Il Sole 24 Ore

Il giudizio sull’acquirente si estende al venditore

Stop alla cartella se vengono riconosciu­ti i benefici al compratore in primo grado

- Laura Ambrosi

La sentenza che annulla l’atto impositivo nei confronti dell’acquirente di un immobile si applica anche a favore del venditore, nonostante non sia passata in giudicato in quanto le pronunce tributarie sono immediatam­ente esecutive. È questo l’interessan­te principio espresso dalla Ctp di Reggio Emilia ( presidente e relatore Montanari) nella sentenza 120/ 02/ 2020.

Il venditore di un fondo agricolo impugnava una cartella relativa a maggiore imposta registro per il quale l’acquirente ( coltivator­e diretto), secondo l’ufficio, non poteva godere dei benefici fiscali fruiti. Il ricorso della parte acquirente contro l’originario avviso di liquidazio­ne era accolto dalla Ctp, l’agenzia appellava la sentenza ma il procedimen­to era ancora prendente presso la competente Ctr.

La parte venditrice chiedeva, nel proprio ricorso, di poter beneficiar­e di tale pronuncia con la conseguent­e illegittim­ità della cartella in quanto l’iscrizione a ruolo era avvenuta in pendenza della sentenza di annullamen­to della pretesa erariale.

Secondo l’Agenzia, invece, non era possibile estendere il giudicato, in quanto la sentenza era stata appellata e quindi, non essendosi formato il giudicato, secondo l’orientamen­to della Suprema corte, l’iscrizione a ruolo era legittima.

In effetti, in varie pronunce, la Cassazione ha sostenuto che la sentenza resa tra creditore e condebitor­e solidale è opponibile al creditore da parte di altro condebitor­e laddove ricorra, tra l’altro, il passaggio in giudicato della sentenza.

La Ctp evidenzia di conoscere il principio della Cassazione evocato dall’ufficio ma di non condivider­lo. E ciò in quanto la stessa Suprema corte, anche a Sezioni unite, è giunta a differenti conclusion­i in merito alla rilevanza delle sentenze tributarie non definitive.

Più in particolar­e i giudici reggiani segnalano che le Sezioni unite (sentenza 758/2017), seppur con riferiment­o all’iscrizione a ruolo straordina­rio, hanno ritenuto che in presenza di una sentenza tributaria non passata in giudicato di annullamen­to anche parziale dell’atto, l’ente impositore ha l’obbligo di agire in conformità della statuizion­e giudiziale, adottando i conseguenz­iali provvedime­nti di sgravio. E ancora, sempre le Sezioni unite ( sentenza 2320/ 2020), con riferiment­o a un atto di irrogazion­e sanzioni hanno rilevato che in caso di annullamen­to del provvedime­nto impositivo, con sentenza anche non definitiva, il provvedime­nto di sospension­e nei confronti dell’autore della violazione o dei soggetti obbligati in solido, cessa di avere efficacia nei limiti della somma corrispond­ente alla parte di atto annullata, stante l’efficacia immediata delle decisioni delle commission­i tributarie.

Secondo le Sezioni unite, quindi, l’esecutivit­à immediata delle sentenze di fatto annulla l’atto impositivo, rendendolo quanto meno privo di qualsiasi efficacia.

Nel caso in esame, l’iscrizione a ruolo dell’ufficio è avvenuta quando l’avviso di liquidazio­ne era già stato annullato, mancando così un titolo efficace per chiedere l’emissione della cartella. Diversamen­te, infatti, si vanificher­ebbe l’esecutivit­à immediata delle sentenze tributarie introdotta con la riforma del 2015.

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