La Germania assume la leadership europea
Dal 1° luglio la responsabilità per sei mesi sarà nelle mani del governo tedesco: prima sfida, far approvare il Recovery Fund Oggi a Meseberg la cancelliera riceve Macron per mettere a punto la strategia in vista del Consiglio Ue del 17-18 luglio
L’integrazione europea appare agli occhi di Angela Merkel la strada meno pericolosa da intraprendere
Per la tredicesima volta dal 1958, la Germania assumerà in luglio la presidenza di turno dell’Unione Europea. Mai come oggi il momento è tumultuoso. Per decenni, il Paese è stato riluttante ad assumere un ruolo di guida in Europa, preferendo giocare di rimessa e coltivare i suoi interessi. Oggi, lo sconquasso provocato dall’epidemia di questi mesi così come l’incerto panorama internazionale stanno inducendo la diplomazia tedesca a mettere in mostra una nuova leadership.
Poco importa se dal 2010 a presiedere il Consiglio europeo, ossia il consesso che raggruppa i capi di Stato e di governo dell’Unione, sia un presidente permanente, oggi l’ex premier belga Charles Michel. È vero che il presidente di turno dell’Unione è spesso costretto al ruolo di notaio, ma la Germania non può permetterselo, neppure se lo volesse. Il peso del Paese è tale per cui la sua influenza nelle riunioni ministeriali è inevitabile, tanto più che la sua presidenza giunge in un momento particolare.
Leadership strategica
Vincenzo Grassi è segretario generale dell’Istituto universitario europeo, ma nel 2007, in occasione della precedente presidenza tedesca, era a Bruxelles, rappresentante permanente aggiunto dell’Italia: « A parte Angela Merkel, già cancelliera allora, siamo in tutto un altro mondo – nota da Firenze –. La crisi finanziaria non era ancora scoppiata, Brexit non era un pericolo che si profilava all’orizzonte, non c’era naturalmente la pandemia influenzale e neppure Donald Trump alla Casa Bianca, la Cina c’era già ma non così forte come oggi » .
Tredici anni fa, la Germania si adoperò in tre grandi direzioni: mettere in pista il Trattato di Lisbona; stilare la dichiarazione sul 50° anniversario del Trattato di Roma; e preparare l’innovativo ( per i tempi) pacchetto di nuovi e ambiziosi obiettivi ambientali 20- 20- 20. « Allora nessuno metteva in discussione l’Unione » , a differenza di oggi, nota l’ambasciatore Grassi. È la prima volta in fondo che la Germania assume la presidenza dell’Unione con il desiderio di avere « una leadership strategica » .
La costruzione comunitaria è in pericolo come non mai. Brexit ha segnato l’uscita di un paese, il Regno Unito, per la prima volta in oltre 60 anni di storia europea; l’epidemia degli ultimi mesi ha inceppato l’economia come neppure la crisi finanziaria del 2008 aveva fatto; gli Stati Uniti sono ormai un alleato incerto, mentre la Cina è un rivale controverso. Mai come negli ultimi mesi l’establishment politico ed economico tedesco ha toccato con mano quanto l’Unione e il suo mercato unico siano un porto sicuro da preservare e difendere.
In questo senso, il mondo è cambiato, e in parte anche la Germania. Qualche settimana fa Berlino ha annunciato, insieme a Parigi, un piano di rilancio dell’economia europea che prevede una parziale ma non meno clamorosa mutualizzazione dei debiti. Non si tratta di emettere obbligazioni sovrane in comune, ma di consentire a Bruxelles di raccogliere denaro sui mercati finanziari.
Da un decennio, ormai, la Germania frenava ogni ipotesi di condivisione dei rischi. Aveva accettato la nascita del Meccanismo europeo di Stabilità per salvare i paesi più fragili dalla crisi debitoria, ma in un contesto intergovernativo e inquadrato da regole ferree. È stato il “Reluctant Meister”, secondo un volume di Stephen Green ( Londra, Haus Publishing, 2014). Oggi la classe politica accetta volente o nolente la generosa politica monetaria della Banca centrale europea, e soprattutto ha fatto propria la necessità di finanziare a livello comunitario la ripresa europea.
Più assertiva con la Cina
« Si tratta di un notevole ripensamento » , ammette Danuta Hübner, eurodeputata popolare, che nel 2007 era commissaria polacca alla politica regionale. « La Germania è pronta ad essere più combattiva. Lo vedo per esempio con la Cina. Per anni, ha frenato all’idea di affrontare Pechino a viso aperto. Oggi è pronta a parlare chiaro nei confronti della dirigenza cinese » . I tedeschi, a Berlino come a Bruxelles, sono preoccupati dall’influenza cinese nel mercato unico così come dai rischi di disinformazione del regime comunista.
Dietro al nuovo atteggiamento tedesco si nascondono il timore per il futuro della costruzione europea, l’incerta scena mondiale, ma anche l’intuizione che la lotta all’epidemia sia una opportunità per scalfire la popolarità di Alternative für Deutschland. In occasione del 75° anniversario della fine della guerra, il presidente Frank- Walter Steinmeier ha avvertito i suoi connazionali: « Dobbiamo preservare l’Europa. Dobbiamo pensare, sentire e agire da europei. Se non preserveremo l’Europa, anche dopo questa pandemia, allora dimostreremo di non meritare la liberazione che si celebra l’ 8 maggio » .
Attenzione: la tradizionale cautela tedesca rimane; ma tra i tanti rischi del momento la strada dell’integrazione europea appare oggi agli occhi della Germania quella meno pericolosa. A metà giugno, il direttore generale del Meccanismo europeo di Stabilità, Klaus Regling, ha fatto notare che gli investitori vedono nell’Europa un investimento sicuro. L’economista ha parlato di « cambiamento significativo nell’atteggiamento dei mercati » . Mentre gli Stati Uniti di Donald Trump suscitano incertezza e nervosismo, l’Unione appare (nonostante tutto) fonte di buonsenso.
I prossimi mesi di presidenza tedesca saranno segnati dalle trattative sul prossimo bilancio comunitario, ma anche dal rapporto con l’Est Europa. La piega autoritaria presa dalla Polonia o dall’Ungheria rimette in discussione il tessuto stesso dell’Unione. Osserva la signora Hübner: «Tradizionalmente la Germania è sempre stata cauta nell’affrontare i Paesi dell’Est, e in particolare la Polonia, naturalmente per via della Storia in comune. A rischio oggi è la nostra comunità di diritto. Spero che il Parlamento europeo aiuterà la Germania a essere intransigente » . Più in generale, nelle riunioni europee, la sfida per Berlino sarà di facilitare senza dominare, guidare senza imporre, e soprattutto mediare senza approfittare.
In autunno, dovrebbe inaugurarsi una nuova Conferenza sul futuro dell’Europa, l’occasione per capire in quale direzione vuole andare l’Unione. Il processo sarà lungo, e porrà sul tavolo l’annosa questione di una modifica dei Trattati. L’ipotesi non piace, ma potrebbe rivelarsi necessaria per risolvere le contraddizioni in cui versa l’Unione, in mezzo al guado tra confederazione e federazione, e che una recente sentenza della Corte costituzionale tedesca ha messo drammaticamente in luce.
Il destino vuole che la presidenza europea giunga mentre la presenza tedesca al vertice delle istituzioni comunitarie è già nutrita. Sono tedeschi i presidenti della Commissione, del Meccanismo europeo di Stabilità e della Banca europea degli investimenti. Ad alcuni questa ingombrante presenza potrebbe preoccupare. C’è il rischio di assistere a una razzia; ma è anche l’occasione per approfittare di una leadership tedesca animata da una nuova responsabilità comunitaria.