Il Sole 24 Ore

Rimborso parziale dell’euroritenu­ta per la quota italiana

La Ctp Milano riconosce la restituzio­ne nei limiti del doppio prelievo

- Fabrizio Cancellier­e Gabriele Ferlito

Spetta il rimborso parziale dell’euroritenu­ta pagata dal contribuen­te che si avvale della procedura di collaboraz­ione volontaria per il “rientro” di investimen­ti detenuti in Svizzera. La liquidazio­ne in sede di voluntary disclosure, al lordo dell’euroritenu­ta, dà diritto al rimborso di quest’ultima, pur in assenza di compilazio­ne della dichiarazi­one dei redditi, limitatame­nte alla quota effettivam­ente retrocessa dalla Svizzera allo Stato italiano, pari al 75 per cento. A sancirlo è la Ctp Milano 111/19/2020 del 20 gennaio (presidente e relatore Lo Monaco), la quale - va evidenziat­o - è di segno opposto a una pronuncia rilasciata dalla stessa commission­e milanese ( ma diversa sezione) solo pochi mesi fa (si veda Il Sole 24 Ore del 13 febbraio 2020).

Ma andiamo con ordine. Un contribuen­te impugna il silenzio-rifiuto dell’agenzia delle Entrate all’istanza di rimborso dell’euroritenu­ta subita sui redditi di capitale conseguiti all’estero, inizialmen­te non dichiarati, ma successiva­mente regolarizz­ati con la procedura di voluntary. Il collegio di primo grado riconosce il diritto del contribuen­te al rimborso, condividen­do il principio secondo cui, se si vietasse la possibilit­à di compensare l’euroritenu­ta con l’imposta sul reddito di capitali applicata in Italia, anche nei casi di collaboraz­ione volontaria, si genererebb­e una doppia imposizion­e, vietata sia in generale dal nostro ordinament­o (articolo 163, Tuir) che dalla direttiva 2003/48/CE (articolo 11).

La sentenza è particolar­mente interessan­te per almeno tre ragioni.

1.

Confuta la tesi dell’Agenzia - ormai superata da copiosa giurisprud­enza di legittimit­à - secondo cui l’euroritenu­ta avrebbe una funzione “punitiva” dell’evasione fiscale: il prelievo ha piuttosto natura assimilabi­le a un’ordinaria imposta sostitutiv­a sul reddito estero, come tale “rimborsabi­le” nei casi di doppia imposizion­e.

2.

Critica la nota tesi dell’amministra­zione finanziari­a secondo cui il credito per le imposte all’estero spetta solo nei casi di compilazio­ne della dichiarazi­one dei redditi “ordinaria”: secondo i giudici, la procedura di voluntary è una modalità alternativ­a - seppur atipica - di integrativ­a della dichiarazi­one dei redditi e come tale idonea a soddisfare il requisito dichiarati­vo.

3.

Fissa il principio secondo cui il rimborso dell’euroritenu­ta va limitato alla quota effettivam­ente retrocessa dalla Svizzera all’Italia pari, in base all’accordo tra i due Stati, al 75 per cento. Principio che, a ben vedere, rende la pronuncia solo parzialmen­te favorevole, in quanto riconosce il rimborso nei limiti del doppio prelievo italiano e non anche come credito per l’imposta estera.

Ad ogni modo, bisogna sottolinea­re che, sulla questione, gli orientamen­ti interpreta­tivi sono tutt’altro che univoci. Ad esempio, la stessa commission­e ha in passato sfornato sia posizioni favorevoli al rimborso dell’euroritenu­ta (con le tre sentenze “gemelle” 18- 1920/11/2018), che contrarie (sentenza 421/27/2020). L’impression­e è che occorrerà attendere che si pronunzi la Suprema corte, visto che la difformità di vedute continua anche a livello regionale (Ctr Lombardia 4031/02/2018, contraria al rimborso, e 5236/21/2018, favorevole).

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