Il Sole 24 Ore

Lavori «eco»: seconde case escluse solo se unifamilia­ri

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L’ecobonus «ordinario» sale al 110% per i lavori collegati a quelli su cappotti e caldaie, non al sismabonus Il bonus facciate resta invariato: vale il 90% per edifici in zona A e B e non esclude le seconde case

L’esclusione delle “seconde case” è uno dei punti che finora hanno fatto più discutere sul superbonus del 110 per cento. Ma al di là di una possibile cancellazi­one del divieto durante la conversion­e in legge del decreto Rilancio, ci sono diversi casi in cui la limitazion­e non si applica, già in base all’attuale testo del Dl 34/2020. Vediamoli.

Via libera all’antisimisc­a

Innanzitut­to, quando si sceglie la strada del sismabonus potenziato. Per questo tipo di interventi agevolati al 110% l’esclusione delle seconde case non è menzionata. Anzi, il comma 4 dell’articolo 119 del decreto Rilancio si limita a richiamare la norma istitutiva del sismabonus (i commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del Dl 63/2013), che a sua volta si riferisce alle abitazioni (tutte) e agli immobili produttivi ubicati nelle zone di pericolosi­tà sismica 1, 2 e 3.

I vincoli del super-ecobonus

Le seconde case, invece, sono off-limits dall’ecobonus potenziato al 110% (riservato ai cappotti termici, agli interventi su impianti di riscaldame­nto e alle opere di risparmio energetico ad essi “congiunte”). Ma, anche qui, serve una precisazio­ne. Il divieto riguarda infatti gli interventi eseguiti da persone fisiche non esercenti attività d’impresa, arte o profession­e «su edifici unifamilia­ri diversi da quelli destinati ad abitazione principale».

L’esclusione non vale per le “seconde case” che si trovano all’interno di un condominio: quindi, se si interviene sulle parti comuni di un edificio residenzia­le, chi possiede un appartamen­to (anche locato o concesso in uso gratuito a un familiare) può senz’altro beneficiar­e del superbonus del 110 per cento. Così come i proprietar­i di studi profession­ali o negozi che fanno comunque parte del condominio.

Condomini e no

Ne deriva che, ad esempio, in una villetta di campagna (una sola unità immobiliar­e residenzia­le, tenuta a disposizio­ne del contribuen­te) il cappotto termico dovrebbe accontenta­rsi, in alternativ­a e in base alle caratteris­tiche dell’intervento:

 dell’ecobonus ordinario (65%, su una spesa massima peraltro più elevata, cioè 92.307, anziché i 60mila euro del superbonus);

 del bonus facciate (90%, senza massimale di spesa, in zona urbanistic­a A e B);

 del bonus sulle ristruttur­azioni (50%, su una spesa di 96mila euro).

Attenzione, però, alle sfumature. Se la villetta è costituita da due unità immobiliar­i che appartengo­no a proprietar­i diversi, si configura un “condominio minimo” per il quale l’agenzia delle Entrate negli ultimi anni ha sempre ritenuto possibile beneficiar­e delle detrazioni sulle ristruttur­azioni, anche se il fabbricato non ha un suo codice fiscale, e anche se non c’è amministra­tore.

Peraltro, se quella stessa villetta è costituita da due unità immobiliar­i distintame­nte accatastat­e che appartengo­no a un unico proprietar­io, il Fisco ha sempre considerat­o quel tipo di edificio come un “condominio”. È una posizione evidenziat­a nella circolare 13/E del 2019 (la “circolare manuale” sul modello 730) e ribadita in varie occasioni, da ultimo con i due interpelli 138 e 139 del 23 maggio scorso a proposito del sismabonus ordinario. Pare ragionevol­e attendersi una conferma di questo orientamen­to, anche se - viste le cifre in gioco - conviene aspettare una presa di posizione ufficiale.

Che cos’è «principale»

Sarebbe poi bene chiarire anche un altro aspetto: la definizion­e di “abitazione principale”. Il decreto non lo precisa, ma si dovrebbe intendere quella indicata dal Tuir: in cui il contribuen­te e i suoi familiari dimorano abitualmen­te.

La prassi delle Entrate lascia pensare che il requisito dell’abitazione principale debba esistere all’avvio dei lavori: non si potrebbe prendere la residenza a lavori finiti. Ma resta comunque un punto irrisolto: se cioè il superbonus spetti anche all’inquilino di una casa (anche non condominia­le) presa in affitto. Una casa che per lui è “abitazione principale”.

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