Bruxelles apre la battaglia contro il dumping fiscale
Scettico sulla possibilità di un accordo in sede Ocse, Gentiloni disegna la strategia per imporre un’aliquota minima nella Ue. Allo studio la possibilità di neutralizzare il diritto di veto
Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, è determinato a combattere con decisione la battaglia contro il dumping fiscale che mette a rischio il gettito di diversi Paesi e soprattutto aumenta la frammentazione economica nell’Unione europea, aggravando le difficoltà delle finanze pubbliche nel dopo-pandemia.
«La tassazione societaria minima tra Paesi europei credo sia la cosa più importante in termini di gettito potenziale e di correzione delle distorsioni tra Paesi. Per noi è la priorità» ha affermato qualche giorno fa in un seminario organizzato da economisti, europarlamentari e personaggi pubblici italiani e tedeschi per promuovere un appello alle autorità europee di “tolleranza zero” verso il dumping fiscale e il riciclaggio di denaro.
Il percorso della Commissione
Si tratta di una battaglia che la Commissione Ue aveva tentato nel 2018, quando era ancora in carica il gabinetto Juncker, ma solo per la digital tax. «Allora - ha ricordato Gentiloni - non si chiuse la trattativa per l’opposizione di alcuni Stati membri che vollero provare a cercare un accordo a livello globale, in sede Ocse, sul modello statunitense». Nel frattempo, nel confronto Ocse è entrata anche la corporate tax. «In quella occasione - ha ricordato Gentiloni - si concordò che senza una soluzione si sarebbe tornati a discutere la proposta europea. Confermo che siamo pienamente impegnati con un gruppo tecnico che si riunirà nei prossimi mesi in ambito Ocse, ma sappiamo che è difficile. Se non si prospetta alcuna soluzione, l’anno prossimo la Commissione dovrà farsi avanti con la sua proposta» sia sul digitale, come si era impegnata la presidente von der Leyen a inizio mandato, sia sull’aliquota per le società.
Il confronto in sede Ocse
La questione, insieme alla digital tax, in sede Ocse è all’esame dell’Inclusive Framework BASE sull’erosione della base imponibile e sul trasferimento degli utili. Ma l’incontro che doveva tenersi a luglio a Berlino è stato posticipato a ottobre, senza una data precisa. Per la Commissione si tratta comunque di un appuntamento importante perché in quella sede, presenti i delegati di Bruxelles, gli Stati membri dovranno venire allo scoperto in modo ufficiale, cosa che finora è avvenuta solo in incontri informali e a porte chiuse.
Scettico nella possibilità che in sede Ocse si trovi in accordo entro fine anno, Gentiloni vuole andare avanti ma sa che anche restringendo il confronto all’interno dell’Unione, le difficoltà restano in una materia che in Consiglio richiede l’unanimità.
Le divisioni nella Ue
A opporsi, spiegano i tecnici, non sono solo i Paesi, noti, che applicano alle società aliquote molto favorevoli, ma anche alcuni paesi nordici che pur imponendo prelievi elevati, ritengono un’ingerenza inaccettabile un’aliquota societaria minima comune in tutta la Ue. La novità è la Germania che invece è convinta della necessità di fissare un livello minimo uguale per tutti.
Consapevole delle divisioni tra i 27, Gentiloni ha evocato l’estrema ratio dell’articolo 116 del trattato sul funzionamento della Ue che consente di superare il vincolo dell’unanimità.
Superare l’unanimità
Le aliquote effettive sono molto diverse da quelle nominali e dipendono da accordi specifici e non trasparenti
Qualora la Commissione constati che «una disparità esistente nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri falsa le condizioni di concorrenza sul mercato interno e provoca una distorsione che deve essere eliminata», Parlamento e Consiglio europeo possono adottare «con procedura ordinaria» le direttive necessarie a eliminare la distorsione, neutralizzando quindi il diritto di veto degli Stati membri. Gentiloni, nel cui mandato da commissario figura l’obiettivo di una «tassazione equa ed efficace», sa bene che la battaglia è durissima, richiede tempi lunghi e la possibilità di applicare l’articolo 116 è tutta da verificare: «È da studiare e valutare bene, anche perché non è mai stato utilizzato. Ci deve essere un caso molto chiaro e molto evidente di distorsione» ha sottolineato. Ma a Bruxelles si sta già lavorando su alcuni casi concreti, «singole situazioni di modesta portata», con l’obiettivo di testare sia la reazione degli Stati membri che il prevedibile intervento della Corte di giustizia. La strada «è lunga e perigliosa» ma la strategia punta a creare un precedente che faccia giurisprudenza. E anche altre iniziative per rendere più equo il fisco nella Ue. Presto il gruppo del codice di condotta, che al momento analizza e censura solo gli schemi specifici nazionali, potrebbe estendere il suo ambito fino ad analizzare sistemi fiscali nel loro insieme.
Il gruppo del codice di condotta potrebbe estendere la competenza sull’intera fiscalità degi Stati membri