Demanio, progetto da 8 miliardi per riqualificare il patrimonio
Pronta una strategia per sette anni seguendo i programmi comunitari
Fondi europei e semplificazioni. Con l’obiettivo di rilanciare prima di tutto i due settori più colpiti dalla crisi da Coronavirus: l’edilizia e il turismo. I temi che dominano l’agenda del governo sono anche i pilastri della strategia elaborata dall’Agenzia del Demanio, che in queste settimane ha definito il pacchetto di proposte inoltrate al Ministero dell’Economia, articolandole su un doppio livello. Un insieme di norme per il decreto semplificazioni, con l’obiettivo di avviare davvero la Centrale di Progettazione pensata dalla manovra 2019 rafforzandone il modello per accelerare gli investimenti; e un insieme di iniziative, strumenti e progetti che si candidano a raccogliere fino a 8 miliardi dalla prossima programmazione Ue 2021- 2027, da destinare a un piano straordinario di riqualificazione energetica, sismica e ambientale, in un Green New Deal degli uffici pubblici, e alla realizzazione di un “PON Bellezza”, vale a dire un Programma operativo per la valorizzazione economica dei tanti beni culturali, archeologici e ambientali, che si trovano in stato di parziale abbandono e che invece potrebbero tornare a vivere per un turismo diffuso la cui geografia risulta cambiata in modo strutturale dalla pandemia da coronavirus.
Il piano condensa i temi chiave dell’attualità, ma anche l’esperienza di Antonio Agostini, nominato a capo dell’Agenzia a fine gennaio. Con il suo curriculum maturato in ruoli apicali di diverse amministrazioni, fra cui il Ministero dell’Ambiente, la direzione della Ricerca, dell’Agenzia Spaziale Italiana e dell’Ufficio di coordinamento generale del Cipe, Agostini conosce bene le potenzialità della tecnologia, ma anche le difficoltà burocratiche che fermano sulla carta le risorse per gli investimenti. «Per valorizzare il patrimonio pubblico bisogna prima di tutto conoscerlo integralmente ed al grado più tecnico, con capacità di elaborare e padroneggiare i metadati - ragiona Agostini con Il Sole 24 Ore -, e il Conto generale del Patrimonio, fondamentale ai fini contabili, oggi non è certo sufficiente per migliorare le capacità di gestione dei beni demaniali » . L’idea di passare dal censimento burocratico a quello tecnologico è agganciata alla proposta di progetto di Portafoglio e Demanio Digitale, che potrebbe garantire una fotografia costantemente aggiornata degli asset patrimoniali pubblici ( 300 miliardi di valore di libro) anche per monitorare eventuali rischi sismici degli edifici, grazie anche alle possibilità consentite dai quattro satelliti italiani di telerilevamento messi in orbita proprio dall’Asi negli ultimi anni. E i fondi? « C’è la possibilità offerta dal programma Smarter Italy, che presenta dei contenuti davvero interessanti. E ci sono le risorse della Space Economy, con 250 milioni ancora da programmare » . Ma soprattutto c’è la “rivoluzione digitale” che la Presidente della Commissione Ue Von Der Leyen si è impegnata ad avviare con il Recovery Plan.
Un dato è certo: per rendere solida la candidatura italiana ai fondi Ue, straordinari e ordinari, servono progetti. E il Demanio mette sul piatto una strategia che guarda ai prossimi sette anni seguendo la scansione dei programmi comunitari. La valorizzazione energetica e ambientale degli edifici, che incrocia lo Smart Working destinato a rivoluzionare l’utilizzo degli spazi pubblici dopo il cambio di passo dettato dall’emergenza, può valere fino a 4/4,5 4/ 4,5 miliardi. « E può rappresentare un’opportunità enorme per l’industria edilizia che sta soffrendo in modo particolare gli effetti della crisi», sottolinea Agostini,
perché costituisce un piano di lavoro a lungo termine e diffuso in tutta Italia.
L’altro settore in cima alla lista è il turismo. In quella direzione guarda il “Pon Bellezza”, un Programma operativo nazionale per il recupero e la valorizzazione dei beni culturali chiamati a costruire lo scenario di attrazione per aprire nel Paese gli spazi per un turismo rinnovato e distribuito su più asset. Anche in questo caso il valore dello strumento proposto è stimato in 4- 5 miliardi negli anni, che potranno essere utilizzati su tre operazioni integrate che guardano al Demanio dei beni culturali, a quello militare e al patrimonio sterminato di Roma.
Dopo i progetti però devono arrivare le azioni, e qui arrivano gli ostacoli più importanti per gli investimenti italiani. Per provare a rimuoverli l’Agenzia ha presentato una serie di proposte per il decreto Semplificazioni. La più importante punta a far vivere davvero la struttura di progettazione pensata dall’ex ministro dell’Economia Tria, ma poi arenatasi in una battaglia tra ministeri. Per rilanciarla, in linea con le indicazioni del Mef, l’idea è quella di un percorso tutelato di valutazione, autorizzazione ed esecuzione per tagliare tempi e procedure degli investimenti. In quest’ottica la Centrale sarebbe dedicata solo a progetti selezionati, per il loro rilievo o complessità tecnica, e soprattutto questi progetti imboccherebbero una corsia preferenziale grazie a due opzioni di metodo: il progetto elaborato dalla Centrale di Progettazione sarebbe completato da una “certificazione unica integrale”, che supera e ingloba la rete di autorizzazioni e vincoli su cui si incagliano i lavori, permettendo alla Pa “cliente” di disporre di un progetto chiavi in mano e anche di eseguire l’opera con procedure straordinarie commissariali, basate sulle sole normative Ue, penali e antimafia.
E le dismissioni? La crisi sanitaria ha notevolmente indebolito il mercato immobiliare, e sta innescando una parabola nei valori che al momento è difficile da prevedere nel suo sviluppo. Ma per il mattone di Stato troppo spesso la strada della vendita si è dimostrata avara di soddisfazioni anche in tempi normali. Il 2019, che si era candidato come anno eccezionale per il piano straordinario di dismissioni approvato dall’allora governo gialloverde per chiudere i conti al 2% di deficit concordato con Bruxelles, ha in realtà fermato il contatore delle dismissioni a quota 781 milioni, cioè sotto la media degli anni precedenti. E l’ambizione di quel piano si è spostata su quest’anno, in cui le tabelle del Def approvato a fine aprile puntano a 1,78 miliardi di entrate: complicate da raccogliere nella gelata della crisi.