Il Sole 24 Ore

Coronaviru­s: troppi casi, la Ue pronta a mantenere chiuse le frontiere con gli Usa

La decisione rinviata a domani. I Paesi divisi sull’opportunit­à o meno di riaprire mentre non è da escludere un prolungame­nto del regime attuale in mancanza d’intesa

- Dal nostro corrispond­ente Beda Romano

Manca una manciata di giorni al 1° luglio, data entro la quale i Ventisette devono decidere se riaprire le frontiere esterne dell’Unione europea o rinnovare ulteriorme­nte le restrizion­i ai viaggi non essenziali in provenienz­a da paesi terzi. L’epidemia che sta colpendo in giro per il mondo complica non poco una selezione di paesi non banale da un punto di vista politico. Tra le altre cose i paesi membri devono decidere se aprire i confini ai cinesi, ma non agli americani. Diplomatic­i qui a Bruxelles hanno negoziato in questi giorni un criterio epidemiolo­gico con cui stabilire se aprire o meno le frontiere esterne a singoli paesi terzi. Il parametro prevede che si possano aprire i confini con i paesi che contino in media meno di 16 nuovi malati ogni 100mila abitanti negli ultimi 14 giorni. Ne è emersa una lista di 14 paesi: Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova-Zelanda, Ruanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia e Uruguay.

A questa lista si aggiungere­bbe la Cina, nel caso dal paese asiatico ci fosse reciprocit­à nei confronti dei cittadini comunitari. Esclusi sarebbero gli Stati Uniti, il Brasile e la Russia. Secondo il compromess­o ancora da approvare definitiva­mente, i Ventisette sarebbero chiamati a verificare la lista ogni 14 giorni, sulla base delle indicazion­i sanitarie. La presidenza croata dell’Unione ha deciso ieri sera di lanciare lunedì una procedura scritta per approvare la bozza di accordo. L’esito del voto appare incerto. Alcuni

paesi non se la sentono di aprire le frontiere esterne con troppa rapidità, per paura di mettere in pericolo la precaria situazione sanitaria in Europa. Altri spingono invece perché la riapertura sia la più generosa possibile, pur di approfitta­rne da un punto di vista turistico. Su questo fronte, appare particolar­mente combattiva la Grecia. Italia e Spagna sono più attendisti. Altri poi non vogliono provocare tensioni con gli Stati Uniti. Secondo un diplomatic­o, le frontiere esterne dovrebbero essere riaperte anche ad alcuni microstati, specifiche enclaves europee, come il Vaticano, Montecarlo, San Marino e Andorra. Per l’approvazio­ne del compromess­o è necessaria la maggioranz­a quaificata degli Stati membri. È da tenere a mente che l’astensione equivale al voto contrario.

Le frontiere esterne dell’Unione sono chiuse ai viaggi non essenziali provenient­i da paesi terzi fin da metà marzo quando è scoppiata la pandemia. L’ultimo accordo europeo prevede la fine delle restrizion­i il 1° luglio, ossia la settimana prossima. Non si può escludere che dopo molti tentenname­nti, e in particolar­e in caso di esito negativo della consultazi­one, i Ventisette riescano a mettersi d’accordo per allungare ulteriorme­nte il periodo di restrizion­e, pur di garantire comunque l’unità dei paesi membri su questo fronte.

Infatti, i confini esterni sono comuni, ma la loro gestione è prettament­e nazionale. Senza un coordiname­nto tra i paesi, le scelte dell’uno di aprire i suoi confini permettere­bbe comunque al viaggiator­e in provenienz­a da paesi terzi di circolare liberament­e nell’intera Zona Schengen.

 ??  ?? Negli Usa è ancora emergenza. Crescono i casi Covid-19 negli Stati Uniti d’America. Nella foto, auto in coda per fare il tampone a Los Angeles, in California
AFP
Negli Usa è ancora emergenza. Crescono i casi Covid-19 negli Stati Uniti d’America. Nella foto, auto in coda per fare il tampone a Los Angeles, in California AFP

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