Francia, nell’apertura delle scuole il simbolo della nuova normalità
La scuola francese torna alla normalità. Sotto quasi tutti i punti di vista: lezioni obbligatorie, nessun distanziamento (impossibile, peraltro, negli attuali edifici), solo i licei continueranno a seguire le regole della fase attuale. Si farà però lezione per poco: si riapre il 22 giugno per chiudere, come da calendario scolastico, il 4 luglio: dieci giorni appena, dodici per gli istituti aperti anche il sabato.
Che senso ha? Non è certo una riapertura funzionale, per esempio per permettere ai genitori di tornare al lavoro: è dall’11 maggio che gli studenti più piccoli hanno accesso volontario alla scuola. È piuttosto una misura simbolica, di quelle che piacciono al presidente Emmanuel Macron, che già nel 2011 immaginava una politica che enunciasse « grandi storie » , e non semplicemente delle piccole narrazioni ( o, peggio ancora, comunicazioni). Il suo capolavoro, in questo contesto, fu forse il cavallo donato a Xi Jinping, nel 2018: segno di rispetto per i cinesi, il baio evocava anche il significato del nome Macron in mandarino: il “cavallo sconfigge il dragone”, simbolo del potere imperiale cinese: è sulla spinta francese, del resto, che Pechino è stata dichiarata dalla Ue un “rivale sistemico”.
La scuola parla però alla società francese, non alla comunità internazionale. Macron ha sempre mostrato grande interesse per l’istruzione. A pochi giorni dalla prima fase del deconfinement, e decisamente prima di incontrare, il 26 maggio, i lavoratori del comparto auto a Étaples e annunciare il suo grande programma di rilancio del settore, il presidente aveva visitato il 5 maggio, nella roccaforte macroniana di Poissy a 24 chilometri da Parigi, la scuola elementare Pierre de Ronsard, rimasta aperta – come altre nel Paese – per i figli del personale sanitario e della polizia penitenziaria della città.
In quell’occasione, Macron aveva ripetuto le sue preoccupazioni sulla scuola e i bambini: la natura «traumatizzante» del confinement e il fatto che «le diseguaglianze familiari, nelle abitazioni, sono moltiplicate»: Già nel discorso alla nazione del 13 aprile, aveva spiegato che «troppi bambini, soprattutto nei quartieri popolari e nelle campagne, sono privati della scuola senza avere accesso al digitale e non possono essere aiutati allo stesso modo dai genitori». In alcuni casi le lezioni sono state consegnate per lettera – grazie a un accordo tra il ministero e La poste – ma non è stato sufficiente. Soprattutto i bambini delle famiglie di immigrati o non francofone – come sembra essere avvenuto in Italia – sono rimasti esclusi.
Il punto chiave, però, è che l’epidemia rischia di pesare in maniera spropositata sui più giovani. A Macron non sfugge che l’enorme indebitamento necessario per superare l’epidemia e la crisi sarà “pagato”, e non solo in termini strettamente finanziari, dalle prossime generazioni. «È la gioventù – ha detto domenica – che porta il peso del debito ecologico e di bilancio». Soltanto lo sviluppo del capitale umano attraverso la scuola, oltre a ridurre le diseguaglianze di fatto, potrà allora dare ai giovani un futuro di maggiore prosperità. Domenica Macron ha quindi anche parlato di un «investimento massiccio per l’istruzione, la formazione e l’impiego della nostra gioventù»: «Glielo dobbiamo», ha aggiunto.
È per questo motivo che la scuola, uno strumento civile ed economico di lungo periodo, diventa un’urgenza: il ruolo prioritario che ha e deve avere in un’economia avanzata fa sì che essa deve precedere altri ambiti anche nella sequenza delle politiche. È un segno di attenzione, di rispetto, con una connotazione forte: proprio perché la scuola è importante, la sua riapertura non può essere rinviata, anche se lavora sui tempi lunghi o lunghissimi.
Un gesto di attenzione per i giovani su cui grava il peso del debito «ambientale e di bilancio»