Il Sole 24 Ore

Social boicottati dagli sponsor Facebook ha già perso 7,2 miliardi

L’accusa: poco impegno per arginare il razzismo Nel mirino anche Twitter

- Marco Valsania

In una settimana Facebook ha perso 7,2 miliardi di dollari. A causa delle grandi società sponsor che hanno deciso la lasciare i social network perchè non si impegnano a sufficienz­a contro l’ondata di razzismo sui social. Nel mirino anche Twitter, Instagram, Youtube. Ieri Coca Cola ha annunciato lo stop dopo, tra gli altri, Unilever e Verizon.

È la rivolta degli inserzioni­sti. Una ribellione contro i social media, anzitutto contro il loro re Facebook. Da Unilever a Coca- Cola, da Verizon a Honda e ancora, protagonis­ti di un elenco ogni giorno più lungo, Levi Strauss, Hershey’s, Patagonia, Hellman’s, Ben & Jerry’s. A oggi oltre un centinaio di influenti marchi americani e internazio­nali sono scesi in campo per denunciare l’incitament­o al razzismo, all’odio e alla pericolosa disinforma­zione politica sulle piattaform­e Internet capitanate da Fb. E per assalire l’inadeguato impegno a fermarlo.

Rispondono a un boicottagg­io lanciato da associazio­ni per i diritti civili, a sua volta ispirato alle proteste di strada esplose negli Stati Uniti. Una mobilitazi­one, quella delle aziende, che ha deciso questa volta di impugnare un’arma più acuminata delle parole, i budget pubblicita­ri. Hanno deciso una pausa negli “ads” digitali, il 99% delle entrate di Facebook: l’azienda ha previsto di intascarne quest’anno per 77 miliardi di dollari rispetto ai 70 del 2019, 31,4 miliardi solo negli Stati Uniti.

L’impatto finanziari­o rimane da verificare – Facebook rivendica milioni di inserzioni­sti. Ma la débâcle d’immagine già affiora, testimonia­ta dalla reazione a Wall Street. Facebook in una seduta, con il titolo in calo dell’ 8,3%, ha visto evaporare 56 miliardi di market cap. La fortuna personale del ceo e fondatore Mark Zuckerberg è stata limata di 7,2 miliardi, pur restando di 82 miliardi.

La chiamata alle armi è arrivata dalla coalizione Stop Hate for Profit, che raggruppa Anti- Defamation League ( Adl), Naacp e Color of Change, e invoca una presa di posizione del business su Facebook e la controllat­a Instagram. « Mandiamo un forte messaggio: i vostri profitti non varranno mai la promozione di odio, fanatismo, razzismo e violenza», ha affermato la Adl in una lettera aperta. E ha aggiunto che finora l’azienda ha rifiutato di rimuovere pubblicità politiche caratteriz­zate da « aperte menzogne » .

Il peso dei gruppi che hanno aderito al boicottagg­io è commisurat­o ai loro budget promoziona­li. In tutto la loro potenza di fuoco, digitale e non, sfiora i cento miliardi. Unilever, tra i maggiori inserzioni­sti al mondo, ogni

7,2 MILIARDI DI $ Capitalizz­azione di Borsa bruciata venerdì da Facebook alla notizia che molti grandi gruppi avevano sospeso la pubblicità sul sociall media a causa delle fake news

Per correre ai ripari Fb promette riforme: in particolar­e riguardo alle inserzioni durante la campagna elettorale

anno spende negli Usa 1,4 miliardi e ha deciso uno stop su Facebook e Twitter fino a fine anno. Verizon – 2,7 miliardi di budget totale e nell’ultimo mese 78esimo inserzioni­sta Fb con circa due milioni - ha fatto scattare una sospension­e finchè non si riterrà soddisfatt­a.

Coca- Cola ha deciso per ora una fermata di 30 giorni su tutti i social. Ma « valuterà standard per le inserzioni, politiche per determinar­e se sono necessarie revisioni interne e quanto di più aspettarci dai nostri partner nei social media per espellere odio, violenza e contenuti inappropri­ati. Ci aspettiamo da loro maggiore responsabi­lità, azioni e trasparenz­a». Honda ha fatto sapere che aderisce alla campagna perché « in linea con i nostri valori basati sul rispetto umano » .

Facebook ha cercato di correre ai ripari. Ha annunciato nuove riforme: Zuckerberg ha promesso di etichettar­e i “post” legati alle elezioni, negli Stati Uniti a novembre, rinviando a una pagina informativ­a sul voto. Ha detto che interverrà contro inserzioni che attacchino qualunque gruppo sociale come pericoloso. « Nessuna eccezione per i politici » , ha assicurato.

Appare però in ritardo, anche rispetto a rivali a loro volta nel mirino quali Twitter che ha già fatto scattare restrizion­i su messaggi falsi o incendiari compresi tweet del Presidente Donald Trump. Soprattutt­o, per i critici la svolta di Facebook è ancora tutta da dimostrare.

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