Debiti Pa: 6.482 gli enti «fuorilegge», 3,8 miliardi scaduti da oltre un anno
In media tempi più brevi In ritardo realtà come Interno, Inps e Giustizia
Resta intricato il nodo dei pagamenti Pa. Il ministero dell’Economia ha pubblicato ieri il monitoraggio sui pagamenti 2019 della Pubblica amministrazione. La lista degli enti che non rispettano i tempi dettati dalla legge comprende 6.482 amministrazioni: tra i big più lenti l’Inps (780 milioni su 1,229 miliardi con un ritardo medio di quasi 22 giorni), l’Interno (29 giorni) e la Giustizia (23). La Pa ha liquidato 24,5 milioni di fatture nel 2019 per un importo complessivo da 140,4 miliardi. In media i tempi si accorciano (48 giorni) ma ci sono fatture per almeno 3,8 miliardi ancora ferme nei cassetti degli enti pubblici da oltre 12 mesi.
L’anno scorso le Pa hanno liquidato 24,5 milioni di fatture per un importo di 140,4 miliardi di euro
L’anno scorso le pubbliche amministrazoni italiane hanno liquidato 24,5 milioni di fatture per un importo complessivo da 140,4 miliardi di euro. In media, dalla presentazione della fattura al pagamento hanno impiegato 48 giorni, che si traducono in un ritardo medio di un solo giorno rispetto ai tempi di legge che impongono di chiudere la pratica in 30 giorni oppure in 60 nel caso della sanità.
Ma i fornitori del Comune di Vico Canavese difficilmente saranno rinfrancati dai numeri registrati dal cervellone elettronico del ministero dell’Economia, che ieri ha diffuso i risultati del nuovo monitoraggio sui pagamenti. Perché hanno dovuto aspettare in media 434 giorni. Poco male, si dirà, perché un paesino di 830 anime su in Valchiusella, sopra Ivrea, non è esattamente il cuore del sistema economico. Vero, ma esperienze simili sono toccate a chi ha lavorato per la scuola Garibaldi di Castel Volturno (382 giorni di attesa media), il Comune di Montecalvo Irpino (349 giorni), i Comuni di Capo d’Orlando, Gioia Tauro, Rignano Flaminio, e via elencando. La lista dei ritardatari comprende 6.482 amministrazioni, cioè il 36,4% di quelle che hanno comunicato i dati, e non si tratta di piccoli Comuni di montagna. Fra i pesi massimi più lenti si incontra per esempio l’Inps, che nel 2019 ha pagato solo il 63% dei propri debiti (780 milioni su 1,229 miliardi) con un ritardo medio di quasi 22 giorni, e conta fatture non pagate e vecchie di almeno 12 mesi per 131 milioni, il ministero dell’Interno (29 giorni di ritardo) o quello della Giustizia (23), mentre il Mef in genere impiega quasi 15 giorni in meno rispetto alle scadenze di legge. Anche fra i grandi Comuni il panorama si divide fra chi come Napoli ha onorato solo il 44% delle fatture o Roma che impiega in media 13 giorni più del dovuto, mentre Milano ce la fa in 5 giorni meno di quelli concessi dalle norme.
Spulciando i file excel relativi ai primi tre mesi di quest’anno si incontrano poi fatture per almeno 3,8 miliardi di euro ferme nei cassetti degli enti pubblici da oltre 12 mesi: un dato parziale, perché il monitoraggio ministeriale funziona ad ampio raggio ma sono le singole amministrazioni ad alimentarlo, e una quota di queste sfugge inevitabilmente a qualsiasi censimento. In genere si tratta degli enti più problematici sul piano amministrativo: che spesso sono anche i peggiori pagatori.
Quello dei pagamenti pubblici, insomma, è un fenomeno complesso: fondamentale da capire perché la Pubblica amministrazione, con i suoi 140 miliardi all’anno, è di gran lunga il più grande cliente delle imprese italiane. Ma per un quadro così articolato le medie non dicono tutto.
Quella diffusa ieri dal ministero dell’Economia parla appunto per il 2019 di un tempo medio da 48 giorni, in riduzione rispetto ai 55 giorni dell’anno prima. E dipinge una “pubblica amministrazione tipo” sostanzialmente puntuale nell’onorare i propri debiti commerciali, con un ritardo medio da un giorno che si confronta con i 7 giorni di attesa extra imposti l’anno prima. Ma si tratta, appunto, di una media.
Il miglioramento rispetto al disastro fotografato dai primi censimenti che qualche anno fa hanno evidenziato una pubblica amministrazione integralmente in ritardo è netto. Ancora nel 2015 il tempo medio di attesa alla cassa era di 74 giorni, e il «ritardo ponderato» rispetto a un calendario legale ignorato dai più era di 24 giorni. Ma il miglioramento progressivo calcolato dai monitoraggi ministeriali non è bastato a fermare la condanna all’Italia da parte della Corte Ue, che nella sentenza del 28 gennaio 2020 ha citato una serie di analisi indipendenti (fra cui quella realizzata da questo giornale il 22 luglio 2017) per sottolineare i problemi diffusi tali da giustificare l’infrazione. Perché nella lista sterminata delle oltre 22mila pubbliche amministrazioni italiane fisiologia e patologia convivono, e basta cambiare di poco l’ottica per incontrare risultati diversi.
Giusto mercoledì scorso, per esempio, nella parifica del bilancio dello Stato la Corte dei conti ha proposto un’altra media, concentrata sulla pubblica amministrazione centrale. E lì, ha denunciato il presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo Ermanno Granelli, il quadro è in peggioramento, perché «l’insieme delle fatture è stato pagato in media in 49 giorni (47 giorni nel 2018)», e si è registrata «una riduzione complessiva della capacità di pagamento al 56,8%», due punti sotto i livelli dell’anno prima. E più della scarsità di risorse, ha aggiunto Granelli, pesano «le criticità sia di tipo procedurale che di natura contabile, molte delle quali richiederebbero la reingegnerizzazione di alcuni processi e interventi normativi». Esattamente come chiedono i giudici comunitari per evitare di tradurre la condanna in sanzioni, che si trasformerebbero in un costo aggiuntivo a carico degli stessi contribuenti che aspettano i pagamenti pubblici. Perché
anche al centro la situazione continua a presentare più di un problema, come mostra il fatto che nei primi tre mesi di quest’anno, su 12 ministeri «con portafoglio», 9 continuano a pagare in ritardo fino al record negativo dei 93 giorni medi di troppo impiegati dal ministero dell’Interno.
Nella Pa locale la situazione è ancora più differenziata, e lì si è concentrato l’ultimo sforzo del governo che nel decreto 34 ha avviato una nuova tornata di prestiti sblocca-pagamenti che Regioni, Asl ed enti locali potranno chiedere a Cdp. La finestra si chiude il 7 luglio, e lì si misurerà la capacità di risposta delle amministrazioni.