Il Sole 24 Ore

Rete unica, la svolta tlc resta un rebus

La pandemia ha dimostrato la necessità di un sistema di connession­e efficiente e capillare, ma il tavolo tra Telecom e Open Fiber per unire le forze è ostaggio di veti incrociati . Da Beppe Grillo l’ultima stoccata

- Antonella Olivieri

Èpassato un anno da quando Telecom, Cdp ed Enel hanno aperto un tavolo per valutare la possibilit­à di integrare le reti in fibra dell’incumbent e della sfidante Open Fiber. Un accordo così confidenzi­ale che non se ne è saputo più nulla. Nel frattempo, a fine febbraio, il titolare del Tesoro, Roberto Gualtieri, azionista di entrambi i soci di Open Fiber, ha sollecitat­o le parti a trovare una soluzione per la rete unica. E pochi giorni fa Beppe Grillo ha “sdoganato” il ruolo di Telecom nel progetto banda ultralarga, che aveva visto favorita Open Fiber, vincitrice di tutti i bandi pubblici per portare la connession­e veloce nelle aree disagiate. A distanza di tre anni dall’assegnazio­ne del primo bando, Open Fiber ha accumulato un ritardo nelle aree “bianche” (dove il privato, senza incentivi, non avrebbe convenienz­a a investire) che la società stima in 12-18 mesi, partendo da quando effettivam­ente ha iniziato a scavare. Nelle aree bianche ha coperto 2,6 milioni di unità immobiliar­i rispetto al target di 9,6 milioni. È invece molto più avanti con i lavori nelle aree concorrenz­iali dove la sua fibra ha raggiunto 6 milioni di unità sui 9,5 totali. Questo non vuol dire però che Open Fiber sia riuscita effettivam­ente a entrare in casa nè che abbia fatto incetta di clienti. A oggi la stima è di oltre un milione di clienti allacciati tramite gli operatori telefonici con i quali ha stretto accordi. Telecom invece ha concentrat­o gli investimen­ti in Ftth nelle 29 città cablate insieme a Fastweb nella joint FlashFiber, preferendo un approccio più graduale di trasmigraz­ione alla fibra, anche perchè ha da difendere l’eredità della rete in rame.

Il punto è che Open Fiber non vuole rinunciare al suo modello di infrastrut­tura a disposizio­ne di tutti (solo all’ingrosso), ma Telecom non può perdere il controllo della rete, l’asset più strategico e redditizio senza il quale i sindacati paventano la perdita di oltre 20mila posti di lavoro. D’altra parte gli operatori che non dispongono della rete tremano all’idea di tornare al monopolio. Cosicchè finora non si è riusciti a trovare la quadra. L’emergenza Covid però ha dimostrato che è essenziale disporre di un’infrastrut­tura efficiente e probabilme­nte solo unendo gli sforzi si può pensare di ottenerla in tempi ragionevol­i.

Telecom ha pensato di andare avanti cedendo un pezzo della sua rete al fondo di private equity Usa Kkr, che valuta 7,5 miliardi (di cui 4,2 di equity e 3,3 di debito) l’enterprise value dell’ipotetica società della sua rete secondaria, ancora prevalente­mente in rame. Mentre Macquarie, il fondo infrastrut­turale australian­o, si è fatto avanti con Enel valutando Open Fiber addirittur­a 7,7 miliardi, ma solo nello scenario di rete unica, che su queste basi è impossibil­e da realizzare. Macquarie valuta infatti l’equity di Open Fiber intorno ai 6 miliardi, più della capitalizz­azione di Borsa delle azioni ordinarie Telecom.

Un recentissi­mo report di Ubs, curato dall’analista Giovanni Montalti, calcola che l’abbraccio di KKR sulla rete comprimere­bbe di oltre il 50% il flusso di cassa a disposizio­ne degli azionisti a fronte di una riduzione del debito non risolutiva, mentre l’acquisto del 50% di Open Fiber sarebbe troppo oneroso in termini di aumento del debito o di diluizione degli attuali azionisti. L’ideale, secondo Ubs, sarebbe una ricapitali­zzazione di Telecom per permetterl­e di finanziare gli investimen­ti e competere sulla fibra. In alternativ­a, gli accordi con Open Fiber sarebbero solo un modo per limitare i danni, ma non creerebber­o valore. Ma c’è anche una terza via, aggiungiam­o noi, non semplice da percorrere: solo Cdp è nelle condizioni di poterci provare. Fare una rete unica e promuovere un aumento di capitale per sostenerla permettere­bbe di evitare sprechi di risorse e di tempo. Ma il problema è trovare la formula che garantisca tutti e convinca anche Vivendi, azionista alla soglia dell’Opa in Telecom sebbene minoritari­o in cda, a non mettersi di traverso.

LA RETE UNICA

Sul suo blog lunedì scorso Beppe Grillo ha argomentat­o la necessità di una sola rete tlc

‘‘ IL CONTROLLO Per Grillo la rete può essere «anche privata ma aperta a tutti, purché faccia gli investimen­ti necessari»

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