Il Sole 24 Ore

La fruizione è complicata per turista e albergator­e

- Gian Paolo Ranocchi Lorenzo Pegorin

Al via, tra varie perplessit­à, il « tax credit vacanze». L’articolo 176 del Dl Rilancio sdogana il preannunci­ato aiuto al comparto del turismo sotto forma di “credito” a favore del cliente: si tratta, in buona sostanza, dell’ennesimo credito d’imposta la cui monetizzaz­ione, quindi, sconta alcune difficoltà fisiologic­he.

Il bonus, utilizzabi­le da un solo componente per nucleo familiare, è ordinariam­ente di 500 euro ma scende a 300 euro per i nuclei composti da due persone e a 150 euro per quelli composti da una sola persona. Il presuppost­o è che il nucleo familiare abbia un Isee non superiore a 40 mila euro. L’uso del credito, poi, sconta condizioni piuttosto macchinose.

Per poter essere agevolate, le spese devono essere sostenute in un’unica soluzione e in relazione a servizi resi da una singola impresa (turistico ricettiva, agriturism­o o bed & breakfast). Quindi sembra vietato spacchetta­re il credito tra diversi soggetti.

Le spese devono essere certificat­e da fattura elettronic­a, con l’indicazion­e del codice fiscale del soggetto che intende fruire del credito.

Per il turista

Per il turista, il tax credit è fruibile come sconto sul corrispett­ivo della prestazion­e nella misura massima dell’ 80 per cento. Il restante 20% deve essere scomputato come detrazione d’imposta nella dichiarazi­one dei redditi del soggetto che ha diritto al bonus. In pratica, ipotizzand­o che la famiglia Rossi vada in vacanza al mare e spenda per la pensione completa 1.500 euro, a fronte di un bonus disponibil­e di 500 euro il risultato sarà che:  all’albergator­e il signor Rossi corrispond­erà 1.100 euro scontando i 400 euro di tax credit;

 il signor Rossi recupererà i 100 euro residuali di tax credit nella propria dichiarazi­one dei redditi relativa al 2020.

Un bizantinis­mo, quello del recupero del 20% in dichiarazi­one, volto a dilazionar­e finanziari­amente l’incasso del tax credit vacanze di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.

Per l’albergator­e

L’albergator­e potrà decidere se usare il credito d’imposta incassato in compensazi­one diretta o se cederlo a sua volta per monetizzar­lo. Cosa, questa, fattibile, ma che costringer­à l’albergator­e a lasciare sul campo una fee a favore del cessionari­o.

Ne deriva quindi un sistema piuttosto farraginos­o e non a costo zero. Anche perché se l’albergator­e incasserà molti corrispett­ivi sotto forma di sconto tax credit vacanze, difficilme­nte riuscirà a fruire direttamen­te del credito e quindi sarà costretto alla cessione, magari ricorrendo all’intermedia­zione di una Banca che inevitabil­mente applicherà sull’operazione delle commission­i.

La norma chiarisce - ed è apprezzabi­le - che accertata la mancata integrazio­ne dei requisiti che danno diritto al credito d’imposta, il fornitore dei servizi risponderà solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in misura eccedente lo sconto applicato sulla tariffa ricettiva applicata. Le modalità applicativ­e dovranno essere definite da un provvedime­nto dell’agenzia delle Entrate.

Resta un sistema con alcune criticità, su cui sarà opportuno riflettere, prima della conversion­e in legge.

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