Meno rischi per chi acquisterà i crediti d’imposta
Il cessionario non risponde della spettanza del bonus Regole più severe per il 110%
A ciascuno la sua responsabilità fiscale. Uno degli aspetti positivi delle nuove disposizioni con cui il Dl 34/2020 ha rilanciato la cessione dei crediti d’imposta è aver disciplinato puntualmente la suddivisione della responsabilità sulla mancata spettanza del credito o sul suo utilizzo indebito.
In effetti, le prime operazioni effettuate sull'ecobonus o sul sismabonus in questi anni scontavano l’assenza di prescrizioni sul punto, a cui aveva dovuto supplire la negoziazione privata. L’aspetto delicato era rappresentato dal fatto che chi acquistava il credito lo utilizzava nel modello F24 a compensazione delle proprie imposte, per cui – se la detrazione originaria non spettava – era lui, in prima battuta, a risultare, di fronte al Fisco, come colui che aveva “speso” una moneta non avente corso legale. Il rischio – per questo soggetto – era che l’Agenzia recuperasse il dovuto presso l’acquirente, confinando le responsabilità del cedente nell'ambito del rapporto privatistico tra quest'ultimo e il cessionario, il quale avrebbe dovuto agire in rivalsa (con tutte le difficoltà del caso). Senza dimenticare che, essendo il cessionario molto spesso anche colui che aveva eseguito i lavori, sarebbe stato facile imputargli, quanto meno, la conoscenza di alcuni “vizi” del bonus.
Il Dl Rilancio fa ordine. All’articolo 122, comma 4 – che detta regole comuni ai vari crediti d'imposta riconosciuti per fronteggiare l’emergenza Covid – il legislatore, dopo aver chiarito che la cessione del credito non pregiudica i poteri di controllo sulla spettanza del credito d’imposta e di accertamento (con irrogazione delle sanzioni) nei confronti degli originari beneficiari, attribuisce a ciascuno le proprie responsabilità. Così, i cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, il che significa che eventuali problematiche riguardanti i requisiti che qualificano il bonus (sostenimento delle spese, loro corrispondenza con quelle previste dal legislatore eccetera) restano a carico dell'originario beneficiario.
Il discorso si complica passando ai bonus edilizi, dove occorre tener presente sia la natura dei soggetti coinvolti come cedenti il credito (principalmente contribuenti “privati” privi di scritture contabili), sia l’estrema appetibilità dell’aliquota riconosciuta come vantaggio fiscale (110%), superiore all’importo della spesa. Si è probabilmente temuto che, essendo l’importo interamente a carico dell’Erario, mancasse la dovuta attenzione sugli impoti di spesa ed il necessario “contrasto di interessi” tra le parti in causa. Ecco perché il legislatore si è premurato di prevedere (oltre alle regole già viste per i crediti “Covid-19”) anche: l’applicazione della disciplina volta a punire – entro l’ottavo anno successivo all’utilizzo – la compensazione di crediti inesistenti (articolo 27, commi 16-20, Dl 185/2008 richiamati dal comma 4 dell'articolo 121);
la responsabilità in solido (estesa a sanzioni e interessi) a carico del cessionario del credito o del fornitore che ha applicato lo “sconto in fattura” in presenza di concorso nella violazione (articolo 121, comma 6);
l’apposizione obbligatoria del visto di conformità da parte di soggetti qualificati sui dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta (articolo 119, comma 11);
l’attestazione (pesantemente sanzionata in caso di infedeltà) rilasciata da tecnici abilitati della congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati (articolo 119, comma 13).
Per cui il gioco si fa duro per chi vuole spendere “allegramente” soldi non suoi.