«L’Italia si rilancia solo con impresa e lavoro Priorità formazione»
Il presidente del comitato esperti di Palazzo Chigi ha presentato la relazione agli Stati generali del governo
‘‘ Un presidio a Palazzo Chigi verifichi ex ante ed ex post i soldi spesi e il progresso del piano
‘‘ La produttività migliora se si investe in automazione e formazione e se scompare il sommerso
Vittorio Colao è soddisfatto della relazione che ha tenuto agli Stati generali del governo. «Ho molto apprezzato - dice - l’invito del presidente Conte, non scontato, visto che il rapporto lo avevamo consegnato già una settimana fa. Ci ha ringraziato e ci ha dato ben più dell’ora programmata per esporre il nostro lavoro. I ministri ci hanno ancora una volta dimostrato un grande coinvolgimento dopo aver lavorato con noi anche il 2 di giugno, anche di notte, anche nei week end».
Dottor Cola o, avete esposto al presidente Conte i contenuti del vostro piano? presidenteConte i contenuti del vostro piano?
Sì. È stata una vera presentazione a un esecutivo, in questo caso di governo, ma non diverso da quella che sarebbe stata una presentazione a un esecutivo aziendale. Non abbiamo esposto un piano, il nostro non è un piano, ma una strategia, una visione, con 102 proposte concrete di cui abbiamo condiviso anche i dettagli. Scrivere un piano è compito che ora spetta al governo.
Con lei c’erano i componenti del comitato?
C’erano i componenti del comitato in videoconferenza. Per motivi di distanziamento non ci saremmo stati tutti in una stanza.
Qual è il fil rouge della relazione?
Dobbiamo approfittare di questa occasione per trasformare i costi in investimenti, ammodernare il Paese, migliorarne l’equità.
Colpisce che nel vostro rapporto abbiate solo accennato a temi politicamente decisivi come la riforma della giustizia civile, del fisco, del welfare.
Noi eravamo un comitato di competenze molto ampie ma generaliste. Non abbiamo trattato temi che lei cita perché hanno bisogno di competenze specialistiche. Ci siamo però sentiti di segnalare e raccomandare questi temi, comunque decisivi per la competitività del Paese.
Avete avuti contatti, oltre che con i ministri, con forze politiche, di maggioranza o di opposizione?
Nessuna forza politica né di opposizione né di governo. Abbiamo apprezzato che questa scelta sia stata rispettata dalle forze politiche: noi non abbiamo cercato loro, loro non hanno cercato noi. Invece abbiamo lavorato con le istituzioni, i ministri ma anche con i governatori, con i sindaci, con l’Istat e il Cnel.
Avete presentato più di cento proposte. Ce n'è qualcuna che ritiene più urgente per ripartire?
Le dico quello che abbiamo detto al governo. Come rappresentazione grafica delle sei aree di intervento abbiamo scelto un atomo: è fatto da tante parti ma si tiene insieme perché tutte contano. Quindi non mi sentirei di dire che una parte è più importante dell’altra. Sicuramente l'impresa e il lavoro sono l’urgenza su cui intervenire per rilanciare l’economia. Noi non torneremo al 2019 se l’impresa e il lavoro non saranno sostenute e potenziate con misure concrete. Questo è sicuro. Per farlo però sarà importante avere una pubblica amministrazione più veloce e più digitalizzata, sbloccare gli investimenti fermi, attivare quelli finanziabili con fondi europei, far ripartire il turismo, cominciare a investire sulle competenze che serviranno a generare innovazione in Italia. Dico una cosa che ha colpito molto stamattina: abbiamo contato che escludendo quelle sulla scuola, delle 102 schede proposte ce ne sono sedici che hanno componenti forti di formazione, dai Phd ai cassintegrati. Se devo rispondere alla sua domanda quindi, dico impresa e lavoro, investimenti, digitalizzazione, formazione. La crisi del Covid ci ha insegnato che le persone sono l’aspetto più importante, non solo agli altissimi livelli delle organizzazioni, ma a tutti i livelli.
Nel piano c’è attenzione all’impresa, su molti aspetti, dagli investimenti alle capitalizzazioni al lavoro. Colpisce però che ci sia una proposta meno forte su un tema pure centrale: la produttività. Per esempio non c’è accenno, fra tante defiscalizzazioni che proponete, ad alcuna forma di defiscalizzazione del salario di produttività. Perché?
Noi abbiamo suggerito che la produttività migliori se si investe in automazione, digitalizzazione, formazione e se si fa scomparire la maggior parte del sommerso che è una delle principali zavorre degli investimenti in produttività e crea concorrenza sleale. Il mio suggerimento a tutte le imprese, a prescindere da Covid, è digitalizzare e assumere laureati, anche neolaureati, che possano portare l'innovazione in azienda. Due problemi del Paese sono il basso livello di automazione e il basso livello di laureati. Laurearsi in discipline scientifiche deve diventare un buon affare per i ragazzi. Automazione e formazione fanno crescere la produttività. Se poi il governo vorrà assumere qualche forma di incentivo diretto, potrà farlo, ma bisogna far crescere il peso degli occupati superqualificati.
L’offerta di lavoro qualificato tecnico e tecnico-scientifico è carente, lo sa. Le imprese cercano molte specializzazioni che non trovano nel mercato del lavoro.
Nel capitolo 5, quello sulle competenze, raccomandiamo un ripensamento strutturale del sistema scolastico, in particolare della parte universitaria di eccellenza e della parte universitaria professionalizzante per aumentare la disponibilità di diversi profili. Dobbiamo creare più centri di eccellenza e Phd applicabili al mondo industriale. Ma anche sfruttare meglio gli ITS.
Proponete diversi strumenti per capitalizzare le imprese, come il rafforzamento dell’Ace o strumenti e incentivi per convogliare il risparmio privato verso le Pmi.
Dobbiamo incentivare l'imprenditore sia a investire soldi propri nell'impresa sia a trovare capitali privati che oggi stanno nei conti correnti a tasso zero e invece potrebbero aiutare a rilanciare l'Italia. Abbiamo bisogno di finanziamenti innovativi per le filiere e incentivi alle aggregazioni. Ci sono una serie di interventi che il governo ha già fatto e penso saranno potenziati.
Il governo ha messo soprattutto in campo Cassa depositi e prestiti.
Non credo abbia fatto solo questo. Su Ace, per esempio, li ho trovati convinti che sia la strada giusta per favorire l’innovazione e la crescita di dimensione.
Voi proponete una ricetta di larghissimo sostegno all’economia, con ampie defiscalizzazioni e crediti di imposta. Ma qual è la finestra temporale che lo Stato può permettersi per un sforzo così rilevante anche sul piano della finanza pubblica? Ci sono i fondi Ue, certo. Ma non bisognerebbe selezionare di più?
Ci sono investimenti che sono one off, quelli finanziati o incoraggiati dall'Europa per esempio. Questo extra investimento deve andare in aree che poi portino un ritorno. Se si digitalizza la Pa, si potranno poi ridurre i costi del 30%. Se facciamo uno sforzo accelerato su Industria 4.0 aumentiamo la produttività del settore privato. Se incentiviamo capitali privati per mobilitare asset culturali e turistici, che il mondo ci invidia anche se sono fuori dei circuiti più battuti, avremo allargate le rotte del nostro turismo. Ci sono 70-100 miliardi di investimenti privati da sbloccare subito, risparmi privati che possono essere portati a investire
nell’economia reale, filantropi pronti a finanziare imprese culturali. Proponiamo un approccio articolato al piano che il governo svilupperà sulla base di tanti input. Dobbiamo cogliere questo momento di rilancio per favorire una integrazione di pubblico e privato, di economico e sociale.
Leggendo le indicazioni sul piano del governo trapelate da Palazzo Chigi, c'è una larga sovrapposizione con il vostro. Una differenza è che voi avete proposto la voluntary diesclosure per il contante che non si vede nel piano del governo. Che senso ha questa misura?
La logica è semplice. Da una parte serve una lotta al sommerso che deve permettere di regolarizzare le posizioni, anche se qui non stiamo parlando di un condono. Al governo scegliere le misure adatte. Dall’altra una parte dei proventi della regolarizzazione potrebbe andare a finanziare interventi sociali, per esempio di edilizia popolare o scolastica, per sostenere maggiore equità nel Paese. E più parliamo di una società digitale e connessa, più dobbiamo imparare a vivere senza il contante.
Per sbloccare le opere pubbliche proponete una sorta di presidio eccezionale a Palazzo Chigi. Cos’è?
Non solo per le opere pubbliche. Proponiamo un presidio che verifichi ex ante ed ex post i soldi spesi e il progresso del piano. Anche in azienda se si fa un piano, si crea una funzione per controllarlo. Questo presidio servirebbe anzitutto a sostenere tutti i ministeri nella loro azione di governo che è parte del piano e, in secondo luogo, per comunicare al pubblico in modo semplice e chiaro il progresso del piano. Infine, dovrebbe servire a celebrare i successi che servono a dare fiducia. L’esempio è la ricorstruzione delil ponte di Genova che ha stupito tanti per celerità.
Per voi è immaginabile una prosecuzione del vostro lavoro?
I membri del comitato hanno detto di essere disponibili, ognuno per la propria area di competenza, a ulteriori discussioni, implementazioni. A noi tutti ha fatto piacere essere utili al nostro Paese.