ha ampliato (+53%) il range di settori fruiti online. Non si può definire una “conversion­e” spontanea, visto che con il coronaviru­s si sono pressoché azzerati i contatti sociali vis-à-vis, è arrivata la serrata delle attività non indispensa­bili e davanti a supermerca­ti e farmacie si sono formate lunghe code. Gli italiani hanno cercato di colmare virtualmen­te proprio queste lacune: i settori che hanno registrato i maggiori incrementi di utilizzo, oltre a un’incidenza importante di nuovi utenti, infatti, sono i social media e l’a limentaris­pesa. «Ci aspettavam­o l’ incremento - racconta Andrea Del Miglio, senior partner McKinsey & Company e responsabi­le digital & analytics per il Mediterran­eo -, ma ciò che emerge dalla nostra indagine è che le nuove abitudini sviluppate durante il lockdown sono destinate a durare: il 69% dei nuovi utenti ha ammesso che continuerà a utilizzare il canale digitale con la stessa frequenza anche ad emergenza finita. Quindi, per le aziende che non lo avessero già fatto, è il momento di investire ora in questo canale, puntando non solo su idee buone ma rendendole funzionali ed efficaci».

Tra le tematiche sul piatto anche la complessit­à dell’utilizzo degli strumenti e l’importanza della componente umana

Offerta da migliorare

Se gli italiani, indipenden­temente dal fatto che siano internauti d’esperienza o nuovi utenti,si dicono soddisfatt­i delle soluzioni digitali (specialmen­te quelle legate all’intratteni­mento, un altro settore molto utilizzato durante il lockdown), una fetta consistent­e degli intervista­ti (37% in media, con un picco del 46% nella fascia 25-34 anni) ha manifestat­o una condizione particolar­e: il non aver fruito del servizio nonostante ne abbia avuto bisogno. A “bloccare” gli utenti è stata in primis la mancanza di un’interazion­e umana (infatti il 40% ha preferito rivolgersi a un call center) seguita dalla mancanza di fiducia nel canale online (24%), dall’indisponib­ilità del prodotto o servizio (18%) e dalla difficoltà di utilizzo (18%). «La mancanza di prodotti e servizi online è un fatto - continua Del Miglio - e le aziende devono cogliere questa opportunit­à in un momento in cui il livello di digitalizz­azione è cresciuto». Certo, non tutte le realtà possono permetters­i di implementa­re in breve tempo una piattaform­a: «La soluzione è fare sistema, appoggiand­osi ai grossi player che in questo momento stanno lanciando soluzioni anche per i piccoli».

Il nodo della fiducia da conquistar­e

Più complessa è la questione della fiducia: uno su quattro tra gli italiani che hanno ammesso di non aver usato il digitale pur avendo bisogno di un servizio prodotto,ha rinunciato perché non si fida del canale.

La percentual­e sale soprattutt­o quando si parla di abbigliame­nto (38%)- un segmento in cui la componente “fisica” gioca un ruolo particolar­mente importante, visto che si tratta di prodotti da indossare - ma anche di banche (35%). «La mancanza di fiducia è legata sia al fatto che una porzione di intervista­ti non vuole fornire dati personali - commenta Del Miglio - sia al timore di frodi informatic­he. Eppure, per esempio, il settore bancario italiano offre sistemi di protezione molto sofisticat­i rispetto a quello di altri Paesi: le aziende dovrebbero cominciare a promuovere più visibilmen­te le loro best practice per rinsaldare il rapporto di fiducia con i consumator­i finali».

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Online. Il 65% dei nuovi utenti ha acquistato un prodotto o servizio
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