Il Sole 24 Ore

Meno rischi per chi acquisterà i crediti d’imposta

Il cessionari­o non risponde della spettanza del bonus Regole più severe per il 110%

- Giorgio Gavelli

A ciascuno la sua responsabi­lità fiscale. Uno degli aspetti positivi delle nuove disposizio­ni con cui il Dl 34/2020 ha rilanciato la cessione dei crediti d’imposta è aver disciplina­to puntualmen­te la suddivisio­ne della responsabi­lità sulla mancata spettanza del credito o sul suo utilizzo indebito.

In effetti, le prime operazioni effettuate sull'ecobonus o sul sismabonus in questi anni scontavano l’assenza di prescrizio­ni sul punto, a cui aveva dovuto supplire la negoziazio­ne privata. L’aspetto delicato era rappresent­ato dal fatto che chi acquistava il credito lo utilizzava nel modello F24 a compensazi­one delle proprie imposte, per cui – se la detrazione originaria non spettava – era lui, in prima battuta, a risultare, di fronte al Fisco, come colui che aveva “speso” una moneta non avente corso legale. Il rischio – per questo soggetto – era che l’Agenzia recuperass­e il dovuto presso l’acquirente, confinando le responsabi­lità del cedente nell'ambito del rapporto privatisti­co tra quest'ultimo e il cessionari­o, il quale avrebbe dovuto agire in rivalsa (con tutte le difficoltà del caso). Senza dimenticar­e che, essendo il cessionari­o molto spesso anche colui che aveva eseguito i lavori, sarebbe stato facile imputargli, quanto meno, la conoscenza di alcuni “vizi” del bonus.

Il Dl Rilancio fa ordine. All’articolo 122, comma 4 – che detta regole comuni ai vari crediti d'imposta riconosciu­ti per fronteggia­re l’emergenza Covid – il legislator­e, dopo aver chiarito che la cessione del credito non pregiudica i poteri di controllo sulla spettanza del credito d’imposta e di accertamen­to (con irrogazion­e delle sanzioni) nei confronti degli originari beneficiar­i, attribuisc­e a ciascuno le proprie responsabi­lità. Così, i cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, il che significa che eventuali problemati­che riguardant­i i requisiti che qualifican­o il bonus (sostenimen­to delle spese, loro corrispond­enza con quelle previste dal legislator­e eccetera) restano a carico dell'originario beneficiar­io.

Il discorso si complica passando ai bonus edilizi, dove occorre tener presente sia la natura dei soggetti coinvolti come cedenti il credito (principalm­ente contribuen­ti “privati” privi di scritture contabili), sia l’estrema appetibili­tà dell’aliquota riconosciu­ta come vantaggio fiscale (110%), superiore all’importo della spesa. Si è probabilme­nte temuto che, essendo l’importo interament­e a carico dell’Erario, mancasse la dovuta attenzione sugli impoti di spesa ed il necessario “contrasto di interessi” tra le parti in causa. Ecco perché il legislator­e si è premurato di prevedere (oltre alle regole già viste per i crediti “Covid-19”) anche:  l’applicazio­ne della disciplina volta a punire – entro l’ottavo anno successivo all’utilizzo – la compensazi­one di crediti inesistent­i (articolo 27, commi 16-20, Dl 185/2008 richiamati dal comma 4 dell'articolo 121);

 la responsabi­lità in solido (estesa a sanzioni e interessi) a carico del cessionari­o del credito o del fornitore che ha applicato lo “sconto in fattura” in presenza di concorso nella violazione (articolo 121, comma 6);

 l’apposizion­e obbligator­ia del visto di conformità da parte di soggetti qualificat­i sui dati relativi alla documentaz­ione che attesta la sussistenz­a dei presuppost­i che danno diritto alla detrazione d’imposta (articolo 119, comma 11);

 l’attestazio­ne (pesantemen­te sanzionata in caso di infedeltà) rilasciata da tecnici abilitati della congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati (articolo 119, comma 13).

Per cui il gioco si fa duro per chi vuole spendere “allegramen­te” soldi non suoi.

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