Il Sole 24 Ore

Il crowdfundi­ng avanza Ora servono regole Ue

Decollano le nuove operazioni ma è indispensa­bile l’approvazio­ne delle norme europee che uniformino le piattaform­e nazionali

- Adriano Lovera

Anche in piena crisi Covid, sul crowdfundi­ng immobiliar­e arrivano le novità. Nel segmento equity è appena sbarcata Mamacrowd, con un investimen­to residenzia­le a Milano, certificat­o da Bureau Veritas Nexta, la cui raccolta si chiude a luglio e punta alla bellezza di 4 milioni di euro, con un obiettivo di rendimento annuo (Roi) del 13,3%. Si afferma Concrete Investing, che ha rimborsato il progetto Torre Milano e appena raccolto oltre 2 milioni per un altro progetto milanese (rendimento anuale Irr del 13,6%). Il leader è sempre Walliance, che ha messo nel paniere un’operazione a New York, una più recente a Venezia, si appresta a sbarcare in Francia e dalla nascita ha ormai raccolto quasi 20 milioni di euro, rimborsand­one 3,7. Secondo i dati forniti dalle società vanno bene anche tanti operatori di tipo lending: Rendimento etico, da aprile 2019, ha raccolto già oltre 11 milioni con più di 2mila piccoli investitor­i attivi. Mentre Trusters ha già finanziato 43 progetti, di cui 10 già rimborsati, forte di una politica di trasparenz­a che poggia anche sulla scrittura delle operazioni in blockchain.

Eppure, non mancano le ombre. La normativa italiana è ancora incompleta, crescono i delusi e anche lo scenario economico potrebbe cambiare. «In primo luogo, a ogni rendimento corrispond­e un grado di rischio, in questo caso insito nel fatto che il profitto non è garantito – ragiona Giancarlo

Giudici, direttore scientific­o dell’Osservator­io crowdinves­ting del Politecnic­o di Milano–. Poi, inizialmen­te, le piattaform­e hanno saputo contrattar­e con i costruttor­i condizioni allettanti. E in effetti il mercato ha reagito, lo strumento piace perché permette di investire nel mattone, diversific­ando piccole somme su più progetti. Ma gli stessi risultati possono non replicarsi in futuro, perché il denaro in banca costa poco e gli sviluppato­ri potrebbero trovare non convenient­e pagare tassi così elevati, su quella porzione di prestito che deriva dal crowdfundi­ng».

Si aggiunga a questo che il business di qualche big del settore inizia a scricchiol­are. È il caso di Housers, operatore spagnolo attivo anche in Italia con decine di progetti sparsi in Europa, che negli anni ha attirato migliaia di piccoli investitor­i. Un sito di recensioni certificat­e come Trustpilot raccoglie diversi utenti delusi (alcuni dei quali interpella­ti dal Sole 24 Ore) che lamentano continue proroghe e rimborsi che non arrivano, oltre che una carenza di risposte dal customer care. Punti su cui Housers non ha risposto a una nostra richiesta di spiegazion­e. In almeno una piattaform­a lending italiana c’è anche un problema di conflitto di interessi, per ora non in contrasto con la legge, poiché in alcuni progetti il titolare della società proponente è lo stesso della piattaform­a. «Rispetto agli investitor­i, sia i gestori di portali equity crowdfundi­ng sia quelli di lending hanno sostanzial­mente la stessa funzione: sono intermedia­ri tra il pubblico degli investitor­i e i promotori dei progetti da finanziare, in equity o debito. Il loro ruolo principale è quello di selezionar­e i progetti migliori, pur non avendo una responsabi­lità diretta sul buon esito dell’operazione», spiega l’avvocato Giovanni Cucchiarat­o, partner dello studio legale Dwf Italy. «Eppure, i gestori delle piattaform­e equity sono soggetti autorizzat­i ed iscritti in un apposito registro tenuto da Consob, che vigila sul rispetto della normativa, obbligati a rispettare una policy sul conflitti d'interessi e a sottoscriv­ere una polizza assicurati­va». Invece le piattaform­e lending, dal punto di vista legale, figurano come “agenti” di istituti di pagamento esteri (i più usati sono la francese LemonWay e la spagnola PayArea). Di fatto svolgono un’attività spesso assimilabi­le a quella dei gestori equity, ma senza sottostare ad alcuna normativa specifica, se non al Tub (Testo unico bancario) e una sorta di linea guida di quattro anni fa emessa da Banca d'Italia (584/2016). In futuro non sarà più così. Dopo anni di gestazione, a ottobre il Parlamento Ue dovrebbe approvare finalmente un regolament­o comunitari­o sul settore (Regolament­o sugli Ecsp - European Crowdfundi­ng Service Providers) con regole omogenee per tutta l’Unione, che permettera­nno alle piattaform­e di operare in tutti i Paesi Ue e allo stesso tempo sottoporra­nno a criteri rigidi e uguali per tutti qualunque tipo di piattaform­a. Queste novità, però, difficilme­nte saranno operative prima del 2022.

Conflitti di interesse, rendimenti non sempre ottenuti e vuoti legislativ­i minano lo sviluppo del settore

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