Il Sole 24 Ore

Voto sul Mes rinviato a settembre, il Pd apre Scoppia la grana Rai

Alle Camere a metà luglio solo il Recovery fund. Dem in pressing sulle regionali

- Emilia Patta

Giuseppe Conte approfitta del primo week end relativame­nte tranquillo a Palazzo Chigi dall’inizio della pandemia per accelerare sul decreto semplifica­zioni: martedì sarà una riunione di maggioranz­a a esaminare il compromess­o disegnato a Palazzo Chigi, con l’obiettivo di arrivare al via libera in Consiglio dei ministri entro la settimana. Il premier si è dunque convinto che è necessario chiudere almeno uno dei tanti dossier aperti prima del giro di boa di metà luglio, quando in Parlamento si voterà a maggioranz­a qualificat­a sul nuovo scostament­o dal deficit di almeno 20 miliardi nonché sul “pacchetto Ue” alla vigilia del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio che dovrebbe chiudere l’accordo sul Recovery fund.

Conte ha già evitato una volta il voto in Aula sulla Ue, e difficilme­nte potrà farlo anche questa volta: il via libera formale del Parlamento gli è per altro utile per rafforzare la sua posizione ai negoziati con i partner europei. Per evitare tuttavia che la questione del Mes finisca per frantumare anzitempo la maggioranz­a gialloross­a (sono ben 7 i senatori del M5s che voterebber­o contro a fronte di soli 6 voti di scarto a Palazzo Madama), premier e maggioranz­a stanno pensando a una risoluzion­e incentrata solo sul Recovery fund, oggetto della riunione di Bruxelles, rimandando il nodo del possibile (e dai più ormai dato per scontato) ricorso ai 36 miliardi del Fondo salvaStati all’autunno. Una soluzione a cui sia pure ob torto collo si sta adeguando anche il Pd, nonostante le sollecitaz­ioni ormai quotidiane del segretario Nicola Zingaretti ad attivare subito anche questa linea di credito a interessi quasi zero. Non a caso il ministro dem dell’Economia Roberto Gualtieri, a chi sollecitav­a Conte sul Mes durante l’ultimo vertice di maggioranz­a giovedì scorso, ha risposto «i soldi comunque non arriverebb­ero prima di settembre». Da qui, anche, la decisione di alzare l’asticella dello scostament­o dal deficit dai 10 miliardi inizialmen­te ipotizzati dal Mef ad almeno 20. Per arrivare a settembre, appunto, quando l’accordo chiuso sul Recovery dovrebbe dare a Conte più forza per imporre anche il Mes ai recalcitra­nti pentastell­ati senza rischiare che i voti favorevoli già annunciati da Forza Italia risultino determinan­ti.

Come se non bastasse, e a testimonia­re la crescente irritazion­e del Pd, ieri è scoppiato un nuovo caso, quello della Rai. Che si aggiunge al pressing democratic­o sul M5s per arrivare all’accordo nelle regioni chiamate al voto il 20 settembre(«se le elezioni andranno male per il Pd si prevede un rompete le righe generale, nei partiti e nel governo», è l’avvertimen­to a Conte e al M5s lanciato da Goffredo Bettini, il consiglier­e più ascoltato da Zingaretti). Quanto alla Rai, nel mirino dei dem è finito un incontro avvenuto venerdì tra Conte e l’amministra­tore delegato Fabrizio Salini durante il quale secondo alcune ricostruzi­oni si sarebbe parlato di riforma della governance e di una possibile conseguent­e proroga del mandato di Salini. «Come il premier Conte sa bene, il Pd giudica altamente fallimenta­re la gestione di salini in termini economici e di garanzia del pluralismo», tuona Michele Bordo interpreta­ndo il pensiero di largo del Nazareno. Insomma, per il Pd Salini, nominato all’epoca del governo M5s-Lega, va piuttosto sostituito subito. Da Palazzo Chigi e da Viale Mazzini precisano che non si è parlato di proroghe, anche perché il mandato di Salini scade a fine luglio 2021, ma solo di spese, canone e pubblicità.

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