Rete unica, la svolta tlc resta un rebus
La pandemia ha dimostrato la necessità di un sistema di connessione efficiente e capillare, ma il tavolo tra Telecom e Open Fiber per unire le forze è ostaggio di veti incrociati . Da Beppe Grillo l’ultima stoccata
Èpassato un anno da quando Telecom, Cdp ed Enel hanno aperto un tavolo per valutare la possibilità di integrare le reti in fibra dell’incumbent e della sfidante Open Fiber. Un accordo così confidenziale che non se ne è saputo più nulla. Nel frattempo, a fine febbraio, il titolare del Tesoro, Roberto Gualtieri, azionista di entrambi i soci di Open Fiber, ha sollecitato le parti a trovare una soluzione per la rete unica. E pochi giorni fa Beppe Grillo ha “sdoganato” il ruolo di Telecom nel progetto banda ultralarga, che aveva visto favorita Open Fiber, vincitrice di tutti i bandi pubblici per portare la connessione veloce nelle aree disagiate. A distanza di tre anni dall’assegnazione del primo bando, Open Fiber ha accumulato un ritardo nelle aree “bianche” (dove il privato, senza incentivi, non avrebbe convenienza a investire) che la società stima in 12-18 mesi, partendo da quando effettivamente ha iniziato a scavare. Nelle aree bianche ha coperto 2,6 milioni di unità immobiliari rispetto al target di 9,6 milioni. È invece molto più avanti con i lavori nelle aree concorrenziali dove la sua fibra ha raggiunto 6 milioni di unità sui 9,5 totali. Questo non vuol dire però che Open Fiber sia riuscita effettivamente a entrare in casa nè che abbia fatto incetta di clienti. A oggi la stima è di oltre un milione di clienti allacciati tramite gli operatori telefonici con i quali ha stretto accordi. Telecom invece ha concentrato gli investimenti in Ftth nelle 29 città cablate insieme a Fastweb nella joint FlashFiber, preferendo un approccio più graduale di trasmigrazione alla fibra, anche perchè ha da difendere l’eredità della rete in rame.
Il punto è che Open Fiber non vuole rinunciare al suo modello di infrastruttura a disposizione di tutti (solo all’ingrosso), ma Telecom non può perdere il controllo della rete, l’asset più strategico e redditizio senza il quale i sindacati paventano la perdita di oltre 20mila posti di lavoro. D’altra parte gli operatori che non dispongono della rete tremano all’idea di tornare al monopolio. Cosicchè finora non si è riusciti a trovare la quadra. L’emergenza Covid però ha dimostrato che è essenziale disporre di un’infrastruttura efficiente e probabilmente solo unendo gli sforzi si può pensare di ottenerla in tempi ragionevoli.
Telecom ha pensato di andare avanti cedendo un pezzo della sua rete al fondo di private equity Usa Kkr, che valuta 7,5 miliardi (di cui 4,2 di equity e 3,3 di debito) l’enterprise value dell’ipotetica società della sua rete secondaria, ancora prevalentemente in rame. Mentre Macquarie, il fondo infrastrutturale australiano, si è fatto avanti con Enel valutando Open Fiber addirittura 7,7 miliardi, ma solo nello scenario di rete unica, che su queste basi è impossibile da realizzare. Macquarie valuta infatti l’equity di Open Fiber intorno ai 6 miliardi, più della capitalizzazione di Borsa delle azioni ordinarie Telecom.
Un recentissimo report di Ubs, curato dall’analista Giovanni Montalti, calcola che l’abbraccio di KKR sulla rete comprimerebbe di oltre il 50% il flusso di cassa a disposizione degli azionisti a fronte di una riduzione del debito non risolutiva, mentre l’acquisto del 50% di Open Fiber sarebbe troppo oneroso in termini di aumento del debito o di diluizione degli attuali azionisti. L’ideale, secondo Ubs, sarebbe una ricapitalizzazione di Telecom per permetterle di finanziare gli investimenti e competere sulla fibra. In alternativa, gli accordi con Open Fiber sarebbero solo un modo per limitare i danni, ma non creerebbero valore. Ma c’è anche una terza via, aggiungiamo noi, non semplice da percorrere: solo Cdp è nelle condizioni di poterci provare. Fare una rete unica e promuovere un aumento di capitale per sostenerla permetterebbe di evitare sprechi di risorse e di tempo. Ma il problema è trovare la formula che garantisca tutti e convinca anche Vivendi, azionista alla soglia dell’Opa in Telecom sebbene minoritario in cda, a non mettersi di traverso.
LA RETE UNICA
Sul suo blog lunedì scorso Beppe Grillo ha argomentato la necessità di una sola rete tlc
‘‘ IL CONTROLLO Per Grillo la rete può essere «anche privata ma aperta a tutti, purché faccia gli investimenti necessari»