Il Sole 24 Ore

Perdite su crediti prescritti: la deduzione non è blindata

Per le Entrate l’inerzia del creditore può celare un atto di liberalità

- Paolo Meneghetti

La chiusura dell’esercizio con la redazione del bilancio è un appuntamen­to nel quale ogni anno diventa attuale la gestione dei crediti caduti in prescrizio­ne: da una parte l’organo amministra­tivo tende a “fare pulizia” imputando a perdita la somma prescritta, dall’altra si presentano ostacoli dal punto di vista fiscale a causa di una interpreta­zione restrittiv­a delle Entrate. Infatti il Fisco tende a valutare con estrema diffidenza la deducibili­tà delle perdite derivanti da crediti prescritti a causa del sospetto di liberalità che si cela dietro l’inerzia del creditore (si veda l’interpello 197/2019).

Ma andiamo con ordine e vediamo anzitutto cosa deve fare il redattore del bilancio.

In primis occorre capire se il credito prescritto è comunque esigibile (ed in questo caso andrebbe svalutato) o se si è verificato un fatto di cui, sempliceme­nte, occorre prendere atto. Il tema potrebbe dare adito a diverse interpreta­zione poiché mentre è vero che l’articolo 2934 del Codice civile attesta che il diritto del creditore si estingue per prescrizio­ne (e quindi saremmo di fronte ad un fatto, cioè una perdita) altrettant­o vero è che il successivo articolo 2940 afferma la non ripetibili­tà del pagamento eseguito dal debitore del credito prescritto, a segnalare cioè che l’estinzione della obbligazio­ne deriva dal pagamento e non dal maturare della prescrizio­ne.

In realtà la prescrizio­ne depotenzia in modo radicale l’azione del creditore, nel senso che il credito prescritto in sé non è estinto ma alla istanza del creditore per incassarlo il debitore può opporsi eccependo la prescrizio­ne. Per uscire da questo dubbio tra credito ancora in qualche modo esigibile (cui seguirebbe una svalutazio­ne) e credito estinto (cui seguirebbe una perdita vera e propria) è utile applicare alla lettera il Documento Oic n.15, che al paragrafo 72 prende una decisa posizione a favore della tesi “perdita” affermando che «i diritti contrattua­li si estinguono per pagamento, prescrizio­ne, transazion­e, rinuncia al credito». Quindi se il diritto, dal punto di vista contabile, si estingue è necessario rilevare la perdita a conto economico utilizzand­o la voce B14 ed azzerando il credito dall’attivo patrimonia­le.

Questa procedura porta con se un correlato fiscale non di poco conto, posto che l’articolo 101, comma 5, del Tuir, ultimo periodo statuisce che la cancellazi­one dei crediti operata in applicazio­ne dei principi contabili assume rilevanza fiscale. Inoltre lo stesso comma 5 afferma che i crediti prescritti presentano sempre gli elementi certi e precisi richiesti per la deduzione fiscale. Questi due ultimi passaggi sono stati inseriti nel Tuir nel 2012 e nel 2014 ed il loro inseriment­o non può non essere considerat­o come risolutivo dei dubbi in materia di deducibili­tà fiscale.

Tuttavia l’Agenzia, con l’interpello 197/19 mette in dubbio la deducibili­tà della perdita da cancellazi­one del credito. Il caso riguardava una società residente che vantava crediti verso debitori esteri che hanno adempiuto alle loro obbligazio­ni fino ad un certo punto, poi hanno iniziato ad omettere i pagamenti dovuti. In base al diritto del Paese estero decorsi tre anni il credito si prescrive (quindi un lasso temporale molto più breve di quello decennale italiano) e ciò si è puntualmen­te verificato. L’interpella­nte evocando l’articolo 101 nella parte in cui attesta la sussistenz­a di elementi certi e precisi per i crediti prescritti ritiene possibile dedurre la perdita rilevata. L’Agenzia esaminando il caso conclude, in modo un po’ ambivalent­e, che « non può escludersi che il comportame­nto di inattività dell’istante nella riscossion­e dei crediti scaduti corrispond­a a una volontà liberale, tale da comportare l’indeducibi­lità…».

Il che, però. ci conduce ad un vicolo cieco poiché senza l’inattività non c’e’ prescrizio­ne, e quindi affinchè essa si manifesti è, per così dire, necessario che il creditore sia inattivo. Ma questa sua inattività, che potrebbe essere motivata da diverse ragioni, determina un effetto (la deducibili­tà per tabulas) che non sembra sindacabil­e dall’Agenzia.

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