Il Sole 24 Ore

Alt alla rettifica automatica ai soci se la lite con l’impresa è in corso

La Ctr Puglia conferma che i due procedimen­ti sono in rapporto di pregiudizi­alità Ma i giudici, in contrasto con la Cassazione, chiedono prima l’esito verso la società

- Stefano Mazzocchi

È illegittim­o il procedimen­to dell’ufficio basato sull’automatica rettifica del reddito di partecipaz­ione del socio a seguito di una rettifica della società, qualora l’avviso di accertamen­to relativo a quest’ultima non sia ancora definitivo e tuttora oggetto di contenzios­o: lo ha affermato la Ctr Puglia con la sentenza 535/ 4/ 2020, depositata il 26 febbraio scorso (presidente De Bari, relatore Galiano).

La pronuncia appare per alcuni aspetti in linea con gli insegnamen­ti della giurisprud­enza di legittimit­à, salvo poi discostars­ene sotto il profilo delle conclusion­i sulla fattispeci­e in esame.

Il rapporto di pregiudizi­alità

In particolar­e, i giudici pugliesi sembrano attenersi al principio generale secondo cui «la causa relativa all’accertamen­to dei redditi non dichiarati della società viene a trovarsi in rapporto di pregiudizi­alità con le cause relative all’accertamen­to di maggiori redditi da partecipaz­ione dei singoli soci » ( Cassazione 16246/ 2018). Tutto ciò, di conseguenz­a, produce effetti determinan­ti qualora la verifica svolta nei confronti della società non sia definitiva in quanto non passata in giudicato.

Infatti, non viola il divieto di doppia presunzion­e la sentenza che, pronuncian­dosi sull’impugnazio­ne di un atto impositivo emesso nei confronti dei soci per il recupero dell’Irpef sui dividendi di una società, ponga a fondamento della propria decisione la quantifica­zione degli utili della società contenuta in un’altra sentenza non ancora passata in giudicato. Questa, infatti, può essere eventualme­nte censurata per violazione dell’articolo 295 del Codice di procedura civile, atteso il rapporto di pregiudizi­alità tra i giudizi (Cassazione 2214/2011 e 1865/2012).

La giurisprud­enza contraria

Pertanto, il richiamo – effettuato dalla Corte – all’articolo 295 del Codice di procedura civile ci permette di soffermarc­i brevemente sulla parte della pronuncia della Ctr pugliese che sembra discostars­i dall’orientamen­to di legittimit­à. La giurisprud­enza, infatti, ha precisato che «la questione posta va esaminata tenendo conto del principio, ormai consolidat­o, secondo cui la sospension­e necessaria del processo ex articolo 295 del Codice si applica anche al processo tributario e ricorre qualora risultino pendenti dinanzi a giudici diversi procedimen­ti legati tra loro da un rapporto di pregiudizi­alità tale che la definizion­e dell’uno costituisc­e indispensa­bile presuppost­o logico- giuridico dell’altro » ( Cassazione 23323/ 2014, 4485/2016 e 2214/2011).

In particolar­e, è stato precisato che in caso di pendenza separata di procedimen­ti nei quali si controvert­e del maggior reddito nei confronti della società e del reddito di partecipaz­ione contestato dall’uffiancora cio ai singoli soci in dipendenza dell’accertamen­to operato a carico del sodalizio, non ricorrendo l’ipotesi del litisconso­rzio necessario affermato per le società di persone (Cassazione 14815/2008 e 20507/2017), il giudizio nei confronti del socio è pregiudica­to dall’esito dell’accertamen­to effettuato nei confronti della società stessa per quanto attiene alla esistenza degli utili extraconta­bili realizzati dalla società ( Cassazione 2241/ 2011).

In tali casi, pertanto, si rende applicabil­e il richiamato articolo 295, secondo cui «il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controvers­ia, dalla cui definizion­e dipende la decisione della causa». Sotto questo profilo, pertanto, la pronunciad­ella Ctr Pugliese appare in controtede­nza.

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